Vanoni: «La mia canzone
nata a Napoli, non per caso»

Vanoni: «La mia canzone nata a Napoli, non per caso»
di Federico Vacalebre
Martedì 6 Febbraio 2018, 10:57 - Ultimo agg. 17:13
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Oggi il Festival inizia davvero, ma lei non è qui per la gara. Per Wikipedia è l'artista femminile italiana dalla carriera più longeva, per le cronache rosa è stata manna dal cielo, per Strehler, per Modugno che vinse il Festiva di Napoli nel 66 con lei e «Tu si na cosa grande», per Vinicius de Moraes, per i suoi amici cantautori, e naturalmente per «l'eterno amore» Gino Paoli, è stata semplicemente Nostra Signora della Canzone, interprete capace di sentire nel corpo, oltre che nella voce, le emozioni interpretate. A Sanremo Ornella Vanoni non ha vinto mai, al massimo si è piazzata seconda, nel fatidico 68 con «Casa bianca», anzi ha vinto due volte, ma il Premio Tenco. Chi glielo abbia fatto fare a tornare nella terra dei cachi a 83 anni, un ritiro dalle scene annunciato ma per fortuna non mantenuto, non lo sa nemmeno lei, o forse sì: «Lo faccio perché mi piace sempre mettermi in gioco, se ne vale la pena, e stavolta ne vale la pena».
Stavolta vuol dire «Imparare ad amarsi»: «Credo nella canzone, parla d'amore ma non è una canzone d'amore. Bisogna imparare ad amarsi e perdonarsi, che è la cosa più difficile da fare. È una canzone adulta, che tiene insieme pezzi di vita, e di me, contrastanti, la malinconia e la solarità, e per cantarla bisogna aver vissuto intensamente». Lei, che confessa di aver vissuto, amato, tradito e, per questo, cantato, intona con consapevolezza estrema eppur disinvolta: «Giorno per giorno/ senza sapere cosa mi aspetta/ non è in mio potere.../ Conservo l'infanzia/ la pratico ancora/ la seduzione mi affascina sempre». Con quella voce racconta e accetta il correre della vita: «Qualcuno quando mi vede sul palco mi grida che sono immortale, ma io faccio gli scongiuri. Nella canzone dico che bisogna imparare a lasciarsi quando è finita, questo vale anche per la vita, non siamo eterni, altrimenti sai che noia». Ma nessun discorso triste, che accanto a lei, ci saranno gli autori del brano: «Mi piace portarli sul palco, dare una diversa dignità a questo strano mestiere che facciamo».
Il pezzo ha iniziato a scriverlo Bungaro, all'anagrafe Antonio Calò, raffinato cantautore brindisino, già passato anche per l'Ariston, ma di maggior successo come autore: «Tutto è iniziato a Napoli, un anno e mezzo fa, in una sala prove di Agnano, con Antonio Fresa, che è un pianista partenopeo straordinario e anche il mio arrangiatore, e Cesare Chiodo. Abbiamo iniziato a mettere mano al pezzo, senza sapere che ci avrebbe portati sin qui, ma c'era la musica, il titolo, un testo. Quando ho presentato il brano, Claudio Baglioni mi ha chiesto subito se mi sarebbe piaciuto proporlo con un'artista importante, senza dirmi subito di chi si trattava. Quando ho saputo che era Ornella... Lei è curiosa, colta, imprevedibile, ironica, controcorrente, coraggiosa e con una grande apertura mentale: ha tanto da raccontare, ha vissuto una vita intensa e quando parla di sé capisci perché sia quella che io definisco una voce pensante, una voce di dentro avrebbe detto Eduardo. Insomma l'idea del duetto era ottima, poi è diventata qualcosa di più, Mario Lavezzi ha tirato fuori lo spunto del trio, con Pacifico che ha lavorato al testo del refrain adattandolo alla personalità della Vanoni e sarà con noi al pianoforte, strano terzetto, anzi Gino e io saremo la strana coppia al suo fianco». E ci saranno tutti, gli autori del brano, all'Ariston, perché Fresa sarà il direttore d'orchestra e Chiodo suonerà il basso. Su Pacifico c'è qualche sospetto di conflitto di interessi, firma pure le canzoni di Avitabile-Servillo e Facchinetti-Fogli: «Sono equidistante, ma solo Ornella mi porta in scena. È stata una sorpresa tornare in gara come cantante. Inizialmente ero stato coinvolto come autore. Poi qualche giorno prima dell'ufficializzazione dei nomi mi è stato chiesto di fare un cameo: onorato d'essere al servizio di una donna, un'artista con un'energia incredibile. Carismatica, imprevedibile. Non mi preoccupa che tutte le luci siano puntate su di lei, per me è già un onore esserci. L'effetto quinta teatrale ci sarà, ma è dovuto», dice lui. A completare la squadra, e ad alzare il tasso partenopeo dell'avventura, la versione con Alessandro Preziosi in programma per venerdì 9 febbraio.
Tutti pazzi per la Vanoni, insomma: «Non ho nessun segreto, nessuna ricetta: ma posso dire che la voce assomiglia allo stato dell'anima, è qualcosa di misterioso e di interiore». Che un cofanetto antologico, «Un pugno di stelle», prova adesso a riassumere, prima dell'ennesimo tour al via il giorno di San Valentino da Monza, con tappa a Napoli, teatro Augusteo, il 12 maggio.
Lei, intanto, è pazza di Ondina, il barboncino nero che è entrato nella sua vita dopo la morte dell'adorata Why: «L'ho portata qui, sta sempre con me, anche se all'Ariston è problematico portarla. Il suo arrivo mi ha aiutato a superare il dolore per Why, anche questo significa imparare ad amarsi, ad amare se stessi per stare meglio in mezzo agli altri, con gli altro. Per me non è indifferente che la canzone sia nata a Napoli: questo sarà il mio ottavo festival, ricordo con piacere quello che feci dividendo Alberi con Enzo Gragnaniello nel 1999». Più che vincere, le piacerebbe che fosse premiata, alla carriera, Milva, come ha proposto Cristiano Malgioglio: «Mi piacerebbe essere io a consegnarle il riconoscimento».
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