Amadeus: «Il mio Sanremo?
Trap, indie e tradizione»

Amadeus: «Il mio Sanremo? Trap, indie e tradizione»
di Federico Vacalebre
Venerdì 2 Agosto 2019, 23:00 - Ultimo agg. 4 Agosto, 09:49
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«Il mio nome è stato ventilato più volte, ma nel gruppo dei possibili candidati ad ogni Sanremo di transizione, mai come uomo in fuga verso la vittoria finale. Quest’anno ero uscito dal plotone, ho capito che ballavo davvero, che poteva essere la volta giusta. Ed ora ho avuto la notizia che uno che fa il presentatore aspetta da una vita: sarò il conduttore, e il direttore artistico, del prossimo Sanremo».
 
Un Sanremo mica qualunque, Amadeus, anzi Amedeo Umberto Rita Sebastiani, da Ravenna, classe 1962: sarà l’edizione numero 70, la Rai promette un festival «all’insegna della coralità e della celebrazione», «nel segno della storia della Rai che vedrà impegnata l’intera azienda», un «ambizioso evento multipiattaforma».
«Certo, c’è da festeggiare una tradizione italiana, una di quelle che si rinnova senza rinnegare se stessa, che resiste, che viene tramandata da generazioni, che unisce il Belpaese da Nord a Sud, da Sud a Nord. E, visto che ha scelto me, devo ringraziare tutta la Rai, dall’amministratore delegato Fabrizio Salini alla direttrice di rete Teresa De Santis. Sono commosso, confuso e felice, eccitato».

Ora però bisogna disegnare il Sanremo secondo Amadeus, conduttore, ma anche dj e al timone di tanti Festivalbar. Che musica farà all’Ariston nel 2020?

«Sarà il Sanremo di tutti, come di tutti sempre dovrebbe essere la tv dei grandi eventi, dei grandi numeri, la tv servizio pubblico. Guarderò alla musica che trasmettono le radio, che i giovani ascoltano sui telefonini, che Baglioni in qualche modo aveva già sdoganato nell’ultima edizione, la seconda affidata a lui: la trap, il rap, l’indie, l’elettronica... Ma non tralascerò, anzi, la tradizione canora nostrana: perché se Sanremo è Sanremo, come ci ha insegnato superPippo, lo è grazie a canzoni che sono rimaste negli anni, nei decenni, a volte persino per oltre mezzo secolo. Ecco, so che lo hanno già detto tutti quelli mi hanno preceduto, ma il mio compito sarà scovare quante più canzoni capaci di resistere all’usura del tempo, trap o veteromelodiche che siano, senza snobismi, senza pregiudizi».

Fiorello si è già autoinvitato con l’endorsement dei giorni scorsi, potrebbe essere in diretta addirittura tutte e cinque le serate.

«Rosario è più di un amico, è quasi un fratello. E amici e fratelli non si invitano: per loro le porte sono sempre aperte».

Baudo, Fazio, Chiambretti potrebbero far parte della squadra, più difficile immaginare le presenze di Carrà, Clerici, Ventura. Cercansi donne disperatamente? O torneranno le vallette?

«È presto per parlare di questo, come delle canzoni. Adesso permettetemi qualche giorno di vacanza, poi mi metterò al lavoro, ci metteremo al lavoro».

Ma ricordi il tuo primo Sanremo da spettatore? La canzone-epifania che ti rivelò il fascino indiscreto della terra dei cachi?

«Non rammento una singola canzone, ma la gara delle canzoni: ero bambino, con tutta la famiglia andavamo dai nonni a seguire le serate, a tifare nella finale. È il rito Sanremo ad avermi stregato, Sanremo per me comprende anche la stanza dei nonni, ha il sapore di quelle belle serate in famiglia o con gli amici che vorrei restituire al pubblico con la necessaria modernità. Per me è davvero un sogno che si realizza, come potrebbe essere quello di uno scugnizzo napoletano che si trova ad entrare nella squadra di Ancelotti, a giocare sul campo che è stato di Maradona».

A proposito: oltre alla disponibilità di Jovanotti, inviterai i Maradona della canzone italiana? Come superospiti o proverai a convincerli a rimettersi in concorso?

«Non c’è ancora il Festival di Amadeus, bisogna aspettare».

La nota della Rai parla anche di un DopoFestival all’insegna dell’innovazione. E di un «Sanremo Giovani» che avrà un’apertura ancora maggiore alle nuove tendenze.

«Il tavolo di lavoro svoltosi martedì con la filiera dell’industria musicale potrebbe permetterci di intercettare fette di produzione, e fruizione, musicale giovanile finora sfuggite persino al festivalone. E il Dopofestival è da sempre lo spazio dove si sperimentano formule, nomi, talenti».

 
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