Fabrizia Ramondino, spunta il teatro inedito

Fabrizia Ramondino, spunta il teatro inedito
di Ugo Cundari
Lunedì 27 Dicembre 2021, 11:06
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Al centro del salone, in una vecchia casa un tempo aristocratica alle cui pareti sono esibiti enormi quadri di vedute del Vesuvio e della riviera di Chiaia, ci sono un pianoforte e altri strumenti attorno a un compositore. Lui ha l'aria di un disilluso. La sua carriera concertistica e compositiva non è mai stata di successo. Si confida con la madre. Poi con l'ex moglie, la figlia e il suo fidanzato. Ogni tanto entra in scena un domestico, prende una sedia o stacca un quadro e li porta via. Per venderli e sopravvivere o per placare un creditore. L'appartamento è destinato a rimanere vuoto e rappresenta una nobiltà, di casata e di proponimenti, decaduta.

È, questa, la vicenda al centro del dramma teatrale in tre atti «Stanza con compositore, donne, strumenti musicali, ragazzo» di Fabrizia Ramondino. È inedita e non è l'unica, ce ne sono altre cinque. Della scrittrice napoletana scomparsa a 72 anni nel 2008 erano note solo due opere per il teatro. Una è «Terremoto con madre e figlia» pubblicata da Il Melangolo nel 1994 e nello stesso anno messa in scena da Mario Martone con protagonista Anna Buonaiuto.

L'altra, della cui esistenza si è saputo da poco, è «Villino bifamiliare», in programma per la prima volta dal 28 aprile a Napoli, San Ferdinando, per la regia di Arturo Cirillo.

La Ramondino era molto amica di Cirillo, a lui ha letto alcune delle sue opere teatrali appena concepite ed è Cirillo l'unico a conoscerle tutte. «Più che a pubblicarle ci teneva molto a portarle in scena». Altre delle inedite, nei prossimi anni, saranno rappresentate nell'ambito di un progetto di lungo respiro che ha subito conquistato Roberto Andò, direttore del Teatro stabile di Napoli. Le sei opere inedite della Ramondino sono state scritte negli anni 90 e ricopiate a macchina dalla stessa autrice nella sua casa al borgo medioevale di Itri. A Cirillo ha consegnato copia dei dattiloscritti la figlia di Ramondino, Livia, oggi coreografa in Germania e unica erede dei diritti delle opere materne che stanno passando da Einaudi a Fazi con il quale a gennaio uscirà Guerra di infanzia e di Spagna, a novembre Althénopis.

Le pièce inedite spaziano dal divertissement al dramma con delitto. «Giovanna I d'Angiò regina di Napoli» è opera alla Jean Genet ambientata nel mondo teatrale napoletano degli anni '80 in cui una compagnia di attori prova un testo storico. «Caffè degli specchi (Opera buffa ma non troppo)» è ambientato in un bar di Trieste e racconta le vite degli avventori che, piano piano, scopriamo essere tutte intrecciate. «Invito a nozze» prende spunto dal matrimonio della figlia con un tedesco e racconta l'incontro di due culture, quella meridionale e quella teutonica. «Poggio senese con masso, vagabondo, gitanti» è una storia surreale che ruota intorno a un delitto. Infine c'è l'ironico «Tredici metri di stoffa turchese per foderare due divani».

«La drammaturgia di Ramondino, donna cosmopolita, plurilingue, sempre pronta a lottare per i più deboli, è difficilmente classificabile. Influenzata da Thomas Bernhard, ha amato Bertolt Brecht di cui tradusse La resistibile ascesa di Arturo Ui per un progetto di Toni Servillo che poi non si è realizzato. Se un tema dominante c'è, è quello dell'esilio, di un nomadismo geografico e dell'anima, sintomi di un rapporto mai del tutto risolto con i luoghi di origine. I suoi personaggi, spesso legati a persone realmente esistite, si trovano sempre in case che stanno per lasciare o in case che non sono le proprie. In Villino bifamiliare convivono due nuclei familiari e non si capisce se l'appartamento è un luogo di vacanza o prigione», spiega Cirillo.

Sempre pronta a partire, la scrittrice, la cui cifra letteraria è stata magistralmente sintetizzata dall'italianista Beatrice Alfonzetti in «una costante assenza di un'unica lingua, un'unica madre, un'unica casa», da ragazza girò tra Spagna e Francia. Dopo il terremoto la sua abitazione a palazzo Spinelli fu dichiarata inagibile e iniziarono lunghi lavori di ristrutturazione così lei abitò molte case di volta in volta procuratele dal fratello Giancarlo, architetto. Poi si trasferì a Itri, dove pure cambiò due case. «Esilio lo possiamo intendere rispetto ai luoghi, ma anche agli affetti, perciò nel suo teatro i riferimenti autobiografici sono continui», dice Cirillo.

Sposata, Ramondino ebbe sua figlia da una relazione extraconiugale, si lasciò con il marito e poi si allontanò anche dal padre della figlia. «La mia infanzia è stata girovaga, come poi la mia vita adulta» dice il protagonista, un uomo di mare senza nome né radici, di La via (2008), suo ultimo romanzo. Della sua Napoli lei ha sempre detto: «È una città che invoglia a partire», ma poi aggiungeva: «ma ti segue dovunque, come un'ombra».
 

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