Baglioni & friends, ok il duetto è giusto: e un super Fiorello risveglia il festival

Baglioni & friends, ok il duetto è giusto: e un super Fiorello risveglia il festival
di Federico Vacalebre
Mercoledì 7 Febbraio 2018, 09:53 - Ultimo agg. 13:57
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Inviato a Sanremo

E fu Baglioni and Friends (and Partners, così abbiamo sistemato subito l'accusa di conflitto di interessi). Ancora una volta, più del cast fanno gli ospiti, più delle canzoni in gara contano quelle fuori concorso, solo che gli ospiti stavolta sono italiani e non internazionali, la solita compagnia di giro, prezzemolini in ogni maxishow live e/o televisivo. Cantautore, direttore artistico, dittatore artistico e architetto, Claudio ha utilizzato di volta in volta il titolo che gli conveniva per gestire il pasticciaccio brutto di via Matteotti 107, indirizzo dell'Ariston, terra dei cachi che tutto divora e digerisce, persino Elio e le Storie Tese, che un milione di anni luce fa entrarono qui come dei dissacratori e ora dicono addio, anzi «Arrivedorci» con mesta (ir)riverenza.
 

 

Certo che se hai dei Friend (and Partners) come Gianni Morandi è inevitabile giocare di nuovo ai «Capitani coraggiosi» e se lui si porta dietro il Friend (senza Partners) Tommaso Paradiso (Thegiornalisti) ti fa comodo e, soprattutto, se hai dei Friend (senza Partners) come Fiorello e li convinci a venire a giocare a Sanremo con te tutto è più facile, anche se Michelle Hunziker si limita a sfoggiare la scollatura, baciare il marito e papereggiare come d'ordinanza, Pierfrancesco Favino cerca il ritmo giusto e un ruolo e la Pausini con laringite rimanda la sua apparizione a sabato. La sfilata dei venti Campioni è lunga, il ritmo ben poco mosso dei pezzi, aggiunto alla banalità dei testi delle presentazioni preparati dagli autori (di cosa?) spinge al tedio e al telecomando, ma Mediaset ha rinunciato a qualsiasi controprogrammazione, roba da grande inciucio, da «grosse koalitione». Negli anni scorsi, sbandierando i risultati di share di Conti, si era gridato al recupero del pubblico giovanile: l'uomo della maglietta fina tanto stretta che ci immaginavamo tutto sarà riuscito a irretire anche la platea juniores o, almeno, a rimediare con legioni di mature fans riempiendo queste cinque serate di se stesso, le sue canzoni e quelle dei suoi colleghi cantautori d'antica scuola?

With a little help from his friend Rosario, Baglioni svela il meccanismo disegnato per il suo Sanremo, che poi è in sintonia con la cifra di una carriera: siglona collettiva con tutti i venti big a fare popo popò (la nuova sigla è una baglionata doc), e vai con il kolossal. L'inesorabile leggerezza del cantare coniugata con l'inesorabile pesantezza dell'accumulare, aggiungere, duettare, triettare, far finta di improvvisare, poetare pallido e assorto, citare Leopardi e se stesso senza cambiare passo, ospitare il cast al completo del film di Muccino. Quasi a chiedere: «A casa tutti bene»?
 

All'inizio di sicuro, anche perché l'incipit è tutto per il Fiore più richiesto nella riviera dei fiori. L'ora del Rosario scatta alle 20.46: «Apriamo il Festival: fammi uno stacco», ed arriva la sigla baudiana, «Perché Sanremo è Sanremo». Evocato Pippo, arriva l'irruzione - da copione? - di un uomo che si rivolge al procuratore di Sanremo: «Una volta si arrampicavano sulla balaustra, adesso non ti danno nemmeno lo sfizio di farsi salvare». Lui fa lo scaldapubblico: «Al mio posto giovedì verrà Erdogan, gli hanno detto che ci sono 1.200 giornalisti a piede libero». Poi un saluto ai vertici Rai («che se il 4 marzo vince il playboy di Orietta Berti...») e battute sul festival («l'unico dove non si eliminano i cantanti ma il pubblico»), Facchinetti («se lo eliminavano tutti i negozi che vincevano tinture per capelli fallivano»), il canone Rai («se non lo paghi ti tagliano la bolletta e se ti tagliano la bolletta non puoi vedere le serie Netflix e Sky»), i capitani coraggiosi Baglioni e Morandi (li imita tutti e due in un pastiche eccezionale in cui fonde i versi dell'uno con le musiche dell'altro): applausi a scena aperta. Poi CB presenta il suo Festival, promettendo di rimettere «di nuovo al centro le canzoni, arte povera, semplice, di poco conto. Coriandoli di infinito, neve di sogni, piccole cose che fanno piccoli miracoli, un pugno di riso, musica da fanteria». L'enfasi retoricobaglioniana c'è tutta, persino di più, poi bisogna chiamare gli spot: «E adesso la pubblicità», diceva un suo antico hit. Al ritorno in diretta si comincia davvero, apre Annalisa in versione sexy, chiudono Le Vibrazioni, poco da segnalare in mezzo se non Avitabile e Servillo, Gazzè, la Vanoni, e quel po' di brio che portano Lo Stato Sociale (con nonnetta ballerina sexy) e The Kolors. Ma in mezzo torna lo showman siculo per strappare risate, e una standing ovation, con il cantore del sabato pomeriggio sulle note di «E tu», con quel verso vituperato («accoccolati ad ascoltare il mare») da Antonio Ricci, finalmente un po' di sangue, un po' di polemica in tanto buonismo. Baglioni duetta pure con Morandi («Se non avessi più te»), con Favino («Bella senz'anima») e da oggi a sabato lo farà con tutti. Ma non avrà più SuperFiorello al suo fianco. Hai detto poco.
 

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