L'Italia ha fatto ciò che ha potuto, con un Damiano Caruso sempre in evidenza, e alla fine decimo, e con Vincenzo Nibali, 15/o, che ha provato l'allungo sull'ultima salita del Mazzolano, dopo che era stato ripreso il vincitore di una settimana fa del Tour, lo sloveno Tadej Pogacar, che aveva tentato una nuova impresa ma poi ha pagato la fatica. Ripreso lui, si è accesa la bagarre nel gruppo, con tanti scatti, in particolare prima quello dell'olandese Tom Dumoulin, poi con l'Italia in prima fila con Caruso e Nibali, seguiti a ruota da Van Aert (per il quale oggi ha lavorato molto, con grande umiltà, un compagno del calibro dell'olimpionico di Rio 2016 Greg van Avermaet), dal colombiano Rigoberto Uran e dallo spagnolo Mikel Landa. Anche questo tentativo, però, è andato a vuoto e allora il momento decisivo è stato quello dell'ultimo passaggio sulla Gallisterna: Hirschi ha forzato il ritmo, Nibali è stato l'ultimo azzurro ad arrendersi, ma lo scatto giusto è stato quello di Alaphilippe, che ben presto ha guadagnato una quindicina di secondi, riuscendo poi ad incrementarli di un'altra manciata fino all'arrivo.
Ciclismo Mondiali 2020 a Imola. Da Nibali a Pantani, dal Drake alla bella Lola: la storia del percorso in Romagna
Giusto così, Alaphilippe era uno dei grandi favoriti e prova sempre a dare spettacolo, un generoso del ciclismo che per la bicicletta lasciò un lavoro sicuro (»a 1200 euro al mese«) nelle forze armate. «Ma non ho voluto crederci fin quando ho tagliato il traguardo - dice il francese -.
Altre volte ero indicato tra i favoriti e poi non ero salito neppure sul podio. Grazie a tutti coloro che hanno creduto in me, e in primis al ct Thomas Voeckler per la fiducia. Ora fatemi godere il mio sogno realizzato».