Peppe Iodice: «Io uomo di periferia in fuga da Posillipo»

Peppe Iodice: «Io uomo di periferia in fuga da Posillipo»
di Maria Chiara Aulisio
Venerdì 22 Aprile 2022, 12:00
5 Minuti di Lettura

Uà fratè, m'hai fatto murì, si troppo bravo. Peppe Iodice, in arte Peppy Night, quello dello show del lunedì sera in onda su Canale 21, lo share lo misura così, senza calcoli e algoritmi: «Mi basta uscire da casa, quattro passi e capisco subito come è andata la serata. L'auditel lo tengo sotto il palazzo».

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Peppy Night, grande successo.
«Incredibile. Ho cominciato con otto puntate, poi sono diventate dieci, dodici e alla fine sedici. Per l'ultimo show, il 2 aprile, abbiamo dovuto prendere, nientedimeno, il Palapartenope e nemmeno ci è bastato».

Addirittura?
«Tutto esaurito un mese prima della trasmissione. Quattromila persone in platea e quasi un milione di spettatori in tv.

Che soddisfazione».

Quindi è pronto al bis?
«Di solito non mi piace ripetere esperienze già vissute, ancor più se di successo: è come se temessi di sciuparle ma in questo caso forse ne vale la pena. Ci sto pensando, vediamo».

Intanto si gode la vacanza.
«Sono appena tornato da Sharm el Sheikh, ci voleva un po' di relax e anche un po' di sole. Ora però ho deciso che voglio vivere la città: tra lockdown e Peppy Night sono stato più dentro che fuori. Ho bisogno di aria».

Dove va a prendere aria?
«Secondo voi?».

Lo dica lei.
«Sul Lungomare ovviamente, sul Lungomare liberato dalle auto: mai decisione fu più azzeccata. Fatemi mangiare al Borgo Marinari e so' felice. Vi ricordo che vengo da Barra».

E quindi?
«Chi è nato e cresciuto in periferia impara presto a apprezzare le differenze. Mi fanno ridere quando dicono che noi dell'hinterland abbiamo una marcia in più».

Così dicono?
«Solo perché in quei quartieri la vita è oggettivamente scomoda, secondo loro saremmo più preparati ad affrontare problemi e difficoltà. Una retorica - mo' lo dico - irritante».

Parli chiaro.
«Facciamo un gioco: chi abita a Posillipo - e pensa che noi teniamo la marcia in più - viene a vivere a Barra, chi invece vive a Barra si trasferisce a Posillipo. Così finalmente stamm pari. Sto scherzando, non vi agitate».

Quindi non è vero che i posillipini li vuole mandare a Barra e viceversa?
«Mi diverto a fare un po' di sana ironia, altrimenti che comico sarei? Sono serio invece quando dico che la periferia è ridotta a un dormitorio: non c'è più nulla, solo abbandono e degrado».

Ora dove vive?
«A San Giorgio a Cremano ma se penso all'infanzia, e poi all'adolescenza, mi torna in mente una realtà assai complicata».

In che senso?
«Alla fine posso dire che ci ho vissuto pure bene: ero talmente ragazzino e spensierato che mi divertivo lo stesso, ma la verità è che siamo cresciuti senza niente - dal verde allo sport - privati di tutto ciò di cui invece avremmo avuto bisogno».

Torniamo al Peppy Night. O meglio: alla Napoli del Peppy Night.
«Quella di Fuorigrotta».

Che c'entra Fuorigrotta?
«Lo show va in onda dal teatro Troisi, a pochi metri dallo stadio Maradona, luogo imprescindibile per ogni tifoso malato come me. Se poi a due passi c'è anche il pub che fa i panini più buoni di tutti, Fuorigrotta c'entra eccome. Dopo il programma, ovviamente, cheeseburger tappa fissa».

E lo show? Come spiega tanto successo?
«Credo sia stata premiata la mia napoletanità, quella vera, irriverente ma non volgare. Ho messo insieme un po' di talk show e tanti ospiti, volti noti e personaggi diciamo pure insoliti».

Qualche esempio?
«Morgan che canta con Tony Colombo, i 99 Posse con Gigione, il sindaco Manfredi, ospite della prima puntata e anche dell'ultima. Con il rapper Clementino gli abbiamo fatto intonare l'inno del Napoli e lui, come è noto, è juventino sfegatato. Momenti esilaranti».

Il vero trionfo è stato il gran finale al Palapartenope.
«Vi dico solo che tra gli ospiti abbiamo avuto Teo Teocoli, Arisa, Fabrizio Corona, i Gemelli di Guidonia, Franco Ricciardi, Andrea Sannino, Simone Schettino, Rosario Miraggio, Gianluca Capozzi e pure Tony Tammaro».

Davvero un bel mix.
«Mi sono divertito assai. Da Vittorio Sgarbi a Giampiero Mughini - passando per Valeria Marini, Pamela Prati e Umberto Smaila - vi assicuro che non l'ho fatta buona a nessuno: li ho messi in croce. E si so' stati tutti quanti».

Napoli sempre al centro.
«Quello è stato il segreto: far girare il programma intorno alla città, alle sue tradizioni ma anche ai luoghi comuni, alle criticità e alle caratteristiche che l'hanno resa famosa».

Ha mai pensato di vivere altrove?
«In realtà - controvoglia - l'ho anche fatto».

Quando?
«Negli anni '90. Mi trasferii a Roma, pensavo che il giro buono fosse lì. Quasi subito mi resi conto di aver sbagliato tutto. Erano invece Milano e Napoli le città più giuste per chi faceva il mio mestiere».

Ottima scusa per tornare a casa.
«Certo. Anche se quando partecipavo a Zelig e Colorado a Milano ci dovevo stare, ma non vi nascondo che sono riuscito a non viverci mai».

Non le piace Milano?
«È una bella città, ci mancherebbe, ma nun c'à facc' proprio. Come arrivo me n'aggia í. La verità? A piazza del Duomo mi sento come a via Petrarca».

Via Petrarca?
«Non sto mai a mio agio».

E perché?
«Secondo me tengo la sindrome della periferia».

Quali sintomi avverte?
«Non lo so: mi sento sempre osservato, come se fossi fuori luogo. E allora comincio a guardarmi addosso pure io, forse tengo quaccosa e strano?».

Sta scherzando anche stavolta.
«Non resisto. Mi piace ridere e pazzià anche senza pubblico. Mai prendersi troppo sul serio, ricordatevelo. Comunque un poco poco è vero».

Che cosa?
«Il fatto della sindrome».

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