Random tra i big di Sanremo 2021: «Dio resta, l'hip hop passa»

Random tra i big di Sanremo 2021: «Dio resta, l'hip hop passa»
di Federico Vacalebre
Sabato 6 Febbraio 2021, 12:49 - Ultimo agg. 13:22
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Emanuele Caso, in arte Random, 20 anni in aprile, nato a Portici, ma cresciuto a Riccione, quello di «Chiasso» (31 milioni di visualizzazioni, oltre 83 milioni di streaming), di «Rossetto» (7,5 e più di 30), di «Sono un bravo ragazzo un po' fuori di testa» (12 e 83). I numeri gli sono valsi il passaporto, direttamente tra i big, al Sanremo della pandemia, dove sarà in gara con «Torno a te». 

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Un bravo ragazzo un po' fuori di testa all'Ariston, Random?
«Ancor più fuori di testa per l'emozione, la voglia di spaccare, di lanciare il mio messaggio di speranza: dobbiamo credere nei nostri sogni, basti pensare a dove sono arrivato io in un paio di anni scarsi di carriera». 

Sei partito dal rap, ti sei avvicinato a uno stile più compiutamente urban, forte delle produzioni di Zenit, il produttore al tuo fianco fin dall'inizio. Che dobbiamo aspettarci da «Torno a te»?
«Qualcosa di inaspettato, davvero». 

Nei suoni? Nel testo?
«In qualche modo ricordo il mio primo amore.

Ma più che d'amore, più che di sesso, parlo del bisogno di tornare ad avere quello sguardo vergine, quella vita vergine, quella spensieratezza su cui pesavano mille paure sceme. Quando sarà finito l'incubo Covid-19 dobbiamo tornare tutti a vivere sentendoci come nei giorni del primo amore. Fragili, invincibili, spaventati, felici....». 

E il sound? Hip hop?
«È una canzone italiana, con qualche influenza rap, a modo mio si intende. È la musica con cui ho iniziato a mettermi di fronte a un microfono, quella che ascoltavo e che mi ha spinto a fare questo mestiere, ma poi ho fatto altri ascolti. A 19 anni l'hip hop era tutto per me, sono cresciuto ascoltando Marracash, Emis Killa, Guè Pequeno. Ora ho scoperto anche altro: penso a Rita Pavone, quell'energia a 75 anni è un miracolo della natura». 

Quest'anno tu e Ghemon siete i campani del Festival. Più Greta Zuccoli tra i Giovani.
«Mi piacerebbe tornare più spesso a Portici: sono andato via quasi subito e ormai ci manco da tempo, e non solo per il coronavirus; ma sono legato al concetto del mio essere napoletano, credo che i miei valori, il mio modo di cantare l'amore, o dovrei dire l'ammore, vengano da quelle radici, da quel sangue, da quel rapporto viscerale con la canzone come piccola arte quotidiana, importante nella vita di ogni giorno». 

Sei più «bravo ragazzo» che «fuori di testa», lontano dagli stereotipi che tra rap, trap e urban descrivono una generazione di spaventati guerrieri metropolitani, spacconi per non soffrire d'amore e solitudine, legati a status e sex symbol per non rivelare paure intime, violenti per mascherare fragilità interiori e precarietà esistenziali.
«Non so se sono un bravo ragazzo, a volte di sicuro un po' fuori di testa, ma mai troppo. Papà è un pastore evangelico, mi ha cresciuto nella fede, anche la musica è entrata nella mia vita attraverso mio padre e i suoi strumenti. Credo in Dio, nella possibilità di raccontarmi attraverso le canzoni». 

Come ti presenterai a Sanremo?
«Sto mettendo a punto il mio look, voglio esprimermi anche attraverso i colori, usare al meglio questa occasione preziosissima. E sono curioso di ascoltare tutti gli altri: non riesco a sentirli come rivali, io ho appena iniziato, alcuni di loro hanno decenni di carriere alle spalle, altri, come me, sono alle prime armi, ma hanno le nuove generazioni dalla loro parte. Ecco, mi piacerebbe che questo Festival parlasse a tutte le generazioni, da Random a Rita Pavone». 

Hai annunciato due concerti, pandemia permettendo: il 20 novembre all'Atlantico di Roma e il 28 al Fabrique di Milano.
«Saranno i primi concerti della mia vita, in passato ho fatto qualche serata, ma... mai veri concerti. Un'altra prima volta, grazie a Sanremo». 

E il nuovo album?
«È quasi pronto». 

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