Con ventitré remake in tutto il mondo, un record da Guinness dei primati, «Perfetti sconosciuti» è entrato nella storia del cinema. E ora il suo regista Paolo Genovese, dopo aver vinto con quel film amatissimo dal pubblico due David di Donatello e tre Nastri d'argento, ha alzato l'asticella della sfida e ha deciso di portare la stessa storia in teatro (a Napoli debutterà al Diana il 26 aprile). Un gruppo di amici durante una cena decide di fare il gioco della verità mettendo a disposizione degli altri il proprio telefonino: si parte da lì, dalla scoperta dell'intimità di ciascuno nascosta in una sim, ma non mancheranno le novità. A cominciare dal cast, che questa volta punta su Dino Abbrescia, Alice Bettini, Marco Bonini, Paolo Calabresi, Massimo De Lorenzo, Anna Ferretti, Valeria Solarino. E dal diverso rapporto con gli spettatori in platea.
«Al di là delle caratteristiche tecniche, è proprio questo l'aspetto più interessante. Nel cinema prendi per mano il pubblico e lo conduci dove vuoi, lo porti a vedere i dettagli che hai deciso di mostrare, il teatro accade qui ed ora ed è un unicum, è come se girassimo una sola scena di un'ora e mezza, perché lo sguardo del pubblico è libero di spostarsi in un ambiente dove ha tutto a disposizione» dice il regista in una pausa dei lavori di Cortinametraggio, il festival dei corti arrivato al diciottesimo anno con la direzione appassionata di Maddalena Mayneri. «Quindi, il progetto è stata più complicato di quanto potessi immaginare, ma anche entusiasmante. Già me ne ero reso conto qualche anno fa a Buenos Aires vedendo l'allestimento teatrale del film: la grande partecipazione emotiva degli spettatori faceva la differenza, era come se anche loro fossero seduti intorno al tavolo e prendessero parte alla discussione. Io ero in platea ed era bello sentire ridere la gente, mi sono goduto lo spettacolo». Come sarà la messinscena? «Molto realistica, volevo che fosse cinematografica. La casa sarà una casa, non una semplice quinta, e gli attori cucineranno i loro piatti e mangeranno come in una vera cena». Il cast è completamente rinnovato: «Volevo vedere come attori con caratteristiche diverse da quelle dei protagonisti del film lo avrebbero interpretato. Ognuno ha portato sfumature personali alle caratteristiche della sceneggiatura originale, una lettura che mi è piaciuta molto». «Perfetti sconosciuti» è un debutto assoluto anche per Paolo Genovese: «Non sarà l'unica volta, voglio scrivere un testo per il teatro, mi piace sentire le reazioni del pubblico in sala. Sarà che, una volta finito, il film non è più tuo, mentre su uno spettacolo teatrale puoi lavorare tutte le sere ed è una sensazione bellissima».
A Cortinametraggio il regista è di casa. Al festival portò il suo primo corto, «Piccole cose di valore non quantificabile» e da lì spiccò il volo, prima con la versione breve di «Incantesimo napoletano» e poi con il film dallo stesso titolo realizzato sempre a quattro mani con Luca Miniero. Per Maddalena Mayneri è un testimonial d'eccezione della rassegna («la passione e l'energia che mi trasmettono i registi che decollano da qui mi danno la forza di continuare» dice la direttrice, pensando già all'edizione del 2024. A proposito, quest'anno il miglior corto è stato «The Delay», il preferito della stampa «Nono piano a sinistra»). Come le è sembrato il concorso di quest'anno, Genovese? «C'erano molte buone idee originali, forse andrebbe un po' rafforzata la drammaturgia. In ogni caso, è bello che nelle proposte ci sia una grande varietà di generi, nessuno dei giovani autori in gara si è adagiato su strade già battute e questa originalità fa ben sperare nel futuro del cinema italiano».
Reduce dalla bella affermazione dell'ultimo film, «Il primo giorno della mia vita», e dalle riprese della sua prima serie televisiva per Disney+, «I leoni di Sicilia» dal romanzo di Stefania Auci sulla famiglia Florio, il regista ha già l'agenda piena di nuovi programmi: «Sto lavorando su tre progetti e non ho ancora deciso a chi darò la precedenza, la scelta è sempre il momento più difficile».