Rolling Stones, «Hackney diamonds» è il nuovo album. E non sarà l'ultimo

I due magnifici ottantenni Jagger e Richards tornano in forma paradossale

Rolling Stones
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Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Venerdì 20 Ottobre 2023, 07:00
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Se volevamo un segnale, vabbè una conferma, che «Hackney diamonds», in uscita oggi, sia destinato davvero ad essere l'ultimo album dei Rolling Stones, beh quel segnale c'è, visto che alla fine del disco c'è proprio quella «Rollin' stone» di Muddy Waters - che a sua volta si era ispirato ad un blues del Delta degli anni Venti, «Catfish blues» - a cui le Pietre Rotolanti devono il loro nome.

Ma il rockbusiness è come il maiale, non si butta via niente, soprattutto quando, come in questo caso, c'è ancora «carne buona» da spolpare. Già perché il ventiquattresimo album in studio (il ventiseiesimo per la discografia americana) della band è una sorprendente dichiarazione di salute: chitarre affilate, rock and roll da ribelli senza causa né pausa, funkettoni, l'immancabile ballata country, Stevie Wonder ed Elton John che pestano sul pianoforte quasi al posto del dimenticato Ian Stewart, Lady Gaga che imita Merry Clayton, Paul McCartney che aggiunge il suo basso, persino due pezzi in cui c'è ancora la batteria di Charlie Watts (che se n'è andato il 24 gennaio del 2021), e nel migliore dei due, «Live by the sword», al basso c'è Bill Wyman, come se fossimo entrati in una macchina del tempo, caduti in un buco spazio-temporale, ritrovando amori e capelli perduti al ritmo del vecchio e sano rock and roll. 

Se volevamo un segnale, vabbè una conferma, che «Hackney diamonds» sia destinato davvero ad essere l'ultimo album dei Rolling Stones bisogna forse farsi esegeti di quello che canta, vabbè biascica, Keith Richards in «Tell me straight»: «How do we finish, how do we start?». Come finiamo, come iniziamo? Com'è iniziata lo sappiamo, purtroppo anche come finirà, ma i due magnifici ottantenni Jagger e Richards (ancora settantanovenne, per la verità, sino al 18 dicembre) sembrano in forma paradossale: Mick canta con voce affilata, non certo da vecchietto e da pensionato. Keith strappa dalla sua chitarra riff e assoli blues che sono una meraviglia, piegando come può le mani deformate dall'artrite, risvegliando come può l'anima venduta al diavolo, alle droghe, ad ogni tipo di vita esagerata. Per non dire del giovanotto Ron Wood, appena 76 anni, e una sei corde-killer, soprattutto nei dialoghi col sodale Richards.

Il concerto a sorpresa tenuto ieri notte a New York, i pop up store aperti (anche a Milano), il logo del gruppo - al posto di quello di Spotify - sulle magliette del Barcellona nella sfida con il Real Madrid sono puro contorno di un film di fantascienza che ci permette di parlare ancora del rock come di una cosa viva, non di mera nostalgia canaglia. La colonna sonora privilegiata del secolo scorso, persino del millennio scorso, è trattata da questi diversamente giovani come un giocattolo che non si può rompere, non almeno nelle loro mani. «Angry», il titolo di lancio, è rumoroso, spaccone, adrenalinico come certe cose stonesiane a cavallo tra gli anni Settante e gli Ottanta. «Sweet sounds of heaven» è una trovata ruffiana e «Dreamy skies» ha quel tono demodè tra country e honky tonky che piace tanto.

Certo, la produzione di Andrew Watt è un po' troppo pulitina, un po' troppo pop, ma non combina i disastri temuti, e non traveste i Glimmer Twins - fateceli chiamare ancora una volta così - da giovanotti digitali.

In realtà già il disco precedente, «Blues & lonesome», tutto di cover blues, poteva essere il disco d'addio, e forse era stato pensato come tale, forse doveva esserci dentro anche «Rollin' Stone», ma poi, forse anche per lo shock della morte di Charlie, le Pietre Rotolanti sono tornate a rotolare alla loro maniera, con il primo disco di inediti in 18 anni, mostrando classe e resistenza, ancora credibili nel cantare versi non certo immortali, ma trovando ogni tanto anche l'illuminazione lirica, con zio Keith, ancora lui, sempre lui, che borbotta: «Is my future all in the past?». E il suo, il nostro, futuro forse sta davvero tutto in quel passato in cui cos'altro potevano fare nella Londra sonnolenta dei combattenti di strada se non suonare in una rock and roll band?

Se questa è la fine è davvero «A bigger bang», un botto più grande, come però già suggeriva il titolo del disco del ritorno alle radici del 2005, e già per quello ci si domandò se non sarebbe stato l'ultimo.

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E, allora, al diavolo le dietrologie, al diavolo la simpatia per il diavolo che non abita più qui, anche se un patto con Belzebù questi tipacci sembrano averlo fatto davvero, magari anche per tornare ancora on the road, in tour: lo ha promesso mister Richards in persona, «se staremo ancora in piedi». Sembra che volesse dire «finché staremo ancora in piedi». Conscio che «ovviamente la nostra carriera si concluderà ad un certo punto», ma anche che «siamo tutti in buona salute, non c'è particolare fretta. Ci stiamo divertendo molto a fare quello che stiamo facendo, e questo è quello che sappiamo fare». Come sempre: it's only rock and roll but I like it, come una pietra che rotola, come un perfetto dinosauro.

Ps. Mick Jagger ha appena detto che il gruppo è già al lavoro per il prossimo album. 

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