D'Angelo: «Senza un Merola non è Zappatore»

Il cast di Zappatore
Il cast di Zappatore
di Federico Vacalebre
Giovedì 29 Dicembre 2016, 13:25 - Ultimo agg. 13:42
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Di tradizione in tradizione, di teatro popolare in teatro popolare, coerentemente con il disegno del direttore artistico Nino D’Angelo. Se in questi giorni al Trianon furoreggia «La cantata dei pastori» di Peppe Barra, dal 4 gennaio sarà tempo di «Zappatore», anzi dell’«Omaggio al re della sceneggiata Mario Merola», come sottolinea il manifesto della prima produzione del nuovo corso della sala di Forcella.
La regia è di Bruno Garofalo, gli arrangiamenti e la direzione musicale in sala è di Enzo Campagnoli, i costumi di Mariagrazia Nicotra. Nel cast, accanto a Francesco Merola nella «mission impossible» del confronto con il padre, Gianni Fiorellino, la maggiorata Rossella Amato, Antoine, Tiziana De Giacomo e, tra gli altri, la coppia comica formata da Gina Perna e Massimo Salvetti.
Perché un omaggio a Mario Merola?
D’Angelo: «Perché qui siamo tutti figli di Mario: Francesco nel dna, nella voce, nei modi, nell’attaccamento alla sua terra. Io sono un figlio adottivo. Ho avuto l’onore di lavorare con lui, di imparare da lui, di prendere un sacco di schiaffoni da lui, non solo in scena: aveva preso l’abitudine di salurarmi con uno scherzoso, quanto potente, ceffone. Nel decennale della sua scomparsa avrei voluto aprire la stagione nel suo segno, ma abbiamo avuto problemi con i lavori in teatro, ancora non tutto è a posto, compresi i rapporti con i creditori, tra cui, con pazienza, mi ci metto anche io, per la mia precedente avventura al Trianon».
Aveva sempre detto che avrebbe cantato tutte le canzoni di suo padre, ma mai «Zappatore», Francesco. Come mai ha cambiato idea?
Merola: «Perché un giorno mi ha chiamato Nino e mi ha detto di aver sognato mio padre che gli diceva: “È venuto il momento di riprendere il mantello”. Ho capito subito che parlava del costume di scena della sua sceneggiata più celebre, pensavo la volesse in prestito, come aveva fatto una volta Lucio Dalla. “È tuo”, gli ho risposto, ma mi ha spiegato che parlava di uno spettacolo da allestire. Quando ho realizzato che mi voleva nel ruolo che fu di papà mi sono tremate le gambe. Poi mi ha convinto: il mantello originale lo indosserò io».
Che cosa ha detto a Francesco, Nino, per superare le sue ritrosie?
D’Angelo: «Che solo lui poteva osare riprendere “Zappatore”: al figlio di re Mario si perdona qualsiasi cosa, a un altro no».
Che sceneggiata vedremo?
D’Angelo: «Una sceneggiata vera, non fintamente intellettuale. Siamo ripartiti dal copione anni Cinquanta di Enzo Vitale, che aveva una sua compagnia al Duemila. La regia di Garofalo, uno che ha lavorato con Eduardo De Filippo, è l’omaggio sincero di chi ha conosciuto quel mondo, con tanto di scene dipinte come un tempo, senza inutili modernismi. Facciamo la sceneggiata sapendo di essere oltre la sceneggiata, sapendo che Viviani - a cui questa sala è intitolata - la definiva la puttana dell’arte. Ma anche che, fatta in questa maniera, davvero di cuore, emoziona noi e emozionerà il pubblico verace che aspettiamo: abbiamo abbassato i biglietti proprio per questo».
Nessuna aggiunta? L’ultimo allestimento, del ‘95 con Rino Marcelli, provò a virare verso la commedia musicale.
D’Angelo: «No, facciamo la sceneggiata-sceneggiata: povera, basic, naif, di pancia. Ho soltanto voluto che tutto ricordasse Merola, così anche le introduzioni musicali, le canzoni, i numeri comici, attingeranno al suo mondo: ho trasformato, ad esempio, brani del suo repertorio, come “Spusalizio ‘e marenare” e “’A cassa integrazione” in gag canore».
La compagnia si muove tra tradizione e modernità.
D’Angelo: «C’è una veterana come la Perna, che lavorò con il re della sceneggiata; un figlio d’arte come Salvetti; ci sono gli attori che mi seguono da tempo, belle attrici, ma anche giovani bravissimi come Fiorellino, che spero ci permettano di conquistare le nuove generazioni».
«‘O zappatore nun s’’a scorda ‘a mamma». Il 4 gennaio aspetteranno tutti di arrivare a quel momento clou, a quella canzone.
Merola: «Lo aspetto anche io, sapendo che mia madre Rosa sarà in platea e mio fratello Roberto dietro le quinte: controllare l’emozione sarà difficile. Canterò “addenocchiate e vasame sti ‘mmane” pensando di essere io ad inginocchiarmi davanti a mio padre e a baciargli le mani».
D’Angelo: «La nostra più di una compagnia è una famiglia allargata, siamo tutti figli di Mario Merola, lo ripeto. E, in quel momento, il groppo in gola sarà forte per tutti. Sia chiaro: noi riprendiamo “Zappatore” e ci piacerebbe vederlo in scena a lungo in questo teatro, magari anche nelle prossime stagioni. Ma “Zappatore” non c’è più, era Mario Merola, fu lui a resuscitare la sceneggiata, fu lui a trovare nel lavoro ispirato alla canzone di Libero Bovio e Ferdinando Albano il ruolo con cui lo ricorderemo per sempre. Noi siamo la Napoli che ricorda, che non si vergogna di essere popolare, oltre che nobilissima»
 

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