L'importanza di chiamarsi Ultimo: a Napoli bagno di folla record al Maradona

L'importanza di chiamarsi Ultimo: a Napoli bagno di folla record al Maradona
di Federico Vacalebre
Sabato 25 Giugno 2022, 23:08 - Ultimo agg. 27 Giugno, 17:04
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Quando Niccolò Moriconi da San Basilio, Roma, scelse come nome d’arte Ultimo, una «vendetta» così non poteva nemmeno sognarla. Quando Ultimo divenne primo anche sul fronte del palco, dopo quello del disco, portando a casa finalmente, con due anni e passa di ritardo causa pandemia, il suo tour sold out negli stadi, decise di prendersela, quella «vendetta», ogni volta possibile.

Così arrivato a Napoli, prima di infiammare per due sere consecutive il Diego Armando Maradona, 90.000 anime a intonare con lui le sue melodie tossiche e sapientemente ritmiche, il suo cantautorap generazionale, le sue storie da «bambino che contava le stelle», se n’è andato a Scampia, improvvisando un miniconcerto per ragazzi che sente vicini, ultimi come lui, magari diventassero primi come lui: «Vengo da un quartiere popolare di Roma e so bene cosa voglia dire sentir parlare solo dei lati negativi della propria zona.

Allora oggi ho pensato di venire qui a cantare e spero che queste immagini possano contribuire a raccontare che noi siamo molto altro. Dalla parte vostra, sempre!», ha spiegato.

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E i ragazzi sul prato dell’ex San Paolo lo sentono davvero dalla loro parte, con quel cocktail di tradizione melodica (la strada che da Massimo Ranieri porta a Tiziano Ferro) sapientemente innervata di modernità ritmica, di tentazioni da hip hop de noantri. I versi smaccatamente romantici vengono stemperati dalle amarezze e dalle ingiustizie che mister U. ha incassato prima di diventare famoso. 

 

Dall’iniziale «Buongiorno vita» fino a «Sogni appesi», il cantautore accetta la sfida della banalità conquistando folle plaudenti grazie a titoli che potrebbero sembrare la parodia della canzone indie da trottolino amoroso: «Cascare nei tuoi occhi», «Poesia senza veli», «Vieni nel mio cuore», l’hit «Piccola stella», «Colpa delle favole»... Ma poi sbotta, mostra l’altro lato del suo carattere e della sua cameretta con «Ipocondria» o «Fateme canta’».

Tutto si tiene nell’alternarsi di set sotto la grande U voluta sul palco quasi come una coperta di Linus, quasi a ricordare anche a se stesso, in qualsiasi momento, di essere arrivato in cima, al numero 1: solo Vasco Rossi quest’estate si è permesso sinora di fare meglio di lui, e nemmeno al rocker di Zocca è mai successo di riempire per due sere consecutive stadi difficili come quello partenopeo. Il momento acustico e quello elettrico, il momento karaoke e quello più intimo solo al pianoforte: Peter Pan ha un solo, semplice, monotono, sincero giura lui, sincerissimo concordano dal parterre e nelle curve e nelle tribune, messaggio per il suo pubblico: «Vuoi volare con me»?

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La voce è sicura, la band la asseconda con diligenza, la macchina scenica pure. Il rito non è per tutti, certo, chi dalla canzone cerca varietà di toni e di ispirazioni e di narrazioni e di suoni e di argomentazioni (occhio alla rima) farà meglio ad astenersi dall’ascolto, dal confronto. 

Ma i 90.000 spettatori del Maradona (praticamente sold out anche stasera), i 550.000 di questo tour, dimostrano chiaramente che Niccolo Moriconi non deve sentirsi «Solo», anche se ha intitolato così il suo ultimo album, per altro poco frequentato in scaletta. Lui si «sente responsabile verso chi ha tenuto in tasca per tutto questo tempo il biglietto: è una dimostrazione d’amore, anche perché le persone, soprattutto da giovani, cambiano». Ma il suo popolo, sotto il palco, non è cambiato, almeno non ancora. Vuole solo volare con lui, dimenticare con lui. Un oblio che sarebbe meglio prendere sul serio. 

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