Tommaso Primo, un tropicalista napoletano tra fate, sirene e samurai

tommaso primo federico vacalebre fate sirene e samurai
tommaso primo federico vacalebre fate sirene e samurai
di Federico Vacalebre
Martedì 22 Dicembre 2015, 13:28 - Ultimo agg. 13:34
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 Tommaso Primo rappresenta l’ala più naif del cantautorato newpolitano, che da qualche tempo cova sotto la cenere proposte più che degne, con punte emerse o in fase d’emersione rappresentate dai Foja di Dario Sansone, il duo Forni-Graziano, Alessio Arena, Maldestro e Gnut. Il suo album d’esordio, «Fate, sirene e samurai», prodotto da FullHeads e AreaLive con la collaborazione di Trail Music Lab e distribuito da iCompany, è una sorta di improbabile cartone animato etnico, un manga verace, una melodia sospesa tra il Vesuvio ed il Brasile. Pino Daniele che incontra Caetano Veloso, ma ancor più i trovatori cubani Milanes e Rodriguez anche se non è detto che il giovane Primo li abbia ascoltati, Miyazaki commosso di fronte al vitalismo sfacciato della città porosa ma anche all’onirismo carnale di Fellini . 
Fedele al suo primo singolo, «Gioia», Tommaso sforna canzoni che pensano positivo, che usano la grande bellezza delle piccole cose che ci circondano come antidoto alla grande bruttezza delle grandi cose che ci governano. Lo sguardo naif è limite e pregio del suo songwriting: l’incipit-elenco gastronomico dell’iniziale «Flavia e il samurai» potrebbe essere oleografico se non avesse il tono della fiaba, anzi del cunto malinconico ma non troppo. «Prayer for Kumbaya» canta l’Africa pensando forse a Capo Verde, mentre la scoppiettante «Neapolitan love stories» arruola come complici le giovani voci gentili delle colleghe Fede’n’Marlen, coinvolte nel progetto come il già citato amico-maestro Sansone («Bumba meu boi», con un gran bel testo e archi suadenti) o Danise con il suo pianoforte («Stella»). I ritmi della bossa nova e del samba si infilano tra vicoli oscuri e lungomari assolati e più o meno liberati, il calore carioca permea l’orecchiabile «Caramella» ma anche «Anime e cartoon», che pure guarda al Sol Levante di Naruto & Co.
Il dialetto cerca di farsi antico e insegue dettagli e termini desueti, ma è delicato come potrebbe esserlo se lo usassero in pianta stabile Joe Barbieri e Nino Buonocore, o, perché no, un Fabio Concato sudista e meno ripiegato. «Metafisica» è la ballata di una fata del Vomero vestita di «fronne ’e rosa»; «Viola» racconta una ragazza «perla janca de’ Tribunali... cresciuta a pane e guapparia» e finita in galera «pe’ mezzo ’e chi cumpagno nunn è»; «Lena» evoca una puttana in «minigonna e tacchi a spillo ’mmiezza ’a via» che trova la forza di scegliere l’amore per passione, e non più per professione. 
Tropicalista vesuviano, Primo predilige il sussurro all’urlo e conosce l’arte della cantabilità, anche se non sempre definisce con coerenza personaggi e vicende. Naif, appunto, ma che voglia di canticchiare con lui quelle strane storie tra fantasia e realtà.
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