Teatro. La Napoli del '43 rivive nel «cunto» di Enzo Moscato

Teatro. La Napoli del '43 rivive nel «cunto» di Enzo Moscato
Venerdì 27 Settembre 2013, 17:33 - Ultimo agg. 18:18
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Big del teatro napoletano uniti nel ricordo della liberazione di Napoli dai nazisti. Su testi di Enzo Moscato e immagini sceniche di Mimmo Paladino il 28 e 29 settembre per le manifestazioni del 70esimo anniversario delle Quattro Giornate di Napoli promosse dall’assessorato alla Cultura del Comune va in scena al Teatro Nuovo di via Montecalvario "Napoli ’43. Scenario evento per il 70esimo ‘D.day’ napoletano", un "cunto storico" affidato a un cast di 25 interpreti.



Lo spettacolo sarà poi in scena dall’1 al 13 ottobre ed è una produzione della Compagnia Teatrale Enzo Moscato; il disegno luci è di Cesare Accetta, i costumi sono di Tata Barbalato, le musiche originali di Claudio Romano. Interpreti della pièce lo stesso Moscato e Antonio Casagrande, Benedetto Casillo, Cristina Donadio, Salvatore Cantalupo, Gino Curcione, Ciro D’Errico, Enza Di Blasio, Gino Grossi, Carlo Guitto, Rita Montes, Serena Furfaro, Paco Correale, Salvatore Chiantone, i giovani Giuseppe Affinito, Caterina Di Matteo, Francesco Moscato, Giancarlo Moscato, Manuela Mosè, con la partecipazione di Lucia Celi, Rosa Davide, Donatella Sbriglia, e i piccoli Maria Pia Affinito, Isabel e Oscar Guitto.



Napoli ’43 è la suite aspra e armoniosa di affascinante Cunto Leggendario degli eventi, dei sentimenti e delle figure popolari della gloriosa epopea che i Napoletani condussero nelle 96 ore tra il 28 settembre e il 1° ottobre 1943 per scacciare i Tedeschi dalla città. Il racconto a più voci di un evento memorabile che, come ha scritto lo storico Guido D’Agostino, resta, nella tragica parabola del Nazismo, ”l’unica sconfitta popolare subìta dall’esercito tedesco nel mondo, come lotta e scelta di pace…e con relativamente poche armi”, che fece di Napoli la prima città in Europa per valore d’eroismo.



“Napoli ‘43 – dichiara l’autore e regista – è un lavoro su frammenti.
Un lavoro fatto su scampoli, ritagli, lembi esigui di qualcosa che una volta è stato intero. Non un vero e proprio lavoro da sarti, no, questo sarebbe presuntuoso. Piuttosto un umile lavoro da aggiustatore, da rimediatore, da risanatore, se possibile, di ciò che ora è lacerato, rovinato, irrimediabile, nella sua interezza e integrità, che un tempo, certo, ha avuto. E’ questo il senso – l’unico senso – che può avere oggi, per noi, lavorare e riflettere sulle convulse e radiose giornate che i Napoletani vissero, per circa 100 ore, nel lontano settembre-ottobre 1943”.
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