Come il fratello che non aveva, anche lui era figlio unico. Nel mucchio selvaggio dei cantautori, «eletta schiera, che si vende alla sera per un po' di milioni» (Guccini dixit), Rino Gaetano era una pecora nera, anzi un cane nero, che lui pecora davvero non è stato mai, con tutto il rispetto per il gregge, soprattutto se immune. Beffardo, sarcastico, sgangheratamente poetico come un Piero Ciampi senza alcool, provocautore come un Carmelo Bene senza superego, colorato come un Salvador Dalì senza i baffi, surreale come un Enzo Jannacci senza Milano, ironico come un Edoardo Bennato senza l'America, divertente come un Renato Carosone senza Napoli, sexy come un Fred Buscaglione senza maggiorate, diverso come un Renato Zero senza maquillage, radicale come un Marco Pannella senza la Bonino, anarchico come Fabrizio De André senza Bakunin, lucido come un intellettuale della Magna Grecia senza De Mita, Rino Gaetano (Crotone, 29 ottobre 1950 Roma, 2 giugno 1981) patì negli anni 70 l'ostracismo della critica militante, attestata sul fronte del cantautorato engagé a ogni costo, lui che aveva più domande che slogan, più disillusioni che illusioni, più brufoli che pugni chiusi.
Eppure - ma succede con i non allineati, i non omologati - a 40 anni dalla sua scomparsa finisce per essere molto più presente di colleghi che all'epoca sembrarono oscurarlo e patiscono oggi un oblio a tratti inesorabile.
È in arrivo l'ennesima antologia - ma che bel titolo, «Istantanee e tabù» (4 lp in edizione limitata, 2 cd, 2 lp in vinile colorato) da cui spuntano gli ultimi materiali inediti: «Io con lei», uno strumentale o poco più, con qualche parola in una sorta di gramelot, di inglese maccheronico, risalente alle session di «E io ci sto» (1980), tra altri «demo», «istantanee», appunti sonici.
La vita del menestrello con il cilindro e l'ukulele, la sua folle fine (chi lo soccorse sulle strade di Roma dopo l'incidente automobilistico di cui fu protagonista non trovò un posto disponibile per ricoverarlo al San Giovanni, al San Camillo, al Cto della Garbatella, al Policlinico Gemelli e al San Filippo Neri, quando finalmente arrivò in ospedale era ormai troppo tardi), le sue canzoni capaci di trovare nuovi estimatori a quarant'anni dalla sua scomparsa, sono, intanto, raccontate in Sotto un cielo sempre più blu, scritto dal napoletano Michelangelo Iossa per Hoepli (pagine 160, euro 17,90).
Insomma, quarant'anni dopo Gianna vive ancora e difende il suo salario, e anche il suo culo certo, ma reclama il diritto a un mondo diverso, ma fatto di sesso, chi vivrà godrà. E Aida rilegge la storia d'Italia come frutto di trame infinite, di dimenticanze infinite, di rimozioni infinite. E qualcuno è ancora convinto che Chinaglia non può passare al Frosinone e «prende il 109 per la rivoluzione». A qualcuno piace davvero Rino, figlio unico e fratello tra i fratelli.
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