Kent Nagano al festival di Ravello:
«Il mio Wagner con sorpresa»

Kent Nagano al festival di Ravello: «Il mio Wagner con sorpresa»
di Donatella Longobardi
Giovedì 1 Luglio 2021, 12:00
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«Il mio Wagner a Ravello? Ci sarà una sorpresa, qualcosa emerso dal mio progetto interdisciplinare condotto per cinque anni sul compositore tedesco». Kent Nagano inaugura stasera sul palco di Villa Rufolo la sessantanovesima edizione del festival insieme con la Deutsches Symphonie-Orchester di Berlino, con lui la moglie pianista Mari Kodama. Un festival, e una fondazione, che dopo il caso del presidente nominato e dimesso, Antonio Scurati, non rinuncia alla musica. E al suo genius loci, Richard Wagner. Si parte così con l'«Idillio di Sigfrido» prima del concerto per pianoforte e orchestra n. 4 di Beethoven e la terza sinfonia di Schubert. «Purtroppo le restrizioni dettate dalla pandemia ci hanno costretti a ridurre il programma del concerto e scegliere pezzi non troppo lunghi, ma sarà un'esecuzione straordinaria pensata e realizzata solo per Ravello», spiega il celebre direttore nippo-americano, già a capo della Hamburg State Opera, 70 anni a novembre e l'entusiasmo di un ragazzino. Nagano dal febbraio scorso è direttore emerito dell'Orchestra sinfonica di Monreal, dove è stato direttore musicale fino al 2020 (premiatissima la loro ultima incisione con brani di Ginastera, Bernstein e Moussa). Ma il musicista mantiene un rapporto speciale con l'ensemble berlinese col quale torna a Ravello invitato dal direttore artistico Alessio Vlad, a quattro anni dal loro primo trionfale concerto in costiera.

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Maestro Nagano cosa ricorda di quell'esperienza?
«Per lungo tempo mi è restato negli occhi il frame di un film...

credo di aver scoperto uno dei luoghi più belli sulla Terra, dove si combinano insieme la bellezza della natura e della storia, ricca e antica. E fare musica in questo contesto è davvero unico».

Suonare open air non le crea problemi?
«L'acustica? C'era grande concentrazione. La nostra orchestra non è molto numerosa e quindi è più facile creare un'atmosfera particolare».

La scelta del programma?
«Ho pensato a qualcosa di classico e molto romantico, proprio come è romantica Ravello. Un ponte tra la classicità di Beethoven e uno Schubert giovanissimo qui influenzato dallo stile italiano e da Rossini».

E il suo Wagner?
«Mi ci sono avvicinato relativamente tardi. Avevo dei problemi con Wagner, come persona, con le sue idee vicine al nazismo. Un personaggio molto controverso. Mentre studiavo con Messiaen, però, affrontai il problema con lui. Mi disse che non avrei dovuto confondere la musica con il musicista, con l'autore. Insomma, una cosa è la personalità dell'artista un'altra quello che realizza. Così pian piano ho scoperto un genio della composizione».

E così è nato anche il progetto dedicato al «Ring» con il Concerto Köln?
«Sì, abbiamo realizzato un esperimento singolare, Wagner readings. Per 5 anni abbiamo esclusivamente studiato la sua musica col metodo della performance storica nel tentativo di capire le voci che utilizzava, gli strumenti dell'epoca, la conformazione del teatro di Bayreuth dove faceva eseguire i suoi lavori».

E alla fine?
«Due settimane di assemblamento ed esecuzioni con strumenti d'epoca per restituire quelle atmosfere. Ma le idee raccolte mi servono ora per affrontare Sigfrido, un pezzo nato prima del Ring e dedicato alla moglie Cosima Liszt come regalo di compleanno».

Lei lo esegue qui con la Deutsches Symphonie-Orchester.
«In effetti tra noi c'è un feeling speciale. Già da 15 anni è terminato il mio contratto fisso con loro e mi hanno voluto direttore onorario. Ogni volta che ci ritroviamo è come se ci fossimo lasciati il giorno prima, come una famiglia. È un gruppo molto professionale, suonano con passione e amore. Una cosa rara».

Anche con loro lei esegue repertori del Novecento, questo aiuta ad avvicinare i giovani alla musica classica?
«Non è solo questione di musica più o meno contemporanea. È questione di qualità. Noi abbiamo una grande responsabilità: i giovani hanno grande sensibilità e non possiamo proporre loro una stanca routine. Vogliono scoprire qualcosa di nuovo, qualcosa che colpisca la loro immaginazione. Per questo dobbiamo offrire loro il meglio, senza compromessi. A Berlino, Montreal, Amburgo, avevamo il problema della mancanza di giovani nelle sale. Ora puntando al meglio abbiamo invertito la tendenza, nelle sale ci sono sia giovani che anziani. Abbiamo costruito un nuovo pubblico».

Lei ha diretto musiche di Frank Zappa, ma ha anche lavorato con Bjork e Sting, queste collaborazioni sono da leggere in questo senso?
«Certo. La ricerca della qualità e, nello stesso tempo, della novità. Quando c'è la grande qualità non esistono più divisioni, pop, rock, Novecento, sperimentale, jazz. Bjork per me ha cantato Schoenberg Pierrot lunaire e ha aperto una nuova prospettiva. Sting e Vanessa Redgrave hanno lavorato alla Histoire du soldat di Stravinskij. Sono artisti eccezionali, una grande sorpresa, un ponte tra culture. Lo racconto nel mio libro di recente tradotto in inglese Classical music: expect the unexpected e nel prossimo in uscita in Germania 10 lessons of my life. La musica classica non può essere solo un hobby per le élite. Credo molto nelle nuove generazioni, ma non dobbiamo dimenticare le responsabilità nei loro confronti».

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