Pino Mauro & friends: show, cd e docufilm

Pino Mauro
Pino Mauro
di Federico Vacalebre
Sabato 28 Gennaio 2017, 15:35
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Giuseppe Mauriello, da Villaricca, classe 39, si nasconde come sempre dietro le lenti colorate, non sarebbe Pino Mauro, altrimenti. Poi, schietto, anzi «carnale», come sempre, chiede: «Vorrei tanto essere valutato per quello che sono, non diventare il re delle sceneggiate solo nei titoli dei giornali che parlano del carcere che ho scontato, da innocente: viste le sentenze. Sono un figlio del popolo, un cantante popolare: ho iniziato con storie d’amore, poi ho virato verso quelle di cronaca, le chiamerei così, non di malavita».
Dopo il bel libro di Riccardo Rosa dedicato alla sua vita, «La sfida», ecco un nuovo tassello nel processo di sdoganamento presso la presunta intellighentia glocal dell’ultimo leone di cantaNapoli. Iniziò, tanti anni fa, Peppe Lanzetta, e anche stavolta è toccato al narratore metronapoletano mettere in moto il meccanismo rigenerante: ha presentato Pino al regista Carlo Luglio e ai produttori Fabio Gargano e Gaetano Di Vaio, che con la loro Figli del Bronx hanno deciso di produrre un docufilm sul cantante, progetto ancora in fase di riprese, da cui è nato un disco «with friends», in uscita a fine febbraio per la Zeus, da cui è nato il concerto grosso del 2 febbraio all’Augusteo: «Napoli canta: è amore», che sin dal titolo spiega la voglia di Mauro di scrollarsi di dosso l’etichetta di cantore della criminalità, più o meno organizzata.
Eccolo, allora, pronto a risalire sul palco su cui, nel 1957, alla Piedigrotta Giba, lanciò uno dei suoi primi successi, «Ammore amaro», che dividerà con Barbara Bonaiuto, voce solista di quell’Orchestra Italiana che ha prestato all’operazione anche Massimo Volpe, arrangiatore di cd e show, e il boss Renzo Arbore, che ascolteremo in un cameo, ma solo nel cd, alle prese con quella «Pucerialo amaro» (1975), che è tra le riletture più originali in programma, non a caso affidata a Mauro Gioia, rimettendo faccia a faccia, il femminicida in carcere e la sua vittima al cimitero.
Già perché «i ragazzi hanno scelto le mie canzoni che preferivano e le hanno rifatte a modo loro, io sono quasi un ospite, canto al massimo un minuto sui tre che dura un pezzo», sorride Mauro. I «ragazzi» sono un mucchio selvaggio di più giovani colleghi incuriositi dalla possibilità di bagnare i panni nel vulcano melodico: la tunisina di partenope M’Barka Ben Taleb, ad esempio, ha trasformato la verace e dolente «Nun t’aggia perdere» in una chanson esistenzialista sospesa tra francese e arabo. Enzo Gragnaniello, invece, ha fatto sue «’O bene mio» e, a sorpresa, «’O motoscafo»: «Io sono cresciuto in anni in cui le canzoni di Pino imperavano e il fatto di cronaca narrato dal brano lo ricordo ancora: tre contrabbandieri dovevano pagare in dollari il loro carico di sigarette, ma il marines che li aspettava in mare li uccise tutti e tre. Mi sarebbe piaciuta scriverla io quella storia, il contrabbando dava da vivere a una Napoli scamazzata e sottoproletaria, tutta la città si fermava per vedere le corse dei motoscafi inseguiti dai finanzieri, oggi... oggi nei vicoli e nelle piazze si vende droga, altro che sigarette», sbotta il cantautore.
Musicisti come Daniele Sepe, Fausto Mesolella, Marco Zurzolo, Piero Gallo e Tony Cercola, hanno aggiunto sapori e colori alle contaminazioni tra passato e presente, tra canzone veteromelodica e rock, pop, blues. Gli Osanna, racconta, Lino Vairetti, si sono impossessati di «’A polizia ringrazia» tra King Crimson e jazz. Ma, sul palco, con Gigi De Luca a fare da trait d’union narrativo e a mettere in scena due quadri di sceneggiata, saranno in tanti: Raiz («L’avvertimento»), Lucariello («’O fuorilegge»), Franco Ricciardi («La sfida»), la Uanema Orchestra, Cristian Vollaro e Nello Viviani.
 

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