Rivoluzione Tortu: «Adesso l'ho capito: casa mia sono i 200 metri»

Rivoluzione Tortu: «Adesso l'ho capito: casa mia sono i 200 metri»
Rivoluzione Tortu: «Adesso l'ho capito: casa mia sono i 200 metri»
di Gianluca Cordella
Venerdì 5 Agosto 2022, 20:50
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La partenza perfetta di Lorenzