Via alla stagione dello Stabile,
De Fusco: «La varietà ci premia»

Via alla stagione dello Stabile, De Fusco: «La varietà ci premia»
di Luciano Giannini
Martedì 17 Ottobre 2017, 18:51 - Ultimo agg. 18:57
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Mira a varietà e qualità: «I festival possono essere tematici, le stagioni dei teatri no. Meglio siano eclettiche, come la nostra, aperte a Santanelli e a Eschilo, a Schiller, Pirandello e all'Anatra all'arancia, ma comunque in allestimenti di eccellenza». Luca De Fusco ha il merito di avere le idee chiare. Per lui, direttore dello Stabile di Napoli dal 2011, la stagione che si aprirà mercoledì 15 al San Ferdinando con «Uscita di emergenza» (Santanelli) e il 25 al Mercadante con «Sei personaggi in cerca d'autore» (Pirandello), ultima del primo triennio da Teatro Nazionale, ha il sapore e il piacere di una faticosa vittoria.

Perché, De Fusco?
«Le incresciose vicende legate al sequestro del Mercadante per la questione dell'impianto antincendio, il ritardo con cui abbiamo presentato i cartelloni, il timore di non terminare in tempo i lavori sono una ferita ancora aperta. Ma ce l'abbiamo fatta, le scadenze sono state rispettate e, soprattutto, per la prima volta nella storia di questo Stabile, il Mercadante ha l'agibilità definitiva».

Qual è il senso della stagione 17-18, articolata nei tre cartelloni del Mercadante, del Ridotto e del San Ferdinando?
«L'ottimismo della volontà. Quando l'abbiamo programmata non conoscevamo il nostro destino. Il teatro era ancora chiuso, ma noi, quasi per esorcismo, abbiamo voluto più spettacoli, più nomi illustri e più varietà rispetto al passato: dalla tragedia greca, su cui punteremo anche in futuro, al puro intrattenimento di buon gusto ed eleganza, agli attori, da Rigillo, Di Palma, Serra, Gaia Aprea, Angela Pagano, a Giulia Lazzarini, Maddalena Crippa, Preziosi e Barbareschi; e come Eros Pagni, un valore aggiunto, che sarà protagonista di Sei personaggi, ma dovrebbe tornare nei prossimi anni perché con lui, il regista Sciaccaluga e lo Stabile di Genova stiamo mettendo a punto un progetto di collaborazione».

E al San Ferdinando?
«Come in passato, proporrà soprattutto il teatro dei dialetti, rivisto alla luce della contemporaneità, a partire dalla drammaturgia napoletana, l'unica che ha acquisito... io lo chiamo il diritto di chiamata (al proscenio). Quello veneto si è fermato al Settecento con Goldoni, noi l'abbiamo ancora, non solo con Moscato, Ruccello e Santanelli ma, oggi, con Mimmo Borrelli o l'emergente Antonio Piccolo».

Le presenze straniere sono anche più prestigiose.
«Tuminas, Stein, Tolcachir, Alfredo Arias che rilegge un nuovo Viviani sono tra i nomi più insigni della regia mondiale. Tolcachir in Italia lo inventai io, chiamandolo al Mercadante quando dirigevo il Napoli Teatro Festival. Quanto a Tuminas, invito gli abbonati, ancora indecisi sui titoli, a sceglierlo. I suoi spettacoli seducono tutti per il trionfo della coralità. Sembrano opere liriche in prosa. Peter Stein non ha bisogno di presentazione, e Arias ci sorprenderà con Eden Teatro».

C'è un solo titolo di danza, stavolta.
«È vero, ma dipende dal fatto che non abbiamo chiuso in tempo l'accordo per un altro spettacolo. Al suo posto, però, c'è Masquerade di Tuminas, e il rammarico si attenua. Comunque, rimedieremo nella prossima stagione. Il Cda ha già approvato una rassegna stabile di danza contemporanea per il prossimo triennio».

Pompeii Theatrum Mundi, la stagione estiva nel Teatro grande degli Scavi, tornerà?
«Certo. Con la Soprintendenza abbiamo firmato un accordo quadriennale. Il bilancio della prima edizione è stato ottimo, con il tutto esaurito a ogni rappresentazione». 

Qual è lo stato di salute dello Stabile?
«La chiusura forzata del Mercadante ci preoccupava, ma contiamo di chiudere la campagna abbonamenti senza perdite. La situazione di bilancio è serena, aspettiamo i nuovi fondi europei della Regione, la linfa vitale che ci ha permesso di essere e restare, per ora, Teatro Nazionale. Altrimenti non potremmo assicurare il livello così copioso di attività che il Ministero richiede. Diversa è la situazione di cassa, ma, come sanno ormai in tanti, la mancanza di liquidità dipende dal ritardo con cui i soci pagano. Insomma, contiamo sui fondi europei della Regione, che ringraziamo per l'attenzione mostrata finora, fiduciosi che voglia preservare l'unico Teatro Nazionale del Sud».

A quanto ammonta il budget a disposizione dello Stabile?
«In questo primo triennio, non ancora concluso, sta tra gli otto e i dieci milioni di euro». 

Quali speranze avete di restare Teatro Nazionale anche nel prossimo triennio?
«Per il 2017 il Ministero ha aumentato il proprio contributo di 80 mila euro, più di quanto abbia dato agli altri. È un segnale di stima. Entro il 31 gennaio prossimo dovremo presentare la domanda. Nella primavera conosceremo le decisioni della commissione».

Anche l'attività internazionale è cresciuta. 
«Quest'anno porteremo Eden Teatro al Théâtre de l'Athénée Louis-Jouvet di Parigi; mentre alla Maison des Artes di Créteil diretta dal coreografo Josè Montalvo andrà in scena una mia regia, D'estate con la barca, con Gaia Aprea, tratta da un racconto di Giuseppe Patroni Griffi. Ma ci sono in cantiere nuove collaborazioni con russi e francesi, mentre abbiamo rinnovato l'accordo con il festival cileno di Santiago a Mil. E a novembre, con la Aprea e Paolo Serra, sarò all'Istituto italiano di cultura di Mosca per una masterclass sugli allestimenti pirandelliani».

Resta un sogno nel cassetto?
«Sì, lavorare con un po' di serenità in più; far crescere il pubblico e l'attività internazionale, i due successi maggiori della mia direzione. Dal 2011 gli abbonati sono triplicati e abbiamo dato inizio a una consuetudine di rapporti con l'estero che prima non esisteva».
 

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