Vittorio Marsiglia fa 80 anni: «Devo tutto ai brufoli»

L'attore napoletano si racconta al Trianon

Vittorio Marsiglia
Vittorio Marsiglia
di Luciano Giannini
Sabato 18 Marzo 2023, 09:58 - Ultimo agg. 19 Marzo, 07:39
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«Da giovane ero timido e brufoloso. A Castellammare, sulla spiaggia, c'era uno, brufoloso come me, ma chino e femmene. Perché? Suonava la chitarra! Ah, così è? E allora me metto a suna' pur'io. Pe' fa' acchiappanza! Ma succedeva che io restavo a sunà' e gli altri acchiappavano». L'aneddoto svela Vittorio Marsiglia, la sua ironia e l'ottimistica visione di vita: «Per me la bottiglia è sempre mezza piena». Chansonnier e attore, maestro della macchietta e della canzone umoristica, patrimonio napoletano che ha avuto il merito di tutelare, Vittorio ha compiuto 80 anni l'8 febbraio. E li festeggerà oggi e domani al Trianon. Con lui, in scena Mariano Perrella, musicista e compositore, che cura anche la regia dello spettacolo («eravamo insieme già nel 64»); Mario Vicari («è stato il pianista di Proietti»); e Isabella Alfano («una romana che canta la melodia napoletana meravigliosamente. L'ascolterete in "Canzone appassiunata", "I te vurrìa vasa'", "Bambenella"...»). «80 show»: questo il titolo.

Marsiglia, che cosa farà?
«Racconterò in parole e musica il mio percorso artistico.

Niente sproloqui. Una chiacchierata leggera, saltando qua e là tra gli anni. Nel mio pubblico ci sono persone che mi seguivano quando erano fidanzate e ora tornano con i loro figli. Che cosa bella!».

In scaletta?
«Novità e classici... "Arcangelo Bottiglia", "Arrabbiati, canaglia", "E non sta bene", "I due gemelli", "Canto malinconico"».

La macchietta, vediamo... una caricatura in musica con cui si esasperano le caratteristiche di un tipo umano che già nella realtà si presta a essere deriso. D'accordo, Vittorio?
«Giusto ma evitando volgarità sfacciate. Doppio senso sì ma garbato. Altrimenti, sarebbe facile far ridere».

Come vanno gli 80 anni?
«Se non fosse per qualche reumatismo, non me ne accorgerei. Sto tranquillo. Perché sono sereno. Ma da sempre. Mi diceva Arbore: "Tu non sei trasiticcio". Aveva ragione. Non ho mai sgomitato. Evito, perché sono pigro, non mi va di litigare. Troppa fatica. Ho accettato quel che dalla vita mi è venuto. Mo sto a Ischia. E sto bene. Passeggio, vado a pesca. Non dico che mi sento stanco, ma quello che ho fatto ho fatto».

L'ottimismo... Forse perciò ha scelto la macchietta come forma espressiva.
«Sì, per dare emozioni positive... e anche perché quando cantavo cose serie, facevo ridere».

E come scoprì il genere?
«Carlo Molfese, impresario dell'epoca. Il merito è suo».

Quando cominciò tutto?
«Con tanti gruppi, negli anni 50. Nella mia Benevento gli Ula Ula; a Napoli gli Albatros, i Gufi Verdi, I Bravi. Era l'epoca del night. Poi, nei 60, con Mariano cantammo i Beatles nei Sanniti. Suonavo il basso».

Il basso?
«Sì. La verità è che sono un chitarrista fallito».

E la carriera di solista?
«Negli anni 70, come autore per Aurelio Fierro e la sua casa discografica, la King Universal».

Cosa la spinse a lasciare la band?
«Suonavamo a Ischia. La gente, il giorno dopo, ci chiedeva gli autografi sulla spiaggia, ma i gestori dei locali ci confondevano con i camerieri. Non c'era rispetto. E dissi: basta».

Una svolta, che la segnalò come attore, fu «Isso, essa e o malamente».
«Esatto, con Angelo Fusco e Corrado Iannuzzi, la parodia della sceneggiata, teatro nel teatro. Dopo quello spettacolo di successo, girai film con Franco e Ciccio, Scola, Nanni Loy, Pazzaglia, Luciano De Crescenzo. Ho recitato perfino in lingua ungherese, con Franco Nero».

E ha lavorato con svariati maestri: Fabrizi, i Giuffré, Bramieri, Carosone, Corrado...
«Fabrizi, a sipario chiuso, volle conoscermi: "Aho, ma tu sei na bestia de palcoscenico"».

Bramieri?
«Litigammo. Doveva far ridere soltanto lui».

Carosone?
«La simpatia. E musicista o vero! Quando suonava, se fermavano e rilorge"».

Esilarante la «Francesca da Rimini» di Petito con i Giuffré.
«Dovevamo fare "Pascariello, surdato cungedato", ma durava un'ora. E il regista, Gennaro Magliulo, ci propose quelle due paginette, che contenevano una bomba comica. In camerino Aroldo Tieri entrò gridando: "Questo è teatro". Ma il più grande è stato Corrado Mantoni. Ero con lui nel "Pranzo è servito" su Canale 5. La gente lo amava. Mi ha insegnato la modestia, la simpatia, e la sovranità del pubblico».

Progetti dopo il Trianon?
«Turnà' a Ischia».

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