Il commissario Ricciardi sbarca lunedì su Rai 1: storia d'amore, giustizia e fantasmi

Il commissario Ricciardi sbarca lunedì su Rai 1: storia d'amore, giustizia e fantasmi
di Francesca Bellino
Domenica 24 Gennaio 2021, 09:44 - Ultimo agg. 14:54
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La tv italiana ha un nuovo commissario da amare: Luigi Alfredo Ricciardi, un uomo giovane, elegante e tormentato proveniente da una famiglia nobile cilentana che sceglie di lavorare per la Mobile di Napoli nell'Italia fascista degli anni '30, ossessionato dall'idea di fare giustizia e da una maledizione ereditata dalla madre, «il fatto». Vede il fantasma delle persone morte in maniera violenta, ne ascolta l'ultimo pensiero e riesce a liberarsene solo se scopre l'assassino. Nato dai bestseller di Maurizio de Giovanni pubblicati da Einaudi, «Il commissario Ricciardi» sbarca domani sera su Raiuno con il volto di Lino Guanciale - abruzzese, reduce dai successi di «L'allieva», «La porta rossa», «Non dirlo al mio capo» - in sei puntate dirette da Alessandro D'Alatri e prodotte da Rai Fiction e Clemart di Gabriella Buontempo e Massimo Martino che hanno fatto un enorme sforzo produttivo per la ricostruzione storica di ambientazioni, costumi, arredi, anche grazie all'uso di effetti speciali.

 


Guanciale, conosceva i romanzi di Ricciardi?
«Sì, ed è stata una fortuna.

Avevo letto i primi due. Poi quando ho saputo che avrei avuto l'onore e l'onere di interpretarlo, ho letto tutti gli altri: è un personaggio tra i più felici della nostra letteratura contemporanea. Ho avuto la fortuna di confrontarmi con lo scrittore e soprattutto con Stefania Nigro, la sua più stretta collaboratrice. Quello che mi ha colpito è il grande rispetto che de Giovanni ha per il suo commissario. Io per calarmi nel ruolo mi sono messo dalla parte del lettore, mi sono chiesto chi legge come immagina sfogliando le pagine dei suoi libri il commissario, i suoi abiti, il modo di camminare, quel suo ciuffo ribelle, i suoi occhi, lo stato d'animo».


In fondo, la vera protagonista è Napoli.
«Una Napoli vittima del fascismo in piena espansione, che non riesce ad irreggimentarla, non vince l'attitudine eterna dei napoletani, il loro coraggio, la loro capacità di sopravvivere alle sfide imposte da certe situazioni. Una città diversa da quella che vediamo di solito su piccolo e grande schermo, diversa dalla Napoli violenta e criminale di una narrazione che ne dimentica la cultura, la musica, il teatro, il suo essere stata la prima e unica città italiana ad essersi liberata da sola dall'occupazione nazista. Grazie al coraggio, allo spirito di iniziativa, di tanti, tra questi moltissime donne».


E di donne nella serie ce ne sono tante.
«Ma solo tre contano: la maestra Enrica (Maria Vera Ratti) e Livia (Serena Iansiti), una agli antipodi dell'altra, il focolare familiare contro la passione carnale, più la tata Rosa (Nunzia Schiano), che gli consiglia di sposarsi per non pagare la tassa sul celibato».


Poi ci sono il brigadiere Maione (Antonio Milo) e la sua confidente Bambinella (Adriano Falivene), il medico legale Modo (Enrico Ianniello), antifascista che rischia la vita. Nel cast anche Peppe Servillo, Fabrizia Sacchi, Mario Pirrello e Marco Palvetti. Ma cosa caratterizza di più Ricciardi?
«Il dono, il fatto, che è anche una maledizione per lui. La madre lo ha avvertito: Non commettere il mio stesso errore, non avere figli, altrimenti li condannerai come io ho fatto con te. A causa di quel fardello il commissario si isola, però è anche un uomo empatico, ha un grande senso del dovere, è dotato di una sensibilità fuori dal comune, ha un vissuto interiore pieno di emozioni. E se i suoi occhi sono velati di malinconia, è perché teme di far ricadere sulle persone che ama di più il peso della sua sorte».


Torniamo a Napoli.
«Nell'ex base Nato abbiamo ricostruito via Toledo, ma abbiamo girato molto in città, oltre che a Taranto, dove abbiamo ricostruito i Quartieri Spagnoli. Durante le riprese ho voluto vivere nel centro storico. Adoro stare in mezzo alla gente, nel rumore, la vitalità, l'entusiasmo. Mi piace studiare nei posti affollati. Ho scoperto tanti luoghi, tra cui il San Carlo, dove è ambientato il primo episodio. Non ci ero mai entrato. È un tempio della bellezza. E poi poter vivere in una Napoli travestita da anni 30, è stata una vera goduria. Napoli è una città capace di mantenersi intatta e senza tempo e dentro la contemporaneità. È come il Nilo: esiste, persiste ed evolve».


Pensa che il commissario Ricciardi possa ereditare i fan del commissario Montalbano?
«Nel pantheon televisivo Montalbano ha un posto insostituibile, ma sono convinto che anche Ricciardi troverà il suo».


Nel primo episodio, quello in onda domani, tratto dal primo romanzo, Il senso del dolore - L'inverno per il commissario Ricciardi, siamo nel 1931. Il tenore Arnaldo Vezzi, famoso in tutto il mondo e amico del Duce, viene trovato cadavere nel suo camerino del San Carlo prima della messa in scena di Pagliacci e Cavalleria Rusticana. È stato sgozzato con un frammento di specchio. Il commissario Ricciardi indaga.

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