Riccardo Cocciante premio Charlot: «Ora rinnovo Turandot per una nuova sfida»

Riccardo Cocciante premio Charlot: «Ora rinnovo Turandot per una nuova sfida»
di Andrea Spinelli
Giovedì 28 Luglio 2022, 11:00
4 Minuti di Lettura

Naufragato il concerto previsto ieri negli scavi di Pompei, Riccardo Cocciante recupererà (i biglietti restano validi) l'appuntamento col pubblico campano il 2 settembre alla reggia di Carditello, mentre domani sera sarà all'arena del mare di Salerno, per ricevere il Premio Charlot alla carriera durante una serata dedicata a Papa Francesco e intitolata «La santa allegrezza». Per «Cocciante canta Cocciante», il tour che lo sta portando in giro per l'Italia, il cantautore è rientrato da New York dove ha assistito al debutto «Notre Dame de Paris» al Lincoln Center.

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Cocciante, com'è andata al David H. Koch Theater?
«Con un linguaggio così diverso da quello del musical, non pensavo che Notre Dame sarebbe stato apprezzato fino in fondo.

E invece tutti ne parlano bene».

L'anno prossimo fanno cinquant'anni di carriera.
«Per festeggiarli sto pensando a qualcosa di più eclatante di un tour. Dopo dieci anni di assenza dai palcoscenici, però, sentivo il bisogno di capire se in scena ho ancora la stessa forza fisica e mentale di allora. A 76 anni un dubbio legittimo, credo. Oggi è tutto molto tecnico nella canzone, mentre io mi tengo stretto l'artigianato di questo mestiere».

Celebrerà l'anniversario con un nuovo album e una nuova opera popolare ispirata alla storia di Turandot?
«Con un nuovo album di sicuro, con Turandot dipende dalle riaperture della Cina. È tutto pronto, ma nell'allestimento ci siamo dovuti fermare causa pandemia. C'è anche il progetto di riportare in scena Giulietta e Romeo e, in Francia, di riprendere pure Il Piccolo Principe perché mette in luce una parte un po' diversa di me».

In questo tour gira con una rockband formata da Alfredo Golino alla batteria, Roberto Gallinelli al basso, Ruggero Brunetti ed Elvezio Fortunato alle chitarre, Luciano Zanoni alle tastiere, più i 32 elementi dell'orchestra Saverio Mercadante diretta da Leonardo de Amicis. Ma se dovesse scegliere tre canzoni e un album nel suo repertorio da ascoltare con attenzione?
«Direi, Quando finisce un amore; Dio, ma quanto è ingiusto il mondo da Notre Dame de Paris; Mio rifugio, un pezzo uscito in Francia nella colonna sonora di un film di Patrice Leconte. Come album sceglierei il primo, Mu, un concept in cui, volendo, si può già intravedere quell'attitudine a mettere storie in musica che mi ha portato fino a Notre Dame de Paris. Ricordo che lo presentammo all'Hilton di Roma tra le opere di Aligi Sassu e la presenza di gente del cinema come Franco Zeffirelli. Al 99% le mie canzoni sono allegoriche, non raccontano fatti reali, ma emozioni, sentimenti, impressioni. Ce n'è solo una che si discosta da questa visione ed è quella Vivi la tua vita scritta per la nascita di mio figlio David».

Come ricorda oggi quelle tre canzoni della colonna sonora del film «Roma bene» di Carlo Lizzani che hanno rappresentato il suo debutto nella musica?
«Non sapendo esattamente chi fossi, vagavo ancora alla ricerca di una mia dimensione quando Luis Bacalov mi propose di dare voce a quelle sue composizioni. Non erano esattamente nei canoni della canzone italiana del tempo e mi ci trovai benissimo».

Nel 74 tenne con De Gregori e Venditti un fortunato concerto al Teatro dei Satiri di Roma. Loro si sono ritrovati proprio quest'estate, le piacerebbe un tour a tre?
«Sì. Gli ho pure proposto di fare qualcosa assieme. Abbiamo tre personalità talmente diverse che sarebbe interessante metterle a confronto così come accaduto allora al Teatro dei Satiri».

Al tempo la musica era la Rca, era un discografico dal fiuto fine come Ennio Melis, era Roma. Un mondo che s'è perso?
«Sono cambiati i tempi. Allora passavamo le giornate tutti assieme in sala di registrazione, ci ritrovavamo al Cenacolo, sulla Nomentana, luogo d'incontro creato dallo stesso Melis assieme ad un altro grande discografico quale Lilli Greco, e poi c'erano i Q concert con Rino Gaetano e il New Perigeo. Oggi, invece, ognuno è un'isola e s'è persa la voglia di sperimentare assieme». 

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