Rachele Bastreghi: «Psychodonna è bello»

Rachele Bastreghi: «Psychodonna è bello»
di Federico Vacalebre
Domenica 9 Maggio 2021, 09:27 - Ultimo agg. 10:29
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«La mia diversità è il mio punto di forza», dice alla fine del singolo di lancio, «Penelope», Silvia Calderoni dei Motus, e come la si pensi da queste parti sul ddl Zan è chiaro subito. Rachele Bastreghi, nell'attesa che i suoi Baustelle tornino in pista («lo faremo presto»), mette a terra il suo primo vero album solista, dopo l'esordio di «Marie», ep molto anni Settanta del 2015. Un disco, spiega lei, «nato durante il lockdown, figlio di un isolamento notturno cercato nell'isolamento generale. Un lavoro nato dall'urgenza di mettermi alla prova, di uscire dalla mia confort zone, di accettare anche i miei difetti. A quasi 44 anni lo posso fare».


Con un titolo come «Psychodonna» e per altre ospiti Meg e Chiara Mastroianni, il racconto al femminile è servito, a partire dall'eroina omerica che tesse la sua tela di notte, quando Rachele ha scritto le sue canzoni, sospese tra elettronica e melanconia da camera postmoderna: si passa da «Lei» («Lei conosce amore, lei odia il potere, lei nei sogni muore») ai versi di Anne Sexton messi ad esergo di «Resistenze»: «Sono tutte storie di resistenze, di esistenze resistenti e ordinarie perché stra-ordinarie, stra-ordinarie perché capaci di essere ordinarie, di sopravvivere al quotidiano. Ecco la mia sfida, durata due anni di scrittura, è stata quella di accettare la mia ordinarietà, il mio quotidiano, con i suoi limiti. Una terapia che mi ha portato ad accettare le mie fragilità».
Il tocco di Mario Conte (producer napoletano già al lavoro con Meg, Peppe Barra, Colapesce-Dimartino) tiene insieme gli Air con i Goblin più horror-prog, Sebastien Tellier con Laurie Anderson, e non basta: «C'è Ennio Morricone che balla con Michael Jackson, c'è Bach e anche Franco Battiato, i Kraftwerk. Il clavicembalo con il synth, gli Osanna di Preludio, tema, variazioni e canzona, l'lp del 1972 con la colonna sonora di Milano, calibro 9.

È stato un gioco serio, e mi sono divertita molto, come in un dramma consumato in discoteca», sintetizza la chanteuse senese, che parla di «un viaggio fuori orario, tra poesia e distorsione, albe illuminate e risvegli caotici. Un canto necessariamente libero, fatto di controsensi, di amore e sgomento, di dolcezza e nervi. È un ballo consapevole nel fango».


«Due ragazze a Roma» con Meg raddoppia l'efficacia del racconto, anzi del canto libero e queer: «Due ragazze a Roma si amano senza paura, dal tramonto all'alba vivono a passo di danza, danzano cuore a cuore come in un film d'autore, bevono in un solo sorso quel che resta dell'universo».

Rachele parla da donna, alla donna, di donne. «La psychodonna non è una pazza, ma una che accetta di vivere le sue contraddizioni», spiega, reclamando, ancora una volta, nel flusso di coscienza di «Not for me», il diritto alla diversità: «C'è davvero molto di me in questi pezzi, fino a quando non sono usciti ne ero gelosa, non li ho fatti ascoltare nemmeno ai ragazzi della band, volevo essere libera del tutto, anche di sbagliare, soprattutto di sbagliare».


«Come Harry Stanton» è, forse, il brano più alla Baustelle, con quel rimando al protagonista di «Paris Texas», all'attore feticcio di Peckinpah e Lynch. I fantasmi di Sylvia Plath, di Alda Merini e di Antonia Pozzi completano il racconto virato in un rosa inteso come colore che comprende le sfumature del grigio, del nero, fino ad essere irriconoscibile, ben poco rosa. Electroclash esistenzialista? Meglio evitare le definizioni, anche se la title track potrebbe persino evocare Myss Keta, e pensare alla scelta di «Fatelo con me» come unica cover, lanciata ad una velocità esagerata, proprio come la voglia di diventare il corpo della trasgressione: «Il testo di Ivano Fossati, ma soprattutto la voce sgarbata della Anna Oxa originale mi sembravano complementari al puzzle composto dai miei brani».


Un altro tassello in una emancipazione che non rinuncia al romanticismo, che si chiede se sia necessario il cuore come la rivoluzione, in cui anche Penelope cambia volto: «Aspetta Ulisse senza sapere se tornerà, fedele soprattutto alla sua visione».

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