Alessandro Cattelan al teatro Augusteo di Napoli: «Ecco la mia nuova sfida tra sorrisi e canzoni»

Cattelan porta a Napoli il suo primo one-man-show

Alessandro Cattelan posa al suo arrivo all’Hangar Bicocca
Alessandro Cattelan posa al suo arrivo all’Hangar Bicocca
di Luciano Giannini
Venerdì 18 Novembre 2022, 11:05
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Andrà in scena da morto. E sì, il 26 novembre ad Alessandria, vicina alla natia Tortona, si presenterà da morto al pubblico con il suo primo one-man-show - titolo «Salutava sempre» - per arrivare, il 7 dicembre, all'Augusteo di Napoli. Sposato, due figlie, 42 anni, dinamico, intelligente, eclettico, parlantina rapida e concreta, Alessandro Cattelan è un nitido esempio di uomo di spettacolo dei nostri tempi, che a sette anni già annusava gli odori del palcoscenico come giurato allo Zecchino d'oro. Oggi è un conduttore radio-tv di successo, lanciato da Sky e con qualche problema di acclimatamento in Rai, ma anche scrittore, attore e calciatore: Ruolo? «Difensore centrale». Per chi tifa? «L'Inter, ma il Napoli è la mia seconda squadra, sono contento per Spalletti e i suoi ragazzi». 

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Cattelan, spieghi questa storia del morto in scena.
«Il pubblico sarà invitato a partecipare al mio funerale.

E io, dall'aldilà racconterò follie, ipocrisie e piccole manie della vita nell'aldiquà; è una finzione scenica per sottrarmi al giudizio della gente e sentirmi più libero di esprimere me stesso. Questo spiega anche il titolo. Salutava sempre sta per era una brava persona, quel che si è soliti ripetere sul defunto anche se, poi, tutto era tranne che bravo».

E quali follie, ipocrisie, piccole manie d'ogni giorno si notano da lassù che noi non vediamo?
«Parlerò di un ragazzo della mia età, che vive in un mondo iper-connesso, con figli iper-connessi, dove tutti sono invitati a esprimere giudizi e opinioni su tutto, anche in materie che ignorano. Abbiamo appena capito come si fa l'indifferenziata, ma dobbiamo dire la nostra... che so... sul nucleare. Oppure, prendi l'attivismo militante sull'ambiente, tema serio, complicato, che esige preparazione e non soluzioni semplicistiche, tipo salvare il pianeta Terra proibendo le cannucce di plastica nei succhi di frutta. Se non avete competenza, state zitti».

Quando ha deciso di accettare la sfida del teatro?
«Tre, quattro anni fa... forse più. Il mio manager mi suggerì: Dovresti far qualcosa fuori dagli studi tv, come un concerto. Al principio pensai a un'unica serata in un palazzetto. Poi è arrivata la pandemia. L'idea, però, mi stuzzicava: proporre momenti di show, canzoni, stand-up comedy, battute e interazione con gli spettatori, che inviterò da me sul palcoscenico».

Canzoni? Scenografia?
«Sì, qualcuna, tipo Broccoletti, la parodia trap, o I problemi sono altri, cantata con Ghali. Sentirete anche la voce di Francesca Michelin; ma saranno in salsa un po' diversa, nella versione adatta a un funerale. Lo stesso può dirsi per la scenografia, idonea alla circostanza».

Si sente più conduttore, scrittore, attore o calciatore?
«Calciatore, senza dubbio».

Ha smesso di giocare?
«No, ma da quando sto nel mondo dello spettacolo gioco sempre meno. Non avrei dovuto cominciare questo lavoro. Me ne sono reso conto quando era già troppo tardi».

Parliamo di «X-Factor». L'ha condotto per 10 anni. Perché è andato via? Problemi?
«No, il format è molto simile a se stesso, anche oggi. Cambiano le sfumature, la sostanza no. È un tentativo di creare nuovi talenti, che va ad annate, come il vino. Gente in gamba ce n'è, poi molto dipende dalla fortuna. Quanto a me, sentivo di aver fatto la mia parte».

Progetti? Tv? Nuovi romanzi? Da un po' non ne scrive.
«E va bene così. Ora faccio l'editore».

L'editore?
«Sì, ho fondato una casa editrice, per la narrativa. Si chiama Accento. E dal 10 gennaio riprenderò Stasera c'è Cattelan, su Raidue».

Un'ultima curiosità: Napoli, che cosa ne dice?
«Ci sono stato molte volte per lavoro, mi son sempre trovato abbastanza bene e, poi, io sono uomo di mondo. Direbbe Totò: ho fatto tre anni di militare a Cuneo». 

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