Milano, alla prima della Scala dieci minuti di applausi per l'Andrea Chénier. Teatro blindato, pochi politici

Milano, alla prima della Scala dieci minuti di applausi per l'Andrea Chénier. Teatro blindato, pochi politici
di Rita Vecchio
Giovedì 7 Dicembre 2017, 17:33 - Ultimo agg. 9 Dicembre, 20:09
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Dieci minuti di applausi hanno salutato la prima dell'Andrea Chénier con cui stasera a Milano si è inaugura la stagione della Scala. Teatro blindato, assenti le più alte istituzioni dello Stato, tanti vip e molti rappresentanti della Milano che conta. E' arrivata invece Maria Elena Boschi che però non è passata dall'ingresso principale ed è entrata da una porta laterale del teatro. Prima dell'inizio dell'opera è stato eseguito l'Inno di Mameli: tutto il pubblico si è alzato in piedi ad ascoltare sia in platea che nei palchi. 

Gli applausi. Alla chiusura del sipario dell'opera di Umberto Giordano su libretto di Luigi Illica, capolavoro del verismo italiano che ha inaugurato questa sera la stagione del teatro lirico milanese, con la direzione di Riccardo Chailly e la regia di Mario Martone, generale è stato il consenso, con calorosi battimani, grida di 'bravi!', lanci di fiori e di coriandoli dorati dal loggione. Gli applausi hanno accomunato tutti gli interpreti, ma sono stati più intensi per Anna Netrebko (Maddalena), ormai beniamina del pubblico scaligero avendo riscosso grandi consensi in altre due prime inaugurali: nel Don Giovanni del 2011 e nella Giovanna d'Arco del 2015.

L'opera. Lei veterana, ha duettato col marito debuttante alla Scala, Yusif Eyvazov, apprezzato Chénier. Ai consensi per entrambi è stato accomunato l'altro protagonista Luca Salsi nel ruolo di Gérard. Ma l'ovazione è stata per Chailly che non ha lasciato spazio ai tradizionali applausi dopo le sei romanze in omaggio al volere di Giordano e al «suo ritmo serrato del tempo teatrale, quasi fosse una sceneggiatura cinematografica». E sono stati applauditi anche il regista Martone e gli autori di scene Margherita Palli, costumi Ursula Patzak, luci Pasquale Mari e coreografia Daniela Schiavone oltre agli altri componenti la compagnia di canto. È evidente che, al di là della direzione d'orchestra e delle voci, è piaciuta la regia, fedele alla rappresentazione di una vicenda di "amore e morte" inserita in un contesto storico preciso: la Rivoluzione Francese.


 

 


Chailly e Martone. «Si è sentita la pulsazione Scala, la volontà collettiva di tutti di partecipare», è stata questa secondo Chailly la chiave del successo dell'Andrea Chenier. «C'era una volontà di tutti di dare il meglio, erano partecipi del fatto che tornava un capolavoro amatissimo» che alla Scala mancava dall'85. È stata una scommessa coraggiosa, sia per il titolo sia per il cast, ma secondo Chailly «in teatro ci vuole coraggio». «Ogni volta che nei giovani c'è un moto di ribellione nasce una rivoluzione, che è come un fiore» e può appassire, sono state alla fine le parole di Martone, aggiungendo che «la violenza vera non è quella delle piazze ma dei tribunali, quando si istituzionalizza. Questo lancio è quello che amavano Umberto Giordano e il librettista Illica».

Netrebko e Eyvazov. «Ci sono ancora sette repliche e faremo anche meglio»: promette Netrebko dopo lo spettacolo. Quattro anni fa, ha conosciuto il marito cantando con lui Manon Lescaut diretta da Riccardo Muti a Roma, da allora spesso è salita sul palco con lui e lo ha fatto anche stasera alla Scala, in un ruolo che ha messo il riflettore soprattutto su di lui. «Abbiamo voci che si armonizzano perfettamente» ha spiegato assicurando che il bacio in palcoscenico è stato vero. «Eravamo nervosi, soprattutto lui ma abbiamo avuto tanto supporto da tutti - ha aggiunto - Stasera c'era un gran pubblico».

