San Carlo, la stagione al via. Emma Dante: «Trans, preti e suore per la mia Bohème»

San Carlo, la stagione al via. Emma Dante: «Trans, preti e suore per la mia Bohème»
di Donatella Longobardi
Sabato 9 Ottobre 2021, 08:53 - Ultimo agg. 15:08
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«Ci sono trans, preti, suore e prostitute, una coppia di sposi che vola come nei quadri di Chagall, Marcello che dipinge murales e ricorda Toulouse-Lautrec e una stella cometa che rimanda a quella di Banksy. Ma questa promiscuità non distrugge l'opera, in fondo è tutta una favola di amore e morte». Emma Dante racconta la «sua» «Bohème» che il San Carlo presenta da martedì 12 (ore 20) con quattro repliche fino al 19 ottobre. Dopo venti mesi di stop una prima con tutti i crismi, poi a novembre la seconda inaugurazione con l'«Otello» di Martone. Per il capolavoro di Puccini previsto un vero allestimento con le scene di Carmine Maringola, costumi di Vanessa Sannino. Grazie alle nuove disposizioni governative, il teatro sarà pieno al 100 per cento della capienza, in platea anche il ministro Franceschini. Sul palco speciali mascherine solo per il coro e distanziamento. Nel cast: Selene Zanetti (Mimì), Benedetta Torre (Musetta), Stephen Costello (Rodolfo), Andrzej Filonczyk (Marcello), Pietro Di Bianco (Schaunard), Alessandro Spina (Colline), Matteo Peirone (Benoit e Alcindoro).

«Nel secondo atto ho 200 persone in scena, anche il coro di voci bianche, in questo momento dobbiamo salvaguardare l'arte ma sopratutto la salute», dice la regista siciliana che ha ambientato l'azione in un'epoca immaginaria e non in una soffitta parigina o al caffè Momus come vuole il libretto.

Il suo è un mondo fantasioso fatto di tetti e comignoli, una sorta di condominio abitato da strani personaggi interpretati dai suoi attori-mimi. E un Rodolfo con una spalla rotta e solo una mano libera per stringere quella gelida di Mimì. Il tenore americano Costello, passeggiando in galleria Umberto I, di fronte al teatro, nei giorni scorsi è scivolato su un marmo bagnato e si è fratturato il braccio destro. «È stato come volare sul ghiaccio», racconta, «i marmi sono molto belli però.... Pensavo di dover abbandonare la produzione, temevo di non poter rendere al pieno l'idea della regista e di pesare sui colleghi, invece sono stati tutti carini con me e anche in ospedale è stato più semplice che negli Stati Uniti». «In effetti alcune cose che avrebbe dovuto fare lui le faranno gli altri membri del cast, durante le prove si è creata una bella atmosfera, è come una grande famiglia, i cantanti si aiutano l'un l'altro e chi se ne frega dell'handicap di Stephen, non ho cambiato nulla. Chi non ha giocato una volta con un soldatino senza una gamba?», chiarisce la Dante. Le fa eco il sovrintendente Lissner: «Perdere Costello sarebbe stato come rompere il progetto nato due anni fa, più volte rinviato e ora finalmente realizzato», dice. E ringrazia il governo perché il San Carlo sarà in pratica il primo teatro ad aprire a capienza totale dopo le restrizioni antiCovid. La risposta del pubblico c'è già: «Avevamo una sorta di lista d'attesa, si sta esaurendo rapidamente. Diversamente da altri teatri europei dove è difficile avere il tutto esaurito a Napoli gli affezionati non mancano e c'è voglia di tornare in sala», aggiunge il direttore generale Emmanuela Spedaliere.

A presentare lo spettacolo anche il coordinatore dell'area artistica Ilias Tzempetonidis, il direttore del coro Josè Basso e il soprano Selene Zanetti che sarà Mimì ed è certa che «tutto sarà più magico con un Rodolfo infortunato». Più felice di tutti però sembra il direttore musicale Juraj Valcuha, al suo quinto titolo pucciniano dopo «Fanciulla», «Tosca», «Turandot» e «Rondine». «È stato bellissimo ed emozionante tornare finalmente in buca dopo quasi due anni di spettacoli senza né scene né costumi, è come se il teatro abbia riaperto gli occhi», osserva: «Nonostante il distanziamento tra i musicisti dell'orchestra ho potuto lavorare sul lato cameristico della partitura che ha molti rimandi a opere giovanili di Puccini ed è come dipinta in una sorta di impressionismo orchestrale: si vedono i fiocchi di neve, i raggi di sole, una Mimì che sorprende sempre morendo sulle note della più celebre romanza del primo atto».

Elemento, questo, sul quale torna Emma Dante: «Mimì è predestinata. Lo sappiamo che morirà e questo ci fa soffrire. Certo, lei è dispiaciuta dal fatto che Rodolfo la molla. È un uomo un po' debole, non ha il coraggio di accompagnarla verso la fine. Su questo mi sono dannata, ma adoro quest'opera. Insomma, Mimì e Rodolfo si amano, a prescindere quel che è scritto nel libretto». Sui testi della lirica la regista non risparmia critiche agli autori del passato. E porta come esempio «Cavalleria rusticana», «un libretto datato, che fa male al cuore, nonostante la bellissima musica». Con i versi di Illica e Giacosa della «Bohème» sembra essere meno drastica perché, sottolinea, «in fondo è una storia d'amore». Un amore che per Emma Dante esce dalla soffitta e sale sui tetti dove i protagonisti cercano calore vicino ai comignoli come i clochard sulle grate del metrò e danzano tra le nuvole come in «Mary Poppins»: «È una torre di Babele dove tutti parlano la stessa lingua, la lingua della solidarietà, un condominio vicino al cielo dove miseria vera e nobiltà dell'amore convivono, un mondo in miniatura che ricorda il mondo dei giocattoli», insiste la regista chiamata per la prima volta a firmare una regia lirica nel 2009 da Lissner, allora alla Scala. Ora la prima volta al San Carlo: «Lissner mi invita nei posti dove non sono mai stata e ritorno bambina. I miei occhi iniziano a sognare». E il suo sogno si trasmette alla platea: «Siamo noi a decidere cosa è pubblico e cosa è privato. Volevo protagonisti mondani, inseriti nel mondo della contemporaneità e li ho messi a contatto col mondo fuori dalla soffitta in cui erano relegati. Mimì esce dalla finestra. L'interno c'è ma vediamo quel c'è fuori. Anche Benoit, il padrone di casa che chiede il pagamento del mensile, arriva arrampicandosi sui comignoli. I costumi sono senza tempo e questo mondo si anima con l'arrivo di Parpignol e vediamo giocattoli viventi anche un po' inquietanti ma bellissimi, vestiti di colori sgargianti e pezze vecchie, anche questo è bohèmienne».
 

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