I fratelli De Filippo al teatro San Carlo: «È una metafora dell'Italia»

I fratelli De Filippo al teatro San Carlo: «È una metafora dell'Italia»
di Alessandra Farro
Martedì 7 Dicembre 2021, 12:00
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Serata di gala doveva essere e serata di gala è. Segnale di ripartenza voleva essere, ma come segnale di ripartenza è quantomeno contradditorio. L'ingresso del San Carlo è illuminato da luci bianche e blu e la colonna sonora di Nicola Piovani risuona alle porte del teatro fino a raggiungere piazza Trieste e Trento per l'anteprima napoletana di «I fratelli De Filippo» di Sergio Rubini, con Mario Autore (nei panni di Eduardo), Domenico Pinelli (Peppino), Anna Ferraioli Ravel (Titina), Giancarlo Giannini, Vincenzo Salemme, Biagio Izzo, Marisa Laurito e Susy del Giudice, nelle sale dal 13 dicembre. Ma l'anteprima, nel giorno di debutto del super green pass, va in scena dopo un'indicibile ressa al botteghino, che ha suggerito a qualcuno di rinunciare e tornare a casa e ha scatenato polemiche sulla cattiva organizzazione dell'evento.

Il primo ad arrivare è il sindaco Gaetano Manfredi, che rimane fermo alle porte come una sentinella, in attesa di accogliere il presidente della Camera Roberto Fico e la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, che arrivano e lo salutano senza mai togliere la mascherina.

«Da napoletano posso dire che i fratelli De Filippo hanno segnato la mia vita e quella di tutti i partenopei presenti in sala», racconta Fico: «Sono loro che hanno rappresentato e creato l'immagine di Napoli nel mondo intero.

Che ne siamo coscienti o meno, hanno segnato anche il nostro immaginario: con tutto quello che hanno pensato, scritto e interpretato. Ora siamo qui per celebrare uno dei più grandi drammaturghi del Novecento e per questo ringrazio tutti quelli che hanno preso parte alla realizzazione di questo film e gli attori, che sono i veri protagonisti. Se penso alle grandi pause che Eduardo faceva qui, su questo palco, mentre recitava, rabbrividisco». 

È al San Carlo che, mentre l'eco della guerra, delle sirene, della ressa nei ricoveri era ancora viva, il 25 marzo 1945 Eduardo De Filippo andò in scena per la prima volta con «Napoli milionaria!», segnando l'atto di nascita del «Teatro di Eduardo».

«Questo film», rilancia Casellati, «parla di impegno e di orgoglio e di riscatto personale, di tre figli d'arte che avevano ereditato il talento ma non il cognome del grande Scarpetta. Di una madre premurosa che, affrontando sacrifici e umiliazioni, li ha cresciuti rivendicando uno dei temi più cari alle commedie di Eduardo: i figli sono tutti uguali. Tutto si riassume nell'esigenza di affermazione personale e artistica che avrebbe ispirato la carriera di tutti e tre i fratelli. Il resto è storia, quella del teatro napoletano, del miglior teatro italiano».

L'incipit è il momento più significativo del racconto del trio, ma Rubini non vuole fermarsi qui e pensa già al sequel: «Quando sono partito con questo film, otto anni fa», racconta in sala, «volevo raccontare il trio dei De Filippo come i Beatles: hanno rivoluzionato il teatro come la band inglese la musica. Ho voluto dividere in due parti il loro percorso, la prima, che vedremo la prossima settimana al cinema e che racconta la nascita dei tre, e la seconda, che si concentra sul loro successo e scioglimento e di cui ho già pronta la sceneggiatura, ma non siamo ancora in produzione. Per il momento mi godo questo grande risultato: portare il film a Napoli, al San Carlo, un onore oltre che una gioia per il suo significato storico. La famiglia De Filippo sembra la metafora dell'Italia: spesso partiamo da una situazione di svantaggio, ma la parte buona del Paese riesce frequentemente a ribaltare il proprio destino». 

 

I più emozionati sono i tre giovani attori che vestono i panni dei De Filippo, che, con sorrisi a trentadue denti, si prestano alle telecamere per raccontare la loro interpretazione. «Speriamo che la nostra versione dei fratelli piaccia», spiega Mario Autore (Eduardo): «Siamo molto orgogliosi e un po' impauriti, si tratta di una grande prova attoriale. Sono pronto alle critiche. Eduardo è un mito e ognuno è affezionato alla sua immagine. Spero che il passaggio non sia traumatico per il pubblico, ho cercato di essere fedele all'originale, per quanto umanamente possibile». Domenico Pinelli (Peppino) e Anna Ferrajoli Ravel (Titina) completano il trio delle meraviglie.

Sullo schermo, sia pur in piccoli ruoli, ma non in sala, vediamo anche qualcuno che con Eduardo ha lavorato, come Vincenzo Salemme, impegnato nella tournée di «Napoletano? E famme na pizza!», e Marisa Laurito, testimonial della Campania all'Expo Dubai: «Mi dispiace immensamente aver mancato l'appuntamento al San Carlo», confessa lei al telefono, «quando ho visto il film mi sono commossa, Rubini restituisce al popolo napoletano una grande fetta della sua tradizione e lo fa magistralmente: la storia che lui racconta rispecchia alla perfezione quella che noi tutti conosciamo, con le sue grandi sofferenze e altrettanto grandi atti di coraggio. Racconta il peso di una grande eredità culturale che noi napoletani ci portiamo dietro».

La fine è da metacinema. Sullo schermo c'è un Eduardo ormai vecchio sul palco del San Carlo. E il San Carlo si alza in piedi per applaudire Eduardo, il San Carlo, Rubini, i suoi attori. E dare un segnale di ripartenza, magari la prossima volta organizzato meglio.

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