Le donne di Sanremo: «Giù le mani da Junior Cally»

Le donne di Sanremo: «Giù le mani da Junior Cally»
di Federico Vacalebre
Giovedì 23 Gennaio 2020, 07:38 - Ultimo agg. 20 Marzo, 05:27
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Junior Cally sì, Junior Cally no, la terra dei cachi. L'indimenticato anti-inno festivaliero di Elio e le Storie Tese accompagna l'attesa che si compia il fatal destino, che il rapper mascherato ma non troppo diventi il martire sacrificale di una sciagurata campagna mediatica impazzita, eliminando dalla gara la sua canzone «No grazie» per i «reati» sessisti commessi in passato a mezzo canzone, soprattutto in «Si chiama Gioia». Oppure che tutto resti gattopardianamente com'è, facendo finta che mezz'Italia - ieri si sono aggiunti dal governatore ligure Toti a Cgil, Cisl e Uil di nuovo unite nella lotta - non pretenda l'eliminazione retroattiva di un concorrente, in barba a regolamenti e diritto.

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Ma c'è anche chi dice no: Roberto Giachetti di Italia Viva («nel campo delle arti meglio un testo sgradevole, volgare, brutto, pesante, che qualunque forma di censura») al sindaco Pd di Bergamo Giorgio Gori («allora si sarebbero dovuti bandire Vasco Rossi e Jimi Hendrix per i versi very incorrect di Tutta colpa di Alfredo e di Hey Joe, ma persino Marco Masini per Bella stronza»).

A dire no, a chiedere libera canzone in libero Sanremo, sono soprattutto le donne del Festival: «Che il linguaggio dell'hip hop sia estremo, violento, anche sessista, lo sappiamo dagli anni 80, se ne accorse persino l'Ariston con le polemiche che accompagnarono l'arrivo di Eminem nel 2001», riflette Levante, in gara con «Tiki bom bom», brano contro la discriminazione di ogni diversità. «Non si censurano le canzoni, nemmeno dei rapper, tantomeno si censura qualcuno per quello che ha fatto, detto, scritto, cantato in passato». La chanteuse sicula non è convinta dal fervore pseudofemminista di questa vigilia: «Poche donne in gara? Facciamoci valere. Sono contro le quote rosa, voglio essere in gara perché valgo e ho una bella canzone, non come fimmina». Quanto ad Amadeus, «la sua frase sul passo indietro delle donne rispetto al loro uomo, è stata infelice. Era emozionato, voleva intendere un altro concetto, ma... il rischio è che con il vento che tira ci si convinca davvero che una donna deve stare al suo posto, alle spalle del suo uomo» conclude la trentaduenne, pronta a far uscire la versione espansa del suo ultimo album, «Magmamemoria», arricchito di brani live e bonus track.

In sintonia, Irene Grandi, che ieri ha provato all'Ariston la sua «Finalmente io»: «Con l'orchestra suona fighissima», racconta le neocinquantenne toscana, anche lei presto nei negozi con «Grandissimo» in nuova edizione: «Vasco Rossi ha dipinto per me e su di me questo brano, un rock che si giova dell'andamento ritmico degli archi per ribadire un semplicissimo concetto: non mi avrete mai come volete voi. Cresco, invecchio, ma non metto la testa a posto, non indosso le pantofole, non torno a Sanremo per fare la brava bambina. Anzi, difendo quelli che vengono accusati come bambini cattivi. Penso a Junior Cally: l'arte, anche le nostre canzonette, devono essere libere. Ripenso a Vasco, a quanti gli hanno dato del cattivo maestro, a quel verso politicamente poco corretto: È andata a casa con il negro, la troia. Lo vietiamo? E, soprattutto, buttiamo via tutte le antologie scolastiche che ci hanno fatto studiare Cecco Angiolieri? Quello che voleva uccidere padre e madre - non c'è bisogno di scomodare Jim Morrison - e mozzare la testa a mezzo mondo? E che dire di Stanley Kubrick? Ecco, forse più che censurare Junior Cally dovremmo fare attenzione a che cosa ci dice il rap, agli allarmi che ci manda: Arancia meccanica sembrò violento a qualcuno, oggi sappiamo come fosse una visione del futuro che ci attendeva».

Rita Pavone, 74 anni, in gara anche lei, preferisce non entrare nella polemica, mentre Ornella Vanoni, 85 anni, che all'Ariston ci sarà solo nella serata dei duetti, per dividere «La voce del silenzio» con Alberto Urso, è categorica in un suo Tweet: «Sono i giovani sani di mente, e ce ne sono tanti, che devono bloccare la partecipazione di Junior Cally perché questa è la musica che li dovrebbe rappresentare, è terribile osceno». Una posizione intermedia quella di Bugo, pronto alla tenzone in coppia con Morgan: «Ho letto paragoni con i testi di Vasco. Sono cresciuto con i dischi dei Beastie Boys, ma questi nuovi rapper mi sembrano dei giocattolini. Non so se sia giusto o sbagliato escludere Junior Cally, non sta a me deciderlo, ma un artista deve assumersi la responsabilità di ciò che dice. E provocare non ti rende automaticamente artista». Meno dubbi per Francesco Sarcina delle Vibrazioni: «Le critiche sono aria fritta. Un artista è libero di fare quello che vuole».

La Rai, intanto, difende Amadeus e il suo Festival, incentrato sul racconto dell'«universo femminile», e spiega che Rula Jebreal (25.000 euro di cachet, si dice) parlerà di violenza contro le donne, portando «un contributo totalmente slegato da temi politici». Interviene, ai microfoni di Rtl 102.5, persino il premier Conte per cui il Festival è «una grande vetrina, non solo musicale» in cui si deve dare «la possibilità a tutti di parlare, in piena serenità. Non avrei difficoltà, non farei polemiche pregiudiziali».
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