Sergio Caputo in tour: «Un sabato italiano che dura da 40 anni»

«L'età avanza ma il piacere resta intatto: voglio andare in giro a suonare il più possibile»

Sergio Caputo
Sergio Caputo
di Enzo Gentile
Sabato 15 Aprile 2023, 09:00
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Tra i piccoli grandi classici della musica italiana c'è anche lui, Sergio Caputo, autore, chitarrista, chansonnier romano, 68 anni, che proprio in questi giorni festeggia i quarant'anni della sua creatura più amata e fortunata, l'album d'esordio, «Un sabato italiano». Il cantautore, che nel tempo ha vissuto e lavorato in California e negli ultimi tempi si è trasferito nel sud della Francia con la famiglia, ha deciso di celebrare la ricorrenza con le migliori intenzioni: ecco allora che la Sony ha pubblicato un cofanetto, con nuovi contenuti, mentre l'album originale è stato ristampato in alta qualità, per il piacere degli audiofili, che all'epoca apprezzarono la chiave swing-ironica di Caputo.

In appoggio alla prospettiva discografica, anche una serie di concerti che si dipaneranno fino a dopo l'estate: a Napoli è atteso il 28 aprile al teatro Acacia, con una formazione allargata, una sorta di big band, con largo spiegamento di fiati: «Ho voluto prendere spunto dalla formazione che Joe Jackson aveva organizzato per uno dei suoi dischi più belli, “Jumpin' jive”, tenendo conto della mia passione sempre sottolineata per le musiche e gli arrangiamenti dell'era che fu di Duke Ellington, Cole Porter, Fate Waller. È una dimensione sul palco estremamente divertente, che può coinvolgere il pubblico e che ci mette nella condizione di improvvisare, pur avendo delle partiture da osservare.

Una splendida esperienza».

Quali materiali porterà in concerto?
«Naturalmente non posso evitare di suonare per intero “Un sabato italiano”, mettendo in evidenza magari anche le canzoni meno note: non riesco a definirlo un concept album, ma di certo si sente un filo rosso che collega il tutto, come quando vediamo un film e riconosciamo la mano del regista. Poi, però, vado a pescare nel resto del mio repertorio, dove ci sono altre composizioni molto in sintonia con quel clima e con quel linguaggio. Sempre stando attenti al pericolo di annoiarsi o di assuefarsi: la scaletta deve essere mossa e tenere sempre desto lo spirito del gruppo».

Quando ha capito che quello di «Un sabato italiano» non era un successo effimero?
«Ho avuto varie riconferme, a cominciare dal fatto che quando uscivo con un disco nuovo - ne ho fatti una ventina - sempre mi chiedevano conto di quell'lp del 1983, senza che fosse mai possibile prescindere dalla canzone del titolo. Sono cose che fanno piacere a un autore, anche perché c'è grande omogeneità tra quei brani e il lavoro complessivo. Resta sicuramente una fotografia coerente di una certa Italia, che possiamo ricordare e recuperare anche attraverso la musica».

Riguardando il disco originale, spicca anche la grafica di copertina, l'abbinamento tra i titoli e un cocktail, mentre la produzione era di Nanni Ricordi.
«Di lui voglio rimarcare la statura e i meriti per aver inventato la figura di cantautore. Con me ci fu un bellissimo rapporto, improntato sulla massima fiducia e libertà. Aveva capito l'idea di base dell'album e fummo tutti messi alla condizione di realizzarlo al meglio».

Cosa c'è di imminente nella sua agenda di autore e performer?
«Andare in giro a suonare il più possibile, dato che per i musicisti questo è l'unico modo rimasto per vivere. L'età avanza ma il piacere resta intatto. Poi continuo a scrivere, e soprattuto mi sono promesso di chiudere e portare a termine tutti quei pezzi che ho iniziato, sono abbozzati, ma devono prendere una forma definitiva. Infine sta per uscire il videoclip 2023 di “Un sabato italiano”, con tante partecipazioni di amici e fan. Sarà un a sorpresa». 

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