«Questa sera è andata molto meglio di quanto pensassi e sperassi. È stata la serata più emozionante della mia vita e ringrazio ogni singolo spettatore che c'era per il sostegno che mi ha dato», ha detto alla fine, in una sgargiante giacca di velluto rosso, Eyvazov, al debutto alla Scala. «Contro i pregiudizi vince l'amore», ha aggiunto.

I politici. Il ministro della Cultura Dario Franceschini e il governatore Roberto Maroni sono arrivati insieme. «Ogni sette dicembre tutto il mondo guarda Milano e l'Italia, tutti i riflettori sono accesi», ha commentato il ministro. «Ci siamo noi ed è quello che conta. Roma ci snobba? Va bene così, viva Milano», ha detto Maroni, rispondendo alle domande dei giornalisti sulle assenze del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del premier Paolo Gentiloni. In platea invece il ministro dell'Economia Piercarlo Padoan.

Il sindaco di Milano Giuseppe Sala con la compagna Chiara Bazoli ha dichiarato: «C'è poca politica? A dicembre succede sempre qualcosa per cui parte della politica è impegnata altrove». «Ho sentito tutti e si sono scusati, ma va bene così. È una festa milanese», ha aggiunto il sindaco. Il sottosegretario Claudio De Vincenti invece ha sottolineato: «La prima della Scala è la prima dell’opera lirica italiana, cioè di tutto il nostro paese. Ed è il meglio della nostra tradizione dell’unità di’Italia». «La politica assente? Non è vero. Ci sono dei rappresentanti. E poi non facciamo opera per i politici ma per chi ama l’opera», ha sostenuto il sovrintendente Alexander Pereira.

In platea tra gli ospiti, fra gli altri, anche il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, il presidente di Consob Giuseppe Vegas, il direttore del Messaggero Virman Cusenza, il presidente di Cassa depositi e prestiti Claudio Costamagna. Tra i primi ad arrivare nel foyer del teatro, il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi e l'ex ministro Paola Severino. 

Boschi. «E' la mia prima volta alla Scala», ha detto la sottosegretaria accompagnata dal fratello Emanuele, «e sono particolarmente contenta anche per questo, mi mancava. Ho girato tutti i teatri principali italiani ma qui non ero ancora stata». Il primo atto «mi è piaciuto molto - ha continuato - ho avuto il piacere di andare a salutare il maestro e la soprano, straordinaria. Il pubblico ha apprezzato il ritorno dopo tanti anni di questa rappresentazione». Boschi ha poi detto di amare «molto l'opera: da giovane studentessa a Firenze ero abbonata alla stagione operistica. Adesso ho un po' meno tempo, ma quando si ha la fortuna di avere serate come queste, cerco davvero di prendermi una pausa da tutto il resto e immergermi nella bellezza del teatro, della musica e dell'opera».    

 
 


I commenti. Piace l'Andrea Chenier messo in scena da Martone, ma suscita qualche perplessità il suo interprete, il tenore Yusif Eyvazov, marito della più celebre soprano Anna Netrebko. «Quando coro, cantanti, direttore e
tutti sono al meglio è difficile batterci», ha detto Pereira. C'erano timori all'inizio per il tenore Yusif Eyvazov. «Di stelle questa sera - ha detto - ce ne erano tante. Yusif ha cantato con grande finezza, ma tutti lo hanno fatto e questo ha creato il successo che è stato».

L'opera è «sublime, non si può dire nulla di malvagio nemmeno del tenore - dice al primo intervallo Daniela Javarone, presidentessa degli amici della lirica -. Lo avevo scartato a un concorso qualche anno fa perché era un omone con una gran voce ma senza scuola e invece vedo che ha studiato, ha le tonalità giuste, ci siamo quasi». È quel quasi che non convince Lella Curiel: «La Netrebko è bravissima, il marito ce la fa». Più dura la soprano Silvia Colombini: «La Netrebko è grandissima ma forse non dovrebbe esporre un marito così giovane». Apprezza particolarmente la regia di Mario Martone l'etoile Roberto Bolle: «È un'opera quasi cinematografica che coinvolge molto». Fuori dal coro la soprano Cecilia Gasdia, alla quale il tenore è sembrato «fantastico e con nervi d'acciaio». 

I look e il rosso. La prima scaligera si veste di rosso, colore della passione, e di blu, in omaggio alla Francia, dove si svolge l'opera. Tante le signore che, per il tradizionale appuntamento di Sant'Ambrogio, hanno osato il più audace dei toni, a partire dalla padrona di casa, Daniela De Souza, moglie del sovrintendente Alexander Pereira, e tante quelle che hanno risposto con il più raffinato dei colori, come Maria Elena Boschi, in lungo e con i capelli raccolti.

Per vestirsi in rosso alla Scala ci vuole una certa dose di coraggio, ma questa sera l'opera invitava alla sfida. «Di solito vesto in nero, ma quest'opera parla di sangue e passione e il rosso mi sembrava giusto e poi fa tanto festa» dice Margherita Buy, elegantissima in un abito lungo firmato Armani.

Trasferta milanese anche per Lavinia Biagiotti, tutta di rosso vestita, dall'abito in paillettes al cappotto con boules dorate fino agli stivali di vernice. Rosso passione «in omaggio a Maddalena» anche per Giovanna Salza, moglie di Corrado Passera, in Roberto Capucci, e per la statuaria Natasha Stefanenko, in Antonio Riva, che ha vestito in amaranto anche la misteriosa Ivona Korda, signora croata vagamente somigliante alla cantante Lana Del Rey, che di sé ha detto solo di essere «una moglie», senza però specificare di cosa si occupi l'altrettanto affascinante marito degli Emirati Arabi. Entra in sala mettendo in mostra il tatuaggio temporaneo con scritto 'Rinasci dalla dignità' il soprano d'arti Silvia Colombini: «Il mio - spiega - è un messaggio contro la violenza sulle donne, perché nel secondo atto di quest'opera si consuma un tentativo di stupro».

Si cambia completamente scenario con la pattuglia in blu, capitanata da Lella Curiel, che rilancia «il tailleur classico destrutturato perché questa è la prima della Scala, il simbolo di Milano». Orgogliosamente in blu Claudia Buccellati in Valentino di pizzo, Emma Marcegaglia in velluto Dior con scollatura abissale, Laura Morino Teso «in azzurro Francia», Marinella di Capua «in blu Balestra», la moglie dell'avvocato Cesare Rimini in Armani vintage. 

In nero la più bella di tutte, l'attrice Matilde Gioli, in un capolavoro di nude look firmato Armani privé, ma anche Ippolita Martone, moglie del regista, in chiffon Ferretti e la signora Monti in Curiel. In cipria firmato N21 Chiara Bazoli, compagna del sindaco Beppe Sala, in beige Biagiotti Carla Fracci, in bianco monospalla Rosa Cracco, che ha scelto un abito Redemption «perché metà dei compensi vanno in beneficenza». Capitolo a parte per la chirurga Dvora Ancona che, anziché un abito, per la prima si è fatta fare da Antonio Riva un costume da madame Pompadour con tanto di panier, faux cul, crinoline e 130 rose di seta bianca.

Imponenti le misure di sicurezza. Le forze dell'ordine hanno schierato 900 uomini e la zona intorno al teatro è stata completamente transennata. A ogni varco posizionati uomini con metal detector. Così come è tradizione che il 7 dicembre, Sant'Ambrogio, si svolga la prima del teatro lirico più famoso di Italia, altrettanto tradizionali sono le proteste.

Davanti a Palazzo Marino prima dell'inizio dell'opera schierati un gruppo di ragazzi del comitato inquilini e del centro sociale Il Cantiere che, come ogni anno, hanno organizzato una «sfilata» alternativa a quella che va in scena al Piermarini. «La prima della Scala non può trasformarsi ogni anno nella sfilata del lusso per pochissimi», ha spiegato una rappresentante degli antagonisti che hanno appeso striscioni con la scritta «people before profit» e allestito una «baracca occupata».



 

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