Maurizio Costanzo è morto, l'ultima passerella del re dei talk show

Maurizio Costanzo
Maurizio Costanzo
di Luciano Giannini
Sabato 25 Febbraio 2023, 08:58 - Ultimo agg. 16:35
5 Minuti di Lettura

È stato un onnivoro; un onnivoro uomo di giornalismo, di spettacolo (e di potere), che ha inciso nella società e nel costume di oltre mezzo secolo italiano. «Nun te reggae più», cantava Rino Gaetano riferendosi anche a lui.
Meglio sarebbe elencare ciò che non ha fatto, piuttosto che il contrario. Ma, ecco: giornalista, scrittore, poeta, sceneggiatore, conduttore e autore in radio e in tv, attore, regista, drammaturgo, scopritore di talenti, direttore di giornali e canali tv, direttore di teatri e festival (tra gli altri, Città Spettacolo a Benevento), docente universitario (mai laureato), paroliere, paladino antimafia; massone iscritto alla loggia P2 di Gelli; titolare di società di comunicazione e produzione; si aggiungano quattro matrimoni e tre figli, di cui uno adottivo Gabriele, (Camilla e Saverio, avuti da Flaminia Morandi, sono una sceneggiatrice e un affermato regista). Ieri, nella sua Roma, dove nacque il 28 agosto 1938, è morto a 84 anni Maurizio Costanzo (oggi e domani camera ardente in Campidoglio, lunedì alle 15 i funerali nella chiesa degli Artisti, in Piazza del Popolo a Roma, il ministro Sangiuliano ha disposto eseque solenni, che Canale 5 trasmetterà in diretta).

È andato via in mattinata, nella clinica Paideia dove era stato ricoverato poco più di una settimana fa per un piccolo intervento. Negli ultimi giorni le sue condizioni sono peggiorate.

Il giornalismo («a nove anni già mi scrivevo un giornale da solo») fu la sua pedana di lancio. Appena diciottenne, da poco ragioniere, eccolo a «Paese Sera», spinto da Montanelli: «Volontario! Cioè lavoravo e non pigliavo una lira». Quindi al «Corriere mercantile» di Genova e a «Sorrisi e canzoni TV», per cui intervistò Totò; nel '60, caporedattore di «Grazia». E qui già si intravede la vocazione a tingere spesso di rosa la cronaca tout-court. La direzione della «Domenica del Corriere» ('78) e quella del tabloid «L'occhio» (79) lo confermano.

Nel 63 Luciano Rispoli lo chiamò a «Canzoni e nuvole»: diventò autore radiofonico. Il ragazzo aveva stoffa e creatività. Altrimenti, non avrebbe scritto con Ghigo De Chiara «E se telefonando» ('66), per Mina. E non avrebbe inventato (con Villaggio) il personaggio di Fracchia.

L'irresistibile ascesa ebbe come sfondo il tormentato BelPaese dei 70 e una parola: talk-show. In Italia il primo a farlo fu Rispoli con «L'ospite delle due»; ma a sfondare fu lui, in tappe travolgenti: «Buon pomeriggio», alla radio; quindi «Bontà loro» (76-'78) dove, tra l'altro, lanciò Luciano De Crescenzo; poi, «Acquario» (78-79) e «Grand'Italia» (79-80), per capire cosa ci fosse... «dietro l'angolo»; fino al suo gioiello, il «Maurizio Costanzo Show» ('82), che segnò anche il passaggio da Rai a Fininvest (Berlusconi non riuscì mai a convincerlo a indossare la cravatta: «Ma come faccio? Non ho collo!»).

Video

Per tutti, quello show fu vis-à-vis all'italiana splendente di narcisismo e di pubblico, salotto catodico sospeso tra cicaleccio e serietà, conteso a spintoni da vip e aspiranti tali; e, per il suo artefice, fu il riscatto dopo le disgrazie per lo scandalo dell'iscrizione alla P2 (tessera 1819, qualifica: maestro). Al principio negli studi tv, poi al Sistina e al Parioli, il più popolare baffo tricolore si divise tra denuncia civile e futilità, tra soubrette a Carmelo Bene «Uno contro tutti». E scoprì talenti: Ricky Memphis, Mastandrea, Luttazzi, Bergonzoni, Covatta, Iacchetti, Vergassola, Gioele Dix; e Camilleri! Con lui, fatti e misfatti privati divennero pubblici, la vita teatro, spesa a far domande. Da giornalista.
Ma tanto altro è stato, Costanzo, nonostante la pigrizia, l'ansia e le tante sigarette (Merit): sceneggiatore di b-movies, ma anche del primo progetto di «Salò o le 120 giornate di Sodoma» di Pasolini; e di «Una giornata particolare» di Scola; regista, con «Melodrammore», una parodia con l'ultimo Nazzari; e drammaturgo: dal «Marito adottivo» ('69) a «Cielo, mio marito!», scritta con Marcello Marchesi; «Un amore impossibile» (Tieri-Lojodice); «Un coperto in più», con i fratelli Giuffré... Tanti programmi tv firmati nel corso di una carriera lunga oltre 60 anni; la conduzione di «Buona domenica»; le direzioni artistiche di Canale 5 ('95) e di Mediatrade ('99); le società Maurizio Costanzo Comunicazione (con Benetton) e Fascino (con la moglie definitiva Maria De Filippi); le direzioni dei teatri Ciak, Brancaccio e Parioli; la sit-com «Orazio», con la compagna di allora Simona Izzo; l'insegnamento alla Sapienza; il ritorno in Rai dopo 30 anni attestano l'imperio di una «galassia Costanzo», che ha spaziato, con l'appoggio cruciale della De Filippi, oltre i confini dell'entertainment.

Lustrini e impegno. La loggia massonica e la lotta anti-mafia: la maglietta con la scritta «Mafia made in Italy», bruciata nella maratona Rai-Fininvest del '91, dopo l'omicidio di Libero Grassi gli costò l'attentato del '93. Costanzo ne uscì indenne. Il telecomando funzionò in ritardo e un solido muretto attutì l'esplosione. Che dire?

In conclusione, a lui la parola: «Io uomo di potere? In realtà chi lo è, ordina e comanda, e io non lo faccio». Fallimenti? «Avrei potuto far meglio l'impresario del Parioli». Giornalismo? «Non mi pento di nulla, ho solo un rammarico: non aver mai intervistato un Papa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA