Perché «Il nome della rosa» vince anche in tv

Perché «Il nome della rosa» vince anche in tv
di Titta Fiore
Mercoledì 6 Marzo 2019, 18:27
3 Minuti di Lettura
Non sarà Montalbano, la macchina schiacciasassi della telecultura pop che tutti conosciamo, ma «Il nome della rosa» ha saputo fare ascolti di tutto rispetto. La prima puntata della serie evento tratta dal best seller mondiale di Umberto Eco ha raccolto su Raiuno sei milioni e mezzo di spettatori e il 27,5 per cento di share che, nei momenti topici, ha raggiunto punte del 30 con 8 milioni, vincendo nettamente la serata. Ci dicono, questi dati, alcune cose interessanti: per esempio, che la lunga serialità italiana, dal punto di vista produttivo, ha imparato a confrontarsi con gli standard internazionali e a tenere adeguatamente il passo; e che non bisogna necessariamente rimbambire il pubblico delle reti generaliste con programmi insulsi per ottenerne i favori.
 


Quando uscì, nel 1980 per Bompiani, Il nome della rosa ebbe un successo sorprendente perfino per il suo autore. Più di cinquanta milioni di copie vendute, il trionfo al Premio Strega, la traduzione in 47 paesi del mondo. Come «L'amica geniale» di Elena Ferrante ha fatto ai giorni nostri, il libro del semiologo narratore seppe conquistare, quarant'anni fa, il cuore dei lettori più disparati. Secondo i canoni della cultura di massa, non ancora liquida, diventò ben presto un caso e un fenomeno. Sotto le specie del romanzo storico e al di là del giallo - l'indagine sulla misteriosa morte di un monaco che si rivelerà solo la prima di una serie di efferati delitti -, Il nome della rosa nascondeva una ricchezza di rimandi metatestuali e un gioco citazionistico a cui con divertimento attingeva la profondissima cultura di Eco. Ambientata nel 1327 in un monastero benedettino dell'Italia settentrionale e narrata in prima persona dal protagonista ormai anziano, Adso da Melk, la storia ricostruisce il Medioevo degli scontri tra Papato e Impero e mescola, come si sa, a personaggi inventati figure storiche come l'Imperatore Ludovico di Baviera e Fra Dolcino. E se l'atmosfera è quella del romanzo gotico, le indagini sui delitti attingono agli stilemi del «giallo» e lo stesso nome del monaco francescano Guglielmo da Baskerville ricorda una delle più celebri indagini di Sherlock Holmes, Il mastino dei Baskerville, appunto.

Inanellando molteplici livelli di lettura, Eco sfidava i suoi lettori a riconoscerne le tracce e ad adattarle a un continuo presente. Ed è su questo percorso che si è messa la serie diretta da Giacomo Battiato, in maniera più decisa rispetto a quanto scelse di fare Jean-Jacques Annaud nel film interpretato nel 1986 da Sean Connery. Ora, nei panni di Guglielmo da Baskerville che furono dell'ex 007 c'è John Turturro, attore di livello ma non del medesimo appeal dello scozzese. Dice: «Il nome della rosa non è un romanzo, è un grande libro. Dentro c'è tutto, c'è la storia, la filosofia, si parla di amore, del ruolo della donna, di terrorismo e di conoscenza come sola antitesi alla brutalità del potere. Il problema era trasformare tutto questo non in una lezione, ma in azione, in immagini». Grazie al respiro disteso della narrazione seriale rispetto al tempo più veloce del taglio cinematografico, la fiction evento ha scelto di seguire anche aspetti del romanzo diversi dalla trama gialla vera e propria, allargando lo sguardo sull'analisi storica dello scontro tra potere temporale e spirituale e dando vita a personaggi inesistenti nel romanzo, come quello di Anna (interpretata, come sua madre Margherita, da Greta Scarano). Ma, nello stesso tempo, proprio l'ambizione dell'affresco rischia di penalizzare il ritmo, che in Annaud era per forza di cose serrato nelle due ore, e più intrigante. Vedremo nelle prossime puntate.

Il film, costato 17 milioni e mezzo di dollari, fu snobbato in America, in Europa ne incassò 77 e in Italia superò al botteghino «Top Gun» e «Platoon». Su Raiuno lo videro quasi 15 milioni di persone, un record. La serie kolossal, 26 milioni di euro e già venduta in 130 paesi, in Inghilterra sarà trasmessa dalla Bbc e negli Stati Uniti da Sundance Tv. Nel confronto diretto sul personaggio di Guglielmo da Baskerville, l'inarrivabile Connery resta più ironico e glamour, più analitico e razionale Turturro. Intorno a loro, la sfida nei ruoli chiave è tra F.Murray Abraham e Rupert Everett (Bernardo Gui), Christian Slater e Damian Hardung (Adso da Melk), Ron Perlman e Stefano Fresi (Salvatore), Helmut Qualtinger e Fabrizio Bentivoglio (il cellario Remigio da Varagine). Ed è appena cominciata.
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