Ragazzi di 16 anni, appartenenti a diversi Sci Club e provenienti da ogni parte d’Italia, che si sfidano nella splendida ambientazione delle Dolomiti. Sono i protagonisti di “Campioni di domani”, il nuovo talent sportivo-culturale che si svolge sulle nevi di Cortina D’Ampezzo, alla vigilia dei Campionati del Mondo di Sci Alpino. Il programma, ideato e condotto da Massimiliano Ossini e Lino Zani, andrà in onda da domani al 19 febbraio, ogni giorno alle 17.30 su Rai2, e racconterà non solo il talento sportivo, ma anche i volti, le storie e le motivazioni che portano questi giovanissimi ad affrontare i sacrifici necessari per diventare i campioni del futuro.
Come è nato “Campioni di domani”?
«È nato dalla collaborazione tra me e Lino Zani, che condividiamo la montagna e lo sport, così abbiamo ideato questo format in cui 24 giovani sciatori, 12 ragazzi e 12 ragazze, si sfideranno in una gara di sci e poi anche in un quiz generale sulla storia della montagna e sui protagonisti dello sport.
Un nuovo format sulla montagna, dopo “Linea bianca”.
«L'amore per la montagna è nato quando ero piccolo, i miei genitori mi portavano in un paesino che si chiama Pizzoferrato Valle del Sole, in provincia di Chieti, lì ho iniziato a camminare, a entrare nei boschi, poi per tanti anni non l'ho più fatto ma quando ci sono tornato è stato come riscoprire un amore. Per me ormai la montagna è diventata come una vera e propria terapia contro lo stress, contro i problemi quotidiani della città, della civiltà, perché ti riporta ad una sorta di attenzione che rivolgi verso se stesso, nel tuo io più personale, e quindi rimetti al centro le cose più importanti, soprattutto rallenti il tempo della frenesia, di tutto ciò che ci circonda».
Ai mondiali di Cortina mancherà Sofia Goggia: che risultati prevede per gli italiani?
«Quella di Sofia Goggia è una grande perdita, è una grande donna e una grande atleta. Per le donne ora ho visto in gran forma la Bassino e per gli uomini il ritorno di Innerhofer e il grande Paris. Quindi speriamo che possono veramente essere loro i protagonisti».
Che ne pensa della decisione di tenere chiusi gli impianti sciistici per il Covid?
«In un momento difficile, in cui non si sapeva neanche l'andamento della pandemia, è stato anche giusto chiuderli, perché per me è preoccupante pensare ai soccorsi: sugli impianti ci sono sempre una media di 20-30-40 persone che si fanno male, se gli ospedali erano pieni per l'emergenza Covid bisognava pensare a delle tendostrutture per il primo soccorso... Quindi è stata una decisione molto dura, per il momento difficile del paese, ma necessaria. Adesso che comunque i casi si sono abbassati, gli impianti si possono, anzi si devono riaprire, per dare ossigeno a tutta la montagna: dietro a un impianto di sci ci sono aziende che lavorano, ci sono non solo gli impiantisti ma i pizzaioli, gli hotel, gli agricoltori che vendono i loro prodotti lì e tutte le aziende che lavorano per l'abbigliamento per la montagna. Il problema sarà la gestione nei rifugi e le code, ma se viene fatto in maniera intelligente, con attenzione, si può ripartire. Poi ognuno di noi deve essere responsabile e non abbassare la guardia».
Lei e la sua famiglia avete avuto il virus: c'è qualcosa che vorrebbe dire ai negazionisti?
«Sì, personalmente sono stato male per un paio di giorni e non in forma gravissima, ma io che sto sempre attento, alla fine sono stato il primo ad ammalarmi. Penso che questo virus non è da sottovalutare: ci sono persone che hanno sofferto di più, persone che hanno sofferto di meno, persone che non ce l'hanno fatta. A chi sottovaluta questo problema dico di avere rispetto verso gli altri e quindi di rispettare anche tutte le regole».
Tutti dedicati alle vette sono i suoi libri, due dei quali pubblicati di recente: “Kalipè. Lo spirito della montagna”, “Kalipè. Il cammino della semplicità” e “Le montagne rosa”.
«Sì, raccontano le mie esperienze in montagna, l'ultimo è anche fotografico e descrittivo dei percorsi che ho fatto nelle Dolomiti, dove al centro ci sono comunque le storie delle persone che ho incontrato, e faccio in modo che venga voglia di uscire di casa e andare a visitare quei luoghi, che non sono solo belli a livello visivo ma ti lasciano anche qualcosa in più».
Di recente è stato nominato Cavaliere della Repubblica: che effetto le ha fatto ricevere l'onorificenza?
«Sono contentissimo, è un'onorificenza datami in giovane età proprio per il lavoro che, da vent'anni, sto svolgendo per il territorio, per portare avanti la storia delle persone, l'economia e la bellezza, continuerò a farlo e credo che questa sia la mia mission».