Sal Da Vinci: «Con Zero
non faccio prigionieri»

Sal Da Vinci con Renato Zero, foto di Gerry Bottini
Sal Da Vinci con Renato Zero, foto di Gerry Bottini
di Federico Vacalebre
Lunedì 28 Novembre 2016, 18:30 - Ultimo agg. 1 Dicembre, 16:25
4 Minuti di Lettura
Da una parte c’è una delle voci più belle del panorama napoletano, e quindi italiano. Dall’altra il più imprevedibile dei cantautori storici italiani. La collaborazione tra Sal Da Vinci e Renato Zero è nata per caso, hanno iniziato a scrivere un pezzo insieme, sono arrivati a sei, anzi sette. Poi, mentre il partenopeo trasformava quei brani nel cuore del suo nuovo album, il romano decideva di portare con sé il nuovo amico in tour, costringendolo a una routine infernale: la sera sul palco di «Alt» - venerdì, ad esempio, era alla Unipol Arena di Bologna, sold out naturalmente - la mattina dopo a casa per le prove del suo spettacolo teatrale natalizio.
Allora, Sal, partiamo dall’inizio: come vi siete incontrati con Renato?
«Stavo lavorando con Maurizio Fabrizio, suo storico collaboratore, e gli ho chiesto di presentarmelo. Quando l’ho incontrato avevo un provino, lui ha esclamato: “’A ni’, dai, famme senti’, bellu guaglio’”. Così abbiamo iniziato a lavorare su una canzone, “Dettagli” e lui ci ha preso gusto, dopo averla ascoltata realizzata ha esclamato alla sua maniera: “Ma non avete niente altro? E io che faccio?”. Ci sentivamo ogni giorno, mi mandava messaggi del tipo: “Che hai scritto oggi? Che mi mandi?” L’ultimo pezzo composto insieme si intitola “È mezzanotte”: io gli hi mandato la melodia, lui alle 24 aveva completato il testo».
Il frutto di questa intesa è al centro di «Non si fanno prigionieri», il nuovo album in uscita venerdì 2 dicembre.
«Sì, con l’aggiunta di qualche altro pezzo e di una cover di “Amico che voli”, il mio omaggio a un autore come Claudio Mattone, così importante per la mia carriera; a Franco Migliacci, uno dei grandi della canzone italiana; ad Eduardo De Crescenzo, voce senza pari con cui mi sarebbe piaciuto duettare il pezzo. Purtroppo non ci sono riuscito: è più facile dividere il microfono con Zero, con la Vanoni, con Biondi che tra noi napoletani».
Perché Zero l’ha adottata? E che cosa le ha insegnato?
«Dice che gli piace il colore della mia ugola, mi riconosce un’autenticità di vita prima che su palco, ha apprezzato la gavetta che ho fatto, il mio voler sempre reinvestire sul mio futuro professionale. Mi ha spinto ad asciugare il mio stile, ad essere più semplice e diretto, a farmi capire da tutti. In un brano, “Singoli” c’è anche la sua voce: è un duetto che chiede più rispetto per il popolo dei singles».
Zero ha suggerito anche il titolo del disco.
«Sì, io volevo intitolarlo come uno dei pezzi clou, “Bella Italia”, lui dopo aver ascoltato tutto il cd ha detto: “Non si fanno prigionieri”, convinto della qualità del prodotto, ma anche della necessità di scappare da un mondo virtuale in cui siamo tutti prigionieri, dei telefonini, dei tablet, delle tv, delle previsioni del tempo...».
Lei è stato Carosone, l’americano di Napoli, a teatro. Ora diventa «L’italiano di Napoli», debutto il 20 dicembre all’Augusteo di Napoli, regia di Alessandro Siani.
«Ho radici forti e fiere, sono lo scugnizziello che ha iniziato con le sceneggiate, ma poi si è misurato con De Simone, il musical, Sanremo... Noi napoletani dobbiamo smettere di chiuderci, rinunciare allo sterile rimpianto di bei tempi mai esistiti e ricominciare a vivere in una città aperta, da italiani speciali».
Nel disco, arrangiamenti di Adriano Pennino, le volute e i caratteristici falsetti convivono con la scrittura tracimante di Zero in pezzi come «È ancora vita» e «Meravigliosamente». «Bella Italia», invece, è frutto della partnership con Vincenzo Incenzo.
«È un’ode al Belpaese maltrattato, da potenti e cittadini qualunque. Lo spettacolo mi permette di raccontarmi con tenerezza, nostalgia, consapevolezza, rabbia. La scenografia guarda a Tim Burton, in scena con la band ci saranno otto ballerini, di cui quattro del Cirque du Soleil, Davide Marotta, la bella Lorena Cacciatore e Lello Radice, una presenza ormai fissa nei miei cast. Come sempre, non ho risparmiato nella produzione, vedrete».
La carne a fuoco è tanta, insomma. E Sanremo?
«Deciderà, come sempre, Carlo Conti. Io un pensierino ce l’ho fatto».

* La foto di Sal Da Vinci con Renato Zero è di Gerry Bottini
© RIPRODUZIONE RISERVATA