Napoli, il San Carlo apre la nuova Stagione con il Don Carlo di Verdi: versione in cinque atti

Il dramma lirico sarà messo in scena dal 26 novembre al 6 dicembre

Il regista di Don Carlo, Claus Guth, alla presentazione del Teatro San Carlo
Il regista di Don Carlo, Claus Guth, alla presentazione del Teatro San Carlo
di Emma Onorato
Sabato 19 Novembre 2022, 19:00 - Ultimo agg. 21 Novembre, 07:31
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Il Teatro San Carlo è pronto a dare inizio alla nuova Stagione con l'intramontabile opera di Giuseppe Verdi, Don Carlo. Il dramma lirico verdiano - firmato da Claus Guth e diretto da Juraj Valčuha - che il 26 novembre verrà messo in scena nella rara versione in cinque atti. «Questa versione rappresenta la vera possibilità per il San Carlo di Napoli. È la più giusta - commenta il sovrintendente e direttore artistico del Teatro San Carlo, Stéphane Lissner - Una versione con il primo atto di Fontainebleau dove si capisce bene la storia di Carlo. Un trascorso difficile da comprendere se si omette il primo atto».

Uno spettacolo che racchiude un progetto su cui si è lavorato per circa tre anni «Per me è un pezzo molto particolare, è il mio prescelto. L'ho realizzato a Parigi, come anche alla Scala di Milano. Ora mettiamo in scena l'opera con una versione italiana in cinque atti che fu fatta a Napoli da Verdi dopo che la prima versione non ebbe successo».

Così Don Carlo torna sul palcoscenico del Massimo napoletano dopo circa 21 anni dalla sua ultima rappresentazione. La prima - in cinque atti - ebbe luogo a Parigi l'11 marzo del 1867. Un'opera che successivamente fu tradotta in italiano da Achille De Lauzières e rimaneggiata a più riprese.

Nel 1872 Verdi operò alcune modifiche fino ad eliminare - 10 anni dopo - il primo atto originario dell'opera. A distanza di due anni si pentì di questo taglio e decise di fare una nuova versione in cinque atti.

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Lo spettacolo - che andrà in scena al San Carlo dal 26 novembre al 6 dicembre - prevede un cast stellare: «Abbiamo cinque interpreti di alto profilo - commenta Ilias Tzempetonidis, direttore casting e coordinatore area artistica del Teatro San Carlo - Tanti di questi debuttano in lingua italiana, come Matthew Polenzani, nel ruolo del protagonista Don Carlo e Elīna Garanča, che sarà impegnata nel ruolo della principessa di Eboli», ma anche Ailyn Perez che debutta nel ruolo di Elisabetta di Valois. «Fondamentale per il Teatro San Carlo presentare artisti di questo livello in nuovi ruoli». Nel cast di Don Carlo, Michele Pertusi interpreterà Filippo II, mentre Ludovic Tézier ed Ernesto Petti saranno nei panni di Rodrigo. Invece, ad interpretare il Grande inquisitore sarà Alexander Tsymbalyuk.

Durante la presentazione dell'opera verdiana - avvenuta in Sala Giardini del San Carlo - è emerso come il regista abbia lavorato su ogni personaggio per dare la sua versione del protagonista, Don Carlo: «È un personaggio fragile, un sognatore. Più vicino al mondo della fantasia che alla realtà - continua Guth - Carlo non riesce a trovare una collocazione nel cosmo in cui è nato, sembra essere costantemente al posto sbagliato. Il padre lo rifiuta e la donna che ama - Elisabetta di Valois - diventa la sua matrigna dopo aver sposato Filippo II. Anche Rodrigo, il suo unico amico, lo strumentalizza per i suoi scopi. Tutto questo crea una visione oscura del mondo, simile a una prigione». Don Carlo vive un profondo stato di inadeguatezza e sofferenza. Un dolore che si impara a conoscere solo attraverso la centralità del primo atto: «Il pubblico deve aver sperimentato nel primo atto il sogno la creazione del sogno di Carlo - spiega il regista - Senza questa esperienza, è impossibile comprendere l'orrore della costante disillusione che subisce con il progredire della trama». La causa della sua vulnerabilità psicologica è da condurre a un trauma infantile: «Don Carlo ad oggi sarebbe considerato una persona normale. Lui aveva vissuto un'infanzia difficile, un passato drammatico».

Un dramma lirico su libretto originale francese di François Joseph Méry e Camille Du Locle, ispirato alla tragedia Don Carlos. Nella versione francese il protagonista appare più sognatore e visionario, mentre in quella italiana Carlo ha dei tratti molto più eroici. Ma l'abilità del regista consiste anche nell'unire la versione francese con quella italiana: «Grazie al mio modo di dirigere il personaggio, e all'interpretazione di Matthew Polenzani che ne mostra sia la drammaticità che la fragilità, riusciamo a combinare meravigliosamente il francese con l'italiano». Ma Don Carlo non è l'unico ad essere destinato a un fato infelice. «Siamo in un panopticon di personaggi che desiderano l'amore ma che si sono sottomessi al codice di condotta del sistema». «Dopo il matrimonio con Filippo, Elisabetta diventa una morta vivente, consacrata al dovere. Si limita a vegetare - continua a spiegare Guth - Filippo appare quasi come la figura più impotente e disperata dell'intera struttura.  È incredibile lo studio profondo e complesso dell'uomo potente e solitario che Verdi ha composto per lui nel quarto atto. Perché dietro il potere di Filippo c'è a sua volta un altro potere, quello del grande inquisitore». Così il regista cerca di creare un parallelismo tra quel determinato periodo storico e il nostro: «Possiamo dire che il Grande inquisitore rappresenta la rete invisibile che può impigliare e avvolgere anche un politico di oggi». «È una figura che - anche se si fa a meno di tutti i segni clericali - può essere facilmente trasportata nel nostro presente». Ed è per questo che Guth ricorda come questo spettacolo rappresenti anche un'occasione per riflettere «su quello che sta accadendo, oggi, nel nostro mondo».

Sul palcoscenico si vedranno sia elementi storici che moderni. «Ci sarà un mix anche nei costumi che saranno sia del passato che contemporanei». Ma la vera chiave di lettura avviene attraverso  la musica e i personaggi - come tiene a precisare il sovrintendente del Massimo napoletano - ovvero gli strumenti più incisivi con cui la regia lavora per legare il mondo contemporaneo con quello passato.

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