Rocco Hunt: «Un doppio giorno buono, ripartiamo dal Palapartenope»

Rocco Hunt: «Un doppio giorno buono, ripartiamo dal Palapartenope»
di Federico Vacalebre
Sabato 7 Maggio 2022, 08:34
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C'è una parola, «finalmente», con cui si aprono puntualmente le interviste con cantanti ed artisti che ritrovano dopo due anni e passa il rapporto con il pubblico. Ma il «finalmente» di Rocco Hunt ha qualcosa di speciale.

Finalmente ci risiamo, Rocchino.
«Sì, finalmente. È capitato a tanti colleghi di annullare i propri show, rimandarli, annullarli e rimandarli ancora un'altra volta, proprio come è successo a me. Ma questo tour era, ed è, per me qualcosa di particolare. Io al Palapartenope ci andavo come spettatore, l'unica volta che sono salito su quel palco con un tutto esaurito davanti era perché ero ospite - quale onore - di zio Pino Daniele. Stavolta il doppio sold out è tutto per me e l'ho aspettato davvero a lungo. Ma, finalmente, ci siamo».

Appuntamento martedì e mercoledì, solo che dopo «Libertà» è arrivato un altro album da portare in tour, «Rivoluzione».
«Proprio così, e la scaletta si è riempita. Alle prime prove avevamo messo in fila 38 canzoni, forse troppe, stiamo cercando di accorciare qualcosa, tra i brani degli ultimi dischi che non sono mai stati portati in concerto e la mia storia personale, da Nu juorno buono in poi. Ci siamo rodati con qualche data di riscaldamento in Germania».

Immagino siano previsti anche un po' di amici ed ospiti, non solo a Napoli.
«Certo, quegli album, e tutta la mia carriera sin qui, sono frutto di un processo di condivisione con tanti artisti. Qualcuno lo vedrete sul palco, a partire dal Palapartenope, ma non anticipiamo ancora niente».

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Clementino è bloccato in casa dal Covid.
«Non me lo dire, speriamo si negativizzi presto, l'importante è che comunque sta bene. Per lui è un momento importante, tra il nuovo album Black Pulcinella e la conduzione di Made in Sud. Nei giorni scorsi ho voluto ricordare che lui è stato il primo a credere in me, proprio come tu sei stato il primo a scrivere di me. Ho pubblicato sui social una foto di 11 anni fa, avevo 16 anni e lui venne a trovarmi nel garage dove lavorava mio padre. Tante cose sono passate da allora. Papà quel garage di cui era un dipendente l'ha rilevato e quel ragazzo paffutello che ero ha perso qualche chilo.

Sono cambiate tante cose, non la nostra amicizia, come si sente anche nel brano del suo disco in cui spunto io, Emirates».

Sempre «capocannonieri», insomma.
«Certo. E per sempre, direi. O, quantomeno, amici per sempre».

Che cosa hai preparato per lo show?
«Musica. Le mie rime, il microfono aperto, Nazo in console, Gianluca Brugnano alla batteria e Alessio Busanca alle tastiere. Non ho esagerato con i musicisti anche per rispettare il senso dell'ultimo disco, meno suonato e più digitale del solito».

Sorprese, riletture, stravolgimenti?
«Qualche rinnovamento c'è: L'ammore overo compie dieci anni, l'abbiamo festeggiato trovandogli un vestito nuovo. Speriamo piaccia al pubblico davanti a cui debutterà».

A proposito di pubblico, vogliamo parlarne?
«Certo. Nino D'Angelo - massimo rispetto - parla spesso del popolo delle sue canzoni. Io lo guarderò in faccia per la prima volta nei miei concerti partenopei. Mi spiego: finora sono stato un rapper che ha conquistato, pezzo dopo pezzo, flow dopo flow, anno dopo anno, la sua platea. Ma le 12-13.000 persone che mi troverò di fronte al Palapartenope cambiano il gioco. Non ci sono più soltanto i ragazzi a seguirmi, la mia fan base si è allargata, vedrete sotto il palco anche adulti, magari anche anziani: vuol dire che li ho convinti che faccio sul serio, che le mie canzoni d'amore e di rabbia hanno saputo parlare anche a loro, non solo alla mia generazione. E, dopo Napoli, guarderò in faccia il mio pubblico anche in giro per l'Italia: non ci sono solo i razzisti, c'è anche un gran bel Paese che ama chi canta in napoletano. Ora, con Geolier, con Nicola Siciliano, con Liberato, con i Nu Genea, il dialetto va di gran moda, un tempo non era così. Persino Pino Daniele ebbe a lamentarsene, ne discutemmo con lui, proprio al Palapartenope, sempre con Clementino».

Beh, a proposito: ti avevano proposto di condurre con lui, e Lorella Boccia, «Made in Sud».
«Non mi sento pronto. Lui è uno showman, ha maturato l'esperienza dei villaggi turistici che gli permette di sentirsi a suo agio in ogni sfida. Io, per le esperienze che ho fatto, anche al cinema, ancora no. E, poi, oggi penso soltanto al fronte del palco. È nu juorno buono, finalmente».
 

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