Il commissario Ricciardi, Antonio Milo: «È stato Maione che ha scelto me, come lui amo giustizia e genovese»

Il commissario Ricciardi, Antonio Milo: «È stato Maione che ha scelto me, come lui amo giustizia e genovese»
di Oscar Cosulich
Domenica 28 Febbraio 2021, 09:32
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«In tempi non sospetti, molto prima che si parlasse di una riduzione tv del ciclo di romanzi, i fan di Maurizio de Giovanni avevano fatto un gioco per indicare gli attori che secondo loro avrebbero potuto interpretare i personaggi delle avventure del commissario Ricciardi. Per il brigadiere Maione avevano indicato proprio il mio nome, quindi possiamo dire che questo è stato davvero un caso in cui è il personaggio che mi ha scelto». Antonio Milo, 52 anni, nato a Castellamare di Stabia, è il partner di scena del commissario incarnato da Lino Guanciale nella serie diretta da Alessandro D'Alatri, che viaggia su Raiuno a una media di sei milioni di spettatori a puntata.

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Milo, lei come si è avvicinato al personaggio?
«Innanzitutto come lettore, dieci anni fa: la serie del commissario mi ha avvicinato alla scrittura di de Giovanni.

E man mano che leggevo quei romanzi più mi identificavo in Maione».


Perché?
«La sua descrizione fisica è molto vicina alla mia corporatura, poi mi riconosco nella sua napoletanità: il brigadiere ha un forte legame con la famiglia, un profondo senso della giustizia, sa cos'è l'amicizia e gli piace la genovese».


E come si è preparato, poi, sul set?
«Grazie alla direzione di D'Alatri ho lavorato sul rapporto con Ricciardi, che stimola in Maione un senso di paternità. Abbiamo lavorato sul lutto di Maione, la perdita del figlio ha creato in lui un vuoto emotivo che prova a colmare proprio nel rapporto col suo commissario».

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Lei e Guanciale non potreste essere più diversi (proprio come accade nei romanzi), ma l'alchimia è innegabile.
«Non avevo mai incontrato Lino, anche se conoscevo e apprezzavo il suo lavoro d'attore. Sul set, curiosamente, ci siamo conosciuti prima come personaggi e poi come persone».


In che senso?
«Le riprese erano cominciate il 23 maggio 2019, con quello era chiamato il blocco Maione, perché Lino era impegnato su un altro set. Il giorno che finalmente lui ha potuto raggiungerci io mi ero appena truccato e sono uscito dal camper col vestito di scena quando mi sento chiamare: Ue' Maione, andiamo?. Era Lino, anche lui truccato e vestito, per me è stato naturale rispondergli Ue' commissaà, scendo subito. Solo dopo quel ciak ci siamo presentati come Lino e Antonio, nel nostro primo incontro eravamo tutti e due calati nei rispettivi personaggi. L'alchimia è nata subito perché Lino, oltre ad essere un bravissimo attore, è una brava persona e tra noi è nata una vera amicizia, un sentimento che abbiamo usato quando recitavamo».


Avete iniziato le riprese nel mondo pre-Covid, ma la pandemia ha colpito prima che poteste finirle.
«Ci eravamo fermati nel novembre 2019 e avremmo dovuto riprendere nel febbraio/marzo successivi per girare le ultime due settimane rimaste. Con il lockdown abbiamo dovuto aspettare la fine di luglio per poter completare le riprese, con tutti i protocolli di sicurezza. Non è stato facile girare con 40 gradi all'ombra e un costume di pannno pesante, indossando la mascherina tra un ciak e l'altro. Ma noi almeno potevamo lavorare, se penso a come sono messi i teatri e gli esercenti cinematografici, la loro è davvero una situazione drammatica».


E sì che in questi lunghi mesi si è capito quanto l'arte sia necessaria per il bene della nostra mente.
«L'arte, che questa sia teatro, cinema, televisione, musica scultura, pittura, letteratura, poesia, danza, è il cibo dell'anima. Se ci tolgono questo cibo l'anima muore e l'umanità regredisce. O, per meglio dire, anziché uomini diventiamo degli automi».

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