Sanremo 2022, Gianni Morandi torna all'Ariston: «E faccio il tifo per il mio amico Massimo Ranieri»

Sanremo 2022, Gianni Morandi torna all'Ariston: «E faccio il tifo per il mio amico Massimo Ranieri»
di Federico Vacalebre
Giovedì 20 Gennaio 2022, 11:00
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Dice che «se non fosse stato per il fuoco, per l'incidente, per il miracolo che me ne ha fatto uscire vivo, forse non sarei tornato a Sanremo». Dice che «a Jovanotti mi lega, oltre all'amicizia che ora è arrivata, il comune pensare positivo. E lo sport: lui corre in bici, io a piedi». Dice che «quella con Massimo Ranieri era una rivalità alla Coppi-Bartali, alla Baggio-Del Piero, più divertente che sofferta. Una volta vincevo io, poi lui, poi io, poi... Non ho sentito la sua canzone, ma... magari stavolta vince lui». Dice che per presidente vorrebbe «una donna, magari la Cartabia, ma si sono fatti anche i nomi di Casellati e Moratti». Dice che Sanremo è pronto «perché una donna sia anche direttrice artistica, non solo presentatrice. Penso a Laura Pausini, a Fiorella Mannoia, a Elisa». Dice tante cose l'highlander Gianni Morandi, 77 anni, che ieri sera è tornato in concerto al teatro Duse di Bologna: «Riparto da dove mi ero fermato». 

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Era il 28 febbraio 2020, Gianni.
«Sanremo era finito da poco, e mi stavo regalando una serie di concerti nella mia città quando arrivò il coronavirus a sconvolgere il mondo: credevamo si trattasse di una pausa di 2-3 settimane, sono passati due anni».

Facesti persino un concerto con la mascherina.
«Sì, con la Ffp2 sarebbe impossibile».

Sessant'anni fa, nel 1962, usciva il tuo primo 45 giri, «Andavo a cento all'ora» e, sul retro, la dimenticata «Loredana».
«Sessant'anni di carriera, come i Beatles, quell'anno uscì anche Please, please me.

Ho detto anche? Diciamo soprattutto! Nella vita ci vuole culo, pardon fortuna. Io la ebbi quando il mio impresario, l'ex arbitro di pugilato Paolo Lionetti, mi portò a Roma per il primo provino, alla Rca, e non a Milano, che era più vicina e capitale della discografia: a Roma mi trovai avanti Franco Migliacci, Ennio Morricone e Luis Bacalov... Il culo aiuta, poi devi saperti gestire».

Migliacci oltre che autore di quel tuo primo singolo, e poi di «In ginocchio da te», «Non son degno di te», «Uno su mille»... spunta fuori anche il giorno che ti innamori di Sanremo.
«Era il 1958, mezza Monghidoro si era riunita al bar, davanti a un televisore in cui si muovevano figure in bianco e nero. Quando apparve Modugno che cantava Volare, scritta con Migliacci, fui folgorato, pensai che quello poteva essere il mio mestiere e capii che quel palco era speciale. Sono tornato al Festival: sei volte in lizza, vincendo con Ruggeri e Tozzi, perdendo, facendo l'ospite, il conduttore-direttore artistico, ma in gara mi piace di più».

Perché?
«È più divertente e poi, soprattutto adesso, che vuoi che mi succeda? Arrivo ultimo? Pazienza, è solo un episodio, un tempo si temeva l'eliminazione».

Eppure hai iniziato a frequentare il Festival tardi, nel 1972.
«Cinquant'anni fa: cantai Vado a lavorare, una cosa scarsa, anche se arrivò quarta. Cochi e Renato mi mandarono un telegramma: Era ora che ti mettessi a lavorare, non ho mai capito se sfottevano. All'epoca c'era Canzonissima che durava tre mesi, ti portava in tv tutte le settimane e non con una sola canzone, ma con il tuo repertorio. Finiva il 6 gennaio, Sanremo veniva subito dopo, io lo evitavo. Ma sbagliavo, Claudio Villa riuscì a vincere tutte e due le manifestazioni nello stesso anno».

Veniamo al Festival 2022: perché ci vai?
«Per esorcismo, per speranza, perché mi diverte, perché Sanremo è importante, perché... Se non fossi caduto nel fuoco, se non fossi riuscito a uscirne vivo - pochi secondi e il fumo mi avrebbe reso incosciente e poi... - salvando anche la faccia forse non l'avrei fatto. Dopo una guerra, dopo una pandemia, dopo un incidente come il mio non bisogna chiudersi e disperare, ma ripartire, come l'Italia seppe fare nel dopoguerra».

Per il tuo dopoguerra è servito Jovanotti.
«Non eravamo ancora così amici, ma dopo quel fattaccio mi ha chiamato, si è preoccupato di me, mi ha mandato una canzone terapeutica come L'allegria. Inciderla mi ha curato, come questo suo nuovo pezzo».

«Apri tutte le porte», con l'arrangiamento di Mousse T che ti fa muovere tra suoni Motown e geghegè.
«Sì, lui è l'uomo che ha rilanciato Tom Jones con Sex bomb oltre che di tante produzioni etniche. Dentro c'è Otis Redding, tanti fiati black, i nostri anni 60... È una canzone meno tradizionale delle mie solite, piena di incroci di parole».

Dalla fortuna degli esordi alla fortuna di rinascere dal fuoco.
«Ebbi culo anche dopo gli anni del buio, i Settanta. La sera del Cantagiro al Vigorelli con i Led Zeppelin mi tirarono tanti di quegli ortaggi... era il 4 luglio 1971: cambiava l'Italia, iniziavano gli anni di piombo, e cambiava anche la musica, di Morandi non sapevano che farsene. Strinsi i denti, studiai al conservatorio, poi nei primi Ottanta incontrai Mogol che aveva rotto con Battisti e...».

Si poteva dare di più, di nuovo.
«Sì, come dovrebbe fare l'Italia, i governanti che litigano per partito preso non ci servono, non sono al servizio della comunità: è per quello che si può e deve fare di più».

Nel film di Sorrentino c'è un tormentone: «Non ti disunire». Figlio del tuo slogan sanremese «Restiamo uniti»?
«Non ci avevo pensato, sarebbe carino».

Stavi per farti squalificare con quel video sui social in cui si sentiva in anteprima la tua canzone.
«Ha deciso la Rai, forse per il precedente di Fedez l'anno scorso. Io avevo anche pensato di ritirarmi, ma mi dispiaceva coinvolgere tutti quelli che avevano lavorato con me. Ho fatto una cazzata. Adesso la rubo io la battuta a Sorrentino: è stata la mano di Gianni».

«Apri tutte le porte». Quali?
«Io parlo di quelle esistenziali, Papa Francesco di quelle che continuiamo a chiudere in faccia ai migranti, ed ha ragione. L'abitudine è rischiosa, soprattutto alla mia età: una serie tv, una copertina sul divano e... non ti muovi più, meglio aprire le porte alle novità e alla vita. Per questo canto: A forza di credere che il male passerà, sto passando io e lui resta».

Hai scelto la cover del 4 febbraio?
«Vorrei fate un medley di brani dagli anni 60 ai 90, mettendoci anche qualcosa di mio dentro. Un ospite? Non so se lo avrò, meglio Mousse T. e non solo come direttore d'orchestra».

Intanto gareggerai anche contro tuo nipote.
«Paolo Antonacci, figlio di Biagio e di mia figlia Marianna, firma il brano di Tananai, Sesso occasionale. Sarà divertente. Invece mio figlio, in arte Tredici Pietro, pensa solo al rap, non ne vuole sapere di cantare con me».

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