Sanremo, i Måneskin si riprendono il Festival ma c'è la polemica sul razzismo

Lo spettacolo diventa una maratona e finisce a notte tarda

I Maneskin sul palco di Sanremo
I Maneskin sul palco di Sanremo
di Federico Vacalebre
Giovedì 9 Febbraio 2023, 23:45 - Ultimo agg. 10 Febbraio, 12:03
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Inviato a Sanremo

Con 28 canzoni in gara è inevitabile fare notte fonda. La coppia Amorandi prova a tagliare tutto il tagliabile dalla scaletta, ma il rito sanremese ha i suoi tempi da rispettare, per non dire dei contrattempi, come i problemi di ascolto di Gianluca Grignani, che non se la prende con i fiori, ma interrompe la sua prova e la ripete: «A 50 anni ho imparato come si fa», spiega applaudito, mostrando la scritta «No war» stampata a grandi caratteri sul retro della sua camicia bianca. Appena finita la sua esibizione in rete scoppia il dibattito: «Ha bestemmiato?» A rivedere il video sembra di no, lui giura di no: «Ho detto “porto via”, non “porco..”, parlavo dei fiori».

Al posto della consegna del premio alla carriera a Peppino Di Capri - un calo di voce dovuto al freddo di questi giorni gli ha suggerito di rimandare ad oggi la sua esibizione - in scaletta viene inserito l’omaggio a Burt Bacharach, appena scomparso, che su questo palco accompagnò nel 2009 la Nuova Proposta Karima. 

Nella maratona canzonettistica il cortocircuito generazionale resta inevitabile e centrale e, in generale, anche più interessante della gara, che pure, con il responso di televoto e giuria demoscopica che si aggiunge a quello iniziale della sala stampa, inizia ad avere una classifica significativa.

Stasera, manche delle cover, sarà un concorso a parte, con un suo vincitore parziale, ma potrebbe influenzare non poco il podio finale. 

Intanto Gianni Morandi (78 anni) si confronta con Sangiovanni (20) sulle note di «Fatti rimandare dalla mamma a prendere il latte»: lanciato nel 1962 il twistettino del futuro premio Oscar Luis Enriquez Bacalov e di Franco Migliacci (arrangiamento di Ennio Morricone) fa ballare il pubblico del teatro. La nostalgia canaglia appena rinfrescata dal ragazzo lanciato da «Amici» funziona e si trasforma in una festa perfetta per i primi 60 anni di una deliziosa canzoncina stupidina esplosa quando impazzavano i 45 giri ed ancora in ottima salute al tempo della musica liquida.

 

E i Maneskin (ri)portano sulla scena dell’Ariston che li ha lanciati nel mondo la musica dei loro nonni, il rock. Un miniconcerto di una decina di minuti in cui i quattro inanellano con onesta grinta «I wanna be your slave», «Zitti e buoni», «The loneliest» e «Gossip», lanciando il nuovo album «Rush!», già in vetta alle classifiche di mezzo mondo, e il successivo tour internazionale, 500.000 biglietti già venduti. Ad irrobustire il sound dell’ultimo brano arriva, come su disco, la chitarra combat rock del leggendario Tom Morello (Rage Against The Machine, Audioslave). Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio sono l’ultima versione del sogno italiano, la sorpresa che si possa esportare nel mondo una musica che non sia melodica, anzi. Il Premio Città di Sanremo è la scusa che li ha riportati qui per il terzo anno consecutivo, loro fanno i bravi ragazzi, ringraziano, non spaccano gli strumenti, nemmeno i fiori, la platea li segue in piedi dall’inizio alla fine, nemmeno si può parlare di standing ovation.

Video

Lazza («Cenere») che regala i fiori alla mamma in platea, Madame («Il bene nel male»), Ultimo («L’alba»), l’apparizione fatale che corrisponde al nome di Elodie («Due»), Giorgia («Parole dette male»), Marco Mengoni («Due vite»), Colapesce-Dimartino («Splash», che ad ogni ascolto regala nuove sorprese), i promessi sposi Coma_Cose («L’addio»), Leo Gassmann («Terzo cuore»), Articolo 31 («Un bel viaggio») tengono desta l’attenzione sulla gara, ma il contorno non manca: Annalisa sul palco esterno; Guè su quello della nave; il ritorno di Massimo Ranieri, che canta «Lasciami dove ti pare» e si prepara ad un nuovo show, in maggio, su Raiuno, «Gli italiani hanno sempre ragione»; il monologo di Alessandro Siani, pronto all’uscita nelle sale del suo nuovo film, «Tramite amicizia».

Ma si aspetta il monologo di Paola Egonu, contestato preventivamente dal centrodestra per pregresse dichiarazioni della campionessa sul razzismo in Italia che lei dice di non aver mai pronunciato e che «Vanity Fair» conferma. «La frase sui figli è stata fraintesa. Non penso che far nascere un bimbo di colore in Italia lo condanni per forza all’infelicità. È un’esagerazione», prova a smorzare lei i toni in conferenza stampa. 

Ormai gli Amorandi, quasi come negli anni scorsi successe con gli Amarello, sono affiatatissimi: Gianni fa il retromodernista, il comico, il cantante. Ama fa il conduttore-condottiero boomer che ha raggiunto grazie a Chiara Ferragni un milione di follower su Instagram, sa improvvisarsi spalla, sa fare la faccia dura (l’ha mostrata per rispondere a Salvini, o per introdurre la non proprio memorabile esibizione di Angelo Duro). Nonostante la qualità delle canzoni non sia esaltante, nonostante la quantità delle canzoni sia decisamente eccessiva, il Festival va.

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