Rocco Hunt fa la Rivoluzione: «Resto fedele alle mie radici»

Rocco Hunt fa la Rivoluzione: «Resto fedele alle mie radici»
di Federico Vacalebre
Sabato 6 Novembre 2021, 15:00
5 Minuti di Lettura

La «Rivoluzione» di Rocco Hunt è insieme promessa, manifesto e bilancio dei primi dieci anni di carriera: «La rivoluzione che ho fatto è umana ancor prima che musicale, sta nella condizione della mia famiglia prima e dopo, in come vivevamo e come viviamo adesso. E poi c'è la rivoluzione collettiva: la riconquista della libertà, speriamo, dopo il Covid». Aveva 11 anni mister Pagliarulo quando ha mosso i suoi primi passi nell'hip hop senza ancora aver scelto il nome d'arte con cui poi è diventato famoso, grazie alla bomba «Nu juorno buono» esplosa al Sanremo 2014. Oggi di anni ne ha 26, vanta 1 miliardo e 900 milioni di streaming, e nel suo nuovo disco, prodotto da Valerio Nazo, tiene insieme i due volti del suo fare musica.

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Dopo l'intro di Lele Adani la title track ti riporta a casa: al rap, al dialetto. «Vulesse credere ancora chelle frase d'ammore scritte nfaccia o mur sotta casa soje, credere ancor ch'esiste chi parla e fa a rivoluzione».
«Sì, questo è un disco che ricomincia da dove sono partito.

Hip hop, verace, ma non solo. È un lavoro di consapevolezza. Anche per questo mi è piaciuto iniziare con la poesia dell'ex calciatore: l'ho portato a Scampia, ha parlato e giocato con i ragazzi».

Rocchino è cresciuto.
«Non troppo, ma un bel po' sì. È padre, ha avuto cose che non aveva mai sognato, ma è qui per dire che non è cambiato, che resta quello di sempre, le radici nel suo quartiere di Salerno, i sogni nella mitologia hip hop, le cicatrici mai rinnegate, proprio come quelle che ha disegnato Jorit nel mio ritratto sulla copertina del disco. Jorit nella sua human tribe disegna il riscatto degli ultimi, delle periferie».

Il lato più verace dell'album ricorda la tua tendenza neomelodica, soprattutto in «L'urdemo vase».
«È un brano a cui tengo molto, poco rap, non tanto per la melodia, ma per il tono della dedica. Parlo di una donna che forse non merito, a cui chiedo scusa per non essere stato all'altezza. Altro che machismo, tu chiamala, se vuoi, sincerità, riconoscenza».

Restando sul fronte del richiamo degli affetti c'è «Fiocco azzurro», per tuo figlio Giovanni.
«Questa invece è una cosa rap, l'orgoglio di vederlo crescere, mettere le mie stesse scarpe, farsi fare la mia stessa sfumatura dal barbiere. Anche qui chiedo scusa perché magari non so fare il papà, so' criatura pure io, ma c'è soprattutto la gioia di vederlo andare incontro alla vita, con i sogni dentro la cartella».

Poi c'è il Rocco Hunt pop: «Quel pezzo in radio? si L'ho scritto io! Ma non c'è scritto sulla mia bio», canti.
«All'inizio non si sapeva della mia carriera di autore per altri, non si credeva che io fossi tra le firme di cose come Roma-Bangkok!».

Poi i tormentoni li hai scritti anche per te.
«Mi piace il pop, mi piace piacere anche ai bambini e agli anziani. Così nel disco ci sono i BoomDaBash e le due hit divise con Ana Mena. C'è un pezzo solare come Caffellatte, diviso con Carl Brave, nato sulla chitarra durante una colazione su un terrazzo a Cetara in un giorno di sole».

A proposito, ma oggi è nu juorno cchiù buono?
«In qualche modo sì, la mia vita, la vita di chi mi ama e di chi amo è migliorata, e non solo perché i soldi e il successo comprano la comodità, la dolce vita. Ma perché io sono soddisfatto di chi sono e che cosa faccio, la mia famiglia cresce sana intorno a me, i miei genitori sono felici per me».

«Non ho tradito mai un fratello, ho fatto solo i soldi per fuggire lontano dai guai, sto completando il mio livello, pensavi che finissi in carcere, ti avrei fatta piangere».
«Vada come vada, dalla fame alla fama: eccola la mia rivoluzione».

Gue Pequeno, Fabri Fibra, Luche' e i giovanotti Geolier, Yung Snapp, MV Killa, Lele Blade, Emis Killa completano la lista dei «featuring».
«I primi tre confermano la stima di cui godo nell'ambiente hip hop. Gli altri... Io agli esordi avrei avuto bisogno di qualcuno che scommettesse su di me, così scommetto sui ragazzi come Geolier».

Torni a Sanremo?
«No, magari tra qualche anno. Ora penso solo a tornare sul palco, dovremmo partire in marzo, sono due anni che rimando il mio appuntamento con il mio primo sold out al Palapartenope. Intanto si è aggiunta una seconda data, magari esauriremo anche quella ma... lasciatemi cantare, per dirla alla Toto Cutugno, ci vediamo a Napoli l'11 e 12 marzo 2022, Covid permettendo, anche perché altrimenti... ci scappa davvero la rivoluzione, e il problema non è certo la musica».

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