Gigi Proietti, Alessandro Gassmann: «Era il mio secondo papà, il cinema lo ha snobbato e ha perso molto»

Proietti, Alessandro Gassmann: era il mio secondo papà. Il cinema? Lo ha snobbato e ha perso molto
Proietti, Alessandro Gassmann: era il mio secondo papà. Il cinema? Lo ha snobbato e ha perso molto
di Gloria Satta
Lunedì 2 Novembre 2020, 22:22 - Ultimo agg. 3 Novembre, 07:30
4 Minuti di Lettura

«Non poteva esserci un risveglio peggiore. Ho amato tantissimo il talento ma anche l’umanità di Gigi Proietti con cui ho avuto la grande gioia di lavorare. Gigi, ci mancherai moltissimo. Ciao maestro e amico. Rip». Così, sui social, Alessandro Gassmann ha commentato la scomparsa di Gigi Proietti, postando una foto che lo ritrae con il grande attore in Alto Adige nel 2017 durante le riprese del film Il premio. E un velo di tristezza profonda è scesa sul set del suo terzo film da regista, Il silenzio grande, in lavorazione in questi giorni.  

Con Proietti, Alessandro perde un secondo padre, un punto di riferimento della sua vita e della sua carriera: amico storico del grande Vittorio, l’attore appena scomparso era entrato più di mezzo secolo fa a far parte della famiglia Gassmann.

E nel 2017 Alessandro, nel film Il premio, gli aveva affidato la parte di uno scrittore famoso che va a Stoccolma a ritirare il Nobel accompagnato dal figlio (il regista stesso) e cerca di ricucire il rapporto con lui, cresciuto all’ombra di un padre troppo ingombrante. Che a molti ha ricordato il grande Vittorio e tanti altri mostri sacri. 

Video

Quando è entrato Gigi nella sua vita? 
«Alla mia nascita. Era il 1965 e papà viveva ancora con la mamma (l’attrice Juliette Mayniel, ndr) in una villa all’Aventino. C’era un teatrino, ogni sera si facevano spettacoli e l’intellighentia romana accorreva... Vittorio aveva visto Gigi che all’epoca faceva piccoli show, cantava nei ristoranti e, folgorato dal suo talento eclettico, volle invitarlo. Da allora Proietti ha fatto parte della nostra vita. L’ho sempre considerato un parente acquisito». 

Che artista e che uomo è stato? 
«Ha avuto un talento smisurato. È stato generoso, coraggioso, mai ego-riferito e sempre in ascolto. La sua voce, che ricorda quella di Vittorio, mi emozionava». 

È vero che il protagonista di Il Premio è ispirato a suo padre? 
«Proprio così. Come tanti giganti, Vittorio aveva quel talento smodato che può impedirti di maturare e spingerti a rifiutare la vecchiaia. Ho pensato proprio a lui quando ho scritto il monologo del protagonista del film: ”Nella vita i grandi risultati rischiano di farti perdere le cose più importanti, piccole e vicine”».  

Cosa le ha dato Proietti? 
«È stato l’attore che mi ha fatto ridere di più in assoluto. La sua comicità era popolare ma al tempo stesso molto colta. Il suo spettacolo A me gli occhi, please l’avrò visto 20 volte e non mi stancherei di rivederlo ancora». 

Cos’altro ammirava di lui? 
«La sua tenacia. Sapeva di avere un grande talento ma non si è mai seduto sugli allori. Ed era generosissimo nei confronti dei giovani al punto di creare la scuola di formazione teatrale. Per non parlare del Globe Theatre». 

Perché secondo lei Proietti non ha avuto dal cinema le stesse soddisfazioni del teatro? 
«È sempre stato troppo occupato in palcoscenico per dedicarsi al set. E in Italia gli attori di teatro vengono ghettizzati. Ma il cinema ha perso molte occasioni snobbando Gigi». 

Perché la romanità di Gigi è importante? 
«Proietti è stato uno degli ultimi a tenere viva la cultura della nostra città, soprattutto il romanesco inteso come la lingua nobile di Belli e Trilussa. Prima di lui lo avevano fatto Fiorenzo Fiorentini, Mario Scaccia, mio padre. Anche per questo, Gigi rimane un monumento». 

C’è una lezione che possono darci Proietti, Vittorio Gassmann, Alberto Sordi e gli altri mostri sacri che non ci sono più?
«Certo. Questi personaggi rappresentano l’esempio di chi ce l’ha fatta lavorando a testa bassa ed è rimasto sulla cresta dell’onda evitando le scorciatoie, tenendo duro senza mollare mai e cercando sempre di migliorarsi». 

E i giovani sono pronti ad imparare la lezione o vorrebbero liberarsi del passato? 
«Non sempre ascoltano chi li ha preceduti. Se appaiono tracotanti o saccenti, è frutto però dell’ignoranza di una società che non dà il giusto peso alla scuola. Ma la lezione dei vecchi va gelosamente custodita. C’è solo da guadagnarci».

© RIPRODUZIONE RISERVATA