Magie a bocca chiusa: il ventriloquo Antonio Diana sbanca "Tù sì que vales"

Magie a bocca chiusa: il ventriloquo Antonio Diana sbanca "Tù sì que vales"
di Giovanni Chianelli
Venerdì 21 Ottobre 2022, 15:16 - Ultimo agg. 15:40
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Quattro “sì”, giudici in visibilio e pubblico a bocca aperta. Mentre lui, la sua, l’ha tenuta tutto il tempo chiusa, e lo stesso è riuscito ad animare il suo personaggio. Antonio Diana, di Villaricca, è attore per professione e ventriloquo per passione. La sua abilità nel dare voce ai pupazzi si è rivelata, recentemente, su una vetrina nazionale: “Tù sì que vales”, il programma di Canale 5 con Maria De Filippi, Gerry Scotti, Teo Mammucari, Rudy Zerbi in giuria, Sabrina Ferilli nel ruolo di rappresentante del tribunale popolare, Belén Rodríguez, Martín Castrogiovanni e Alessio Sakara in conduzione.

Un plebiscito per Diana: tutti ad applaudire e chiedergli come si fa, a parlare senza parlare, a far credere che sia quella prolunga di stoffa a esprimersi, ad animarla mentre si sta concentrati sulla voce che sale dall’interno.

Già, come si fa? “Tecnica e allenamento” dice Diana, che ha 42 anni e da una ventina fa anche teatro civile al “Madrearte”, nel suo paese alle porte di Napoli. «Sette anni fa ho deciso di imparare i rudimenti della ventriloquia. Ho studiato con Samuel Barletti, un maestro. Mi ha detto subito che ero molto portato». Era portato, dice, per via della formazione teatrale: “Con la recitazione e il canto si acquisisce la base, cioè il lavoro del diaframma. Poi bisogna portare la voce in “maschera”, come si dice tecnicamente, ovvero nella parte alta del corpo che ha vari, insospettabili fori, tra cui naso e zigomi”. Dopodiché fare uscire suoni, senza essere visti, dall’unico che è deputato ad amplificarli: la bocca. E meno si aprono le labbra, spiega, più vuol dire che il lavoro sta riuscendo bene.

Ma c’è altro e riguarda la coordinazione con l’oggetto che si è deciso di animare: «Ciò che si fa con la voce è la base, dopo viene il meglio: muovere il pupazzo, metterlo in linea con ciò che si sta dicendo, e nel frattempo cercare di non osservarlo per dare naturalezza a questo surreale colloquio». Roba da batterista, in pratica. Nel numero che ha fatto a “Tu si que vales”, ad esempio, c’è un pappagallo che si ribella a Diana e, dotato di animazione autonoma, sostituisce il suo “padrone” con Zerbi di cui diventa, a sua volta, il ventriloquo. Difficoltà, mille. E pure bere un bicchiere d’acqua, metafora della semplicità, diventa durissimo se mentre lo fai continui a parlare, come Diana ha dimostrato di essere capace davanti a una stupefatta De Filippi, la più curiosa tra i giurati delle sue gesta, mentre Scotti faceva complimenti a tutti e due, il ventriloquo e il volatile. Tra gli ingredienti della sua prova la napoletanità: quando il pappagallo decide di abbandonarlo intona “povero ventriloquo/ha perduto il pappagallo”, sulle note di “Povero gabbiano”, il pezzo cult di Gianni Celeste. Oppure, ma questo in tv non lo ha fatto, riesce a far parlare le sue creature come il governatore Vincenzo De Luca.

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Ora è in semifinale, la prossima settimana viene trasmessa la puntata in cui torna a esibirsi: “Sarebbe un sogno andare avanti ma già così mi accontento. Posso farmi pubblicità e aumentare le domande per i miei spettacoli”. Diana da tempo è molto richiesto: feste, teatri di provincia, villaggi. «Ho uno show in cui faccio parlare 15 pupazzi, una storia completa». E contemporaneamente quanti se ne possono animare? «Io massimo 3, alcuni maestri anche di più». In ultimo, il rapporto col pupazzo: «A volte ho la sensazione che abbia una sua reale autonomia, tanto che il gioco in cui lo immergo è ben costruito». Dissociazione dalla propria creatura, fino a credere che abbia una sua intelligenza intrinseca: magari si rischia la sanità mentale, ma il divertimento e la magia sono assicurati.

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