Imma Cerasuolo e il nuovo traguardo
dei 40 anni tra record e medaglie

Imma Carasuolo
Imma Carasuolo
di Diego Scarpitti
Lunedì 1 Giugno 2020, 21:58
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In pochi, pochissimi, ricorderanno il suo singolare primato. Nella storia del nuoto femminile a cinque cerchi, precedendo addirittura di quattro anni Federica Pellegrini, il primo oro è griffato Imma Cerasuolo. Insignita dell’onorificenza di commendatore della Repubblica italiana dall’allora presidente Carlo Azeglio Ciampi e del Collare d’oro al merito sportivo, la «vichinga» clorata si appresta a tagliare un altro traguardo: 40 primavere il 18 giugno. Nei pannelli celebrativi della Canottieri Napoli immancabile il suo nome. Scolpita nella memoria l’impresa di Atene 2004. Corona d’alloro, medaglia addentata e sullo sfondo il Partenone. Trionfare nella patria delle Olimpiadi ha un sapore speciale.
 
«Impagabile e fantastico nella casa dei Giochi. Immagini, sogni e poi arrivi lì e vinci. La foto descrive il senso di tutto». Mano sul petto e sguardo fiero, rivolto in alto. Emozione e commozione sulle note di Mameli. «Durante la premiazione vedi i tuoi sforzi ripagati, guardi sugli spalti e scorgi la tua famiglia, il fidanzato (oggi marito Bruno Scognamiglio) e la squadra». Tourbillon di sensazioni. «Sorriso, paura, incredulità. Dentro il fuoco». Descrizione plastica. «Basta chiudere gli occhi e ascoltare quella musica». Di nuovo, su quel podio indimenticabile. Farfalla imprendibile nei 100 metri e argento nei 200 misti. Capolavoro imperituro.
 
Ambasciatrice Coni con tanto di fascia tricolore. Di Ponticelli, vive a Barra a pochi passi dal Centro Ester, che mercoledì 3 giugno riapre i battenti. Dove tutto ha avuto inizio, anche se manca la sua gigantografia. Rimedieranno quanto prima. «Finalmente siamo pronti. Riparte in sicurezza la piscina, ricominciano le attività sportive nel rispetto dei protocolli sanitari e delle linee guida. Le segnaletiche indicano la distanza». Ambiente sanificato e ristrutturato.
 
Perfetta per comunicare lo sport e insegnare il nuoto. Parla il suo curriculum in corsia. Primatista nei 50 e100 stile libero, nei 100 rana, nei 100 dorso, nei 100 e 200 delfino. Non si contano i titoli italiani. «Almeno tre per ogni categoria, ogni anno, dal 2000 al 2012». Resistono ancora i suoi crono. «Vorrei essere ricordata per il sorriso e la voglia di vivere, non certo per i titoli», tiene a precisare la professoressa di grafica e comunicazione all’Isis Europa di Pomigliano. «Voglio essere forza ed esempio per chi non ne ha, o meglio crede di non averla».

Mamma (modello e) premurosa di due figli Silvia e Giovanni (che giocano rispettivamente a pallavolo e basket), presenti alle Paralimpiadi di Londra 2012. «In tanti mi hanno chiamata per sapere come ho fatto: i bimbi, il parto, il pannolino, la guida. Questa è la medaglia più bella». Vere Olimpiadi quotidiane, come il titolo del libro scritto insieme a Gianluca Attanasio. «Due atleti coraggiosi e impegnati in mille battaglie affrontano i problemi della disabilità e provano a risolverli per sé e per gli altri. Una sfida continua, perché la vita è una gara. Non è finita, se non tocchi». Si legge in copertina.
 
Impegno tra cattedra e corsia, sudore e sacrificio. «Ci sono progetti dove è possibile imparare materie scolastiche attraverso il gioco. Chimica in piscina, fisica su qualsiasi campo. Il mio territorio la mia Italia. Ogni singolo tiro di pallacanestro, tennis, volleyball prende una traiettoria e una forza. Campi rettangolari, aree, perimetro, linee, angoli, altezze sono argomenti di studio. Termini sportivi in inglese. Mai più dispersione scolastica». Un programma da suggerire al ministro Lucia Azzolina.
 
Quarantena e fantasia. «Reinventarsi, cercare di raccontare e catturare l'attenzione degli alunni. E poi la possibilità di godermi i miei figli, l’orto e i cani. Musica, sport e cucina naturalmente». Lockdown alle spalle.
 
Maggio 1999. Incidente e nuova vita. «La vittoria più bella il ritorno in acqua. Aver superato la paura di non essere la stessa di prima, di non essere la figlia di prima, di non essere l'atleta di prima. Non è facile combattere la paura. Una sirena per tanti anni in acqua, che perde la pinna finale. E ha paura di non saper più nuotare». E poi ha messo le ali, da vera farfalla. «In acqua siamo tutti uguali. Aria, forza e amore». Dispensa saggezza, denota stile, impartisce una lezione di vita. Orgoglio, ripresa, riscatto. «Sono fiera di come sono e cosa ho conquistato».
 
24 agosto 2003. Le ha portato fortuna prendere parte alla CapriNapoli. Circa un chilometro nel tratto finale per l’atleta paralimpica. «Credo sia stata la prima volta per un disabile parteciparvi».
 
In Argentina, nel 2002, due argenti mondiali. «I titoli non fanno le persone», dichiara la campionessa classe 1980. Il marito Bruno ex cestista. «Fatale fu la società». Proprio al Centro Ester, presieduto da Pasquale Corvino, ritornerà mercoledì. «Via in acqua per riassaporare la libertà. Sirene si nasce».
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