Le serie tv migliori del 2020: due papi, due regine e due amiche geniali

Le serie tv migliori del 2020: due papi, due regine e due amiche geniali
di Titta Fiore
Giovedì 31 Dicembre 2020, 08:58
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Bloccati in casa in un anno che tutti ci auguriamo irripetibile, le serie tv ci hanno fatto buona compagnia. Ecco il dato. Con le sale chiuse e i film «congelati» in attesa di tempi migliori, si sono azzerati di colpo i dibattiti sulla concorrenza tra cinema e televisione, e le piattaforme hanno smesso di rappresentare una minaccia per la fruizione collettiva tradizionale: l'offerta era ricchissima, ne abbiamo approfittato. È andata così in questo 2020 che ci prepariamo a lasciarci alle spalle con riti apotropaici di sollievo. Non che prima, a.C. (ante Covid), le serie non tenessero banco, conquistando fan sempre più numerosi. Ma dopo, p.C. (post Covid), hanno letteralmente dilagato, sdoganando ogni tipo di storia e di genere. Mescolando i linguaggi. E alzando l'asticella della qualità sempre più in alto.


Sono andati in onda nei primi mesi dell'anno, quando ancora non si parlava di lockdown, due gioielli italiani che hanno saputo conquistare i mercati internazionali: «The New Pope» e «L'amica geniale». Seguito di «The Young Pope», che ha introdotto gli spettatori alla personalità carismatica di Lenny Belardo, il pontefice americano interpretato da Jude Law, la serie di Sky Atlantic sugli intrighi vaticani, che lo stesso regista Paolo Sorrentino ha definito «un film lungo dieci ore», si confronta ora con temi sociali e politici come l'immigrazione, il terrorismo, le speculazioni finanziarie e gli scandali sessuali, ma soprattutto vive del contrasto tra Belardo, uscito dal coma, e il nuovo Papa di John Malkovich, sir John Brannox, aristocratico inglese sofisticato, ma tormentato da inconfessabili fragilità. Nuovi e imprevedibili gli sviluppi, pari l'eleganza, l'ironia e la sapienza della narrazione. Quanto alla seconda stagione di «L'amica geniale» (Storia del nuovo cognome), ha saputo capitalizzare il successo che accompagna nel mondo la saga di Elena Ferrante e raccontare con Saverio Costanzo, affiancato per alcuni episodi da Alice Rohrwacher, l'evoluzione delle due protagoniste Lina e Lenù e i cambiamenti della società napoletana e italiana negli anni Sessanta e Settanta. Un progetto sontuoso premiato dagli ascolti su Raiuno e dai mercati, in queste settimane di nuovo sul set per la terza serie (e questa volta alla regia c'è Daniele Luchetti).
Il caso del 2020 è «La regina degli scacchi»: tutti pazzi per la serie Netflix più vista nel mondo. Per i pochi che ancora non la conoscessero, la storia dell'orfana che diventa una scacchista sublime per liberarsi dei suoi demoni è un racconto di formazione e di riscatto che funziona come un meccanismo a orologeria, amatissimo per lo stile, l'ambientazione anni Cinquanta e Sessanta, perfetta, e i meravigliosi costumi della protagonista Anya Taylor-Joy, diva a furor di popolo. Un cult, in tutto e per tutto. Sempre su Netflix, ha fatto molto discutere, pare anche dalle parti di Buckingham Palace, la quarta stagione di «The Crown», dedicata agli anni Ottanta della Royal Family. Si capisce: sono gli anni di lady D. e del suo «matrimonio troppo affollato» con il principe Carlo. A duettare con la regina Elisabetta, interpretata da Olivia Colman, l'impeccabile Margareth Thatcher di Gillian Anderson.

Ascolti assicurati.


Non era scontato, invece, il successo di «Diavoli», la serie di Sky Atlantic tratta dal libro del finanziere Guido Maria Brera e interpretata da Alessandro Borghi e Patrick Dempsey, «monaci guerrieri» dell'alta finanza che governano il mondo dai palazzi di acciaio e cristallo della City londinese. Ritmo, passioni fredde, colpi di scena, politica sullo sfondo. E la regia adrenalinica di Nick Hurran e Jan Maria Michelini. Restiamo a Londra, ma facendo un passo indietro nell'Età della Reggenza, per un altro successo targato Netflix, «Bridgerton», prodotta da Shonda Rhimes (la mamma di «Grey's Anatomy») sulla base dei best-seller di Julia Quinn: tra nobildonne in età da marito, duchi affascinanti e una regina afro, una storia effervescente che ha scalato le classifiche, all'insegna di un matriarcato politicamente corretto.
Al debutto nel mondo della serialità, Luca Guadagnino ha fatto centro con «We Are who We Are», viaggio nell'adolescenza gender fluid di un gruppo di ragazzi che vivono in una base americana in Veneto: al centro del racconto visto su Sky Atlantic i temi dell'amicizia, dell'amore, del corpo e della sessualità. Anche qui il regista di «Chiamami col tuo nome» racconta la vita, ma con l'aria di stare parlando di altro. Lodatissimo, soprattutto dalla critica americana. Colpisce al cuore, invece, la protagonista di «Unorthodox», Shira Haas: due occhi profondi che scoprono il mondo per com'è lontano dalla comunità chassidica cui la ragazza appartiene. Ispirata al libro di memorie di Deborah Feldman, ambientata tra New York e Berlino, la miniserie Netflix è un inno alla libertà e alla capacità di reinventarsi il futuro che non ha lasciato indifferente il pubblico internazionale della piattaforma.


Storia tutta al femminile, «Little Fires Everywhere», su Prime Video, ha due mattatrici, Reese Witherspoon (reduce da «Big Little Lies») e Kerry Washington (già in «Scandal») e una regista di sicuro mestiere, Lynn Shelton (prematuramente scomparsa). Parla di lotta di classe, maternità, razzismo, giustizia, bullismo incarnati dagli stereotipi della donna bianca finto buonista e della ribelle afroamericana: ma senza indulgere ai cliché. Per i fan del franchise «Star Wars», infine, non poteva mancare «The Mandalorian 2», con un colpo di scena finale all'altezza della sontuosa creatività di Lucas. E già si lavora al terzo seguito: le battaglie, tra le galassie, non finiscono mai. E nel 2021? Altro giro, altra corsa: si ricomincia l'8 gennaio, con «The Undoing - Le verità non dette», su Sky Atlantic. Nel cast stellare Nicole Kidman e Hugh Grant. E Matilda De Angelis senza veli.

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