Clericus Cup: al via la 12a edizione dei Mondiali di calcio della Chiesa

Clericus Cup: al via la 12a edizione dei Mondiali di calcio della Chiesa
di Diego Scarpitti
Sabato 24 Febbraio 2018, 11:38
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In un taschino i cartellini, nell’altro il Vangelo. Debutto assoluto all’ombra del Cupolone per il primo arbitro sacerdote, che dirigerà l’open match tra Gregoriana e Collegio Messicano. Non sarà coadiuvato dal Var e confida nella serietà dei calciatori in campo, che rispetteranno certamente l’ottavo comandamento «non dire falsa testimonianza». Compito agevolato per don Jordan Coraglia. «In Paradiso si va comunque lo stesso anche se si sbaglia a dare un rigore. In campo applico il regolamento ma è il Vangelo la mia regola di vita». Da queste salde premesse prende avvio, in pieno clima quaresimale, la 12ma edizione della Clericus Cup, il Mondiale di calcio della Chiesa, promosso dal Centro Sportivo Italiano, con il patrocinio dell’Ufficio Nazionale del tempo libero, turismo e sport della Cei, del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e del Pontificio Consiglio della Cultura del Vaticano. Un mondo di nazioni sul manto erboso rappresenteranno l’universalità della Chiesa. Sono 370 infatti i tesserati iscritti, inclusi i dirigenti delle squadre, con passaporto di ben 70 diverse nazionalità. L’Italia è al primo posto con 31 atleti in campo, tallonata dall’India con 30. A seguire Messico e Stati Uniti con più rappresentanti: 26 e 24 calciatori. La Nigeria ha 21 convocati sparsi nei vari seminari pontifici. Poi Spagna, Colombia e Camerun con più di dieci connazionali nel torneo. Caleidoscopio di colori e di emozioni. Messaggio della fede irradiato nei cinque continenti. Partecipanti giocatori provenienti da Tonga, Panama, Siria, Ciad, Russia, Malawi, Timor Est e Sud Sudan. Sedicici squadre suddivise in quattro gironi la formula adottata.
 
 


«Vogliamo che anche fuori dal campo, chi partecipa a questo torneo possa in futuro regalare nei loro paesi, momenti di gioco e fratellanza, valorizzando l’aspetto sportivo, dando la possibilità a tutti di gioire e crescere» ha dichiarato Vittorio Bosio, presidente del CSI. Spiega le finalità della manifestazione don Alessio Albertini, fratello di Demetrio, plurititolato campione del Milan. «Lo sport dovrebbe aiutare tutti noi a rispettare la diversità dei talenti, a capire che sotto la maglia di un atleta si trova anzitutto una persona. Ecco il senso dell’inno Csi “Dove ogni maglia ha un’anima!”. Non sempre accade così. Oggi per tanti la cosa più importante nella vita (e nello sport) è vincere. Sull’altare della dea Vittoria si sacrifica tutto. Tante volte anche l’anima, la dignità, la bellezza dell’incontro». Vola alto il consulente ecclesiastico nazionale del CSI. «I numeri di maglia dei giocatori identificano un atleta in campo ma sono insufficienti per identificare il valore di una persona. Una persona è molto di più del numero che indossa. È una storia unica e irripetibile, che si mette in gioco attraverso un ruolo. Allora davvero ogni maglia si riempie di un’anima». Al fianco della Clericus Cup si chiera in modo convinto monsignor Melchor Sanchez de Toca, sottosegretario del Pontificio Consiglio della Cultura, appena tornato da PyeongChang, dove per la prima volta il Comitato Olimpico Internazionale ha invitato una delegazione vaticana. Sabato 26 maggio finali al Centro Sportivo Pio XI tra penitenza ed esultanza. 
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