Sal Da Vinci, La fabbrica dei sogni torna in teatro: «Vado dove mi porta il cuore»

«Il Covid interruppe lo spettacolo, non volevo sprecare l'impegno profuso per prepararlo»

Sal Da Vinci riapre la fabbrica dei sogni
Sal Da Vinci riapre la fabbrica dei sogni
di Luciano Giannini
Mercoledì 10 Maggio 2023, 12:00
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Per l'estate prepara uno spettacolo musicale con un titolo che sintetizza al meglio la sua filosofia: «Segui il cuore». Sì, Sal Da Vinci ascolta sempre il proprio cuore e lo proietta nella prossima stagione, dove lo vedremo a teatro con uno show tutto nuovo, di cui anticipa soltanto: «Racconterò la mia vita assieme ad attori e musicisti». E segue il cuore anche oggi, riprendendo «La fabbrica dei sogni», commedia musicale del 2019, «che in 34 repliche all'Augusteo, prima della pandemia, registrò il tutto esaurito». Il titolo sarà da stasera al Diana in un allestimento - aggiunge Sal - nuovo almeno per il 40 per cento». Col protagonista saranno Fatima Trotta, Ciro Villano, autore con lui della drammaturgia, Daniela Cenciotti, Ettore Massa, Carlo Caracciolo, Enzo Fischetti e Alfonsina Venosa. Si aggiungano dieci ballerini, le coreografie di Marcello e Mommo Sacchetta, gli arrangiamenti e la direzione musicale di Adriano Pennino.

Sal, perché riprende lo spettacolo?
«Il Covid lo interruppe e non volevamo sprecare l'impegno profuso per prepararlo...

Pensi, facemmo quasi 50 giorni di prove».

L'ispirazione originaria dello spettacolo?
«In tre parole: il sogno, la follia, l'emarginazione».

Spieghi.
«Io e Ciro abbiamo voluto cantare un inno a tutti coloro che hanno voce a metà, che fabbricano sogni ma faticano a realizzarli; a chi, come me, resta un eterno sognatore».

In un manicomio abbandonato vive un cantautore.
«Con lui sono altri artisti, avanzi della società, con tanta voglia di restare ancorati a un mondo esterno che li rifiuta, perché diversi».

L'ordine di abbattere quelle vecchie mura per farne un business milionario è il motore dell'azione.
«Alla fine, la casa dei matti incarnerà i loro sogni teatrali e musicali. «I folli sani non credono ma sono i loro sogni. Li distingue una condizione esistenziale che alleggerisce amplifica le note del cuore; e mostra loro cose che i normali non vedono».

Le canzoni in scaletta in questo nuovo allestimento?
«Una ventina, tra i miei successi, i brani scritti per l'occasione o attinti da altri: È mezzanotte; un medley con Je so' pazzo e M'aggia curà; Non riesco a farti innamorare; Da lontano; "Fin dove c'è vita; una struggente Tu sî na cosa grande; La fabbrica dei sogni, Tu stella mia, Nanà, Matti...».

Tra i suoi maestri dichiarati, con suo padre Mario e con Claudio Mattone, brilla il nome di Roberto De Simone.
«Gli devo molto. In un periodo complicato mi chiamò per "L'opera buffa del Giovedì santo". Da là ricominciai per arrivare dove sono. Grazie a lui mi riavvicinai al teatro e non l'ho lasciato più».

Ci permetta una domanda sul privato. Lei ha 54 anni. che cosa vuol dire essere diventato nonno per la terza volta?
«Significa assaporare la gioia. Da giovani si corre troppo velocemente per apprezzare le sfumature preziose della vita. Si deve andare avanti e non mollare. Poi, per fortuna, arrivano i nipoti. E ti cambiano la vita». 

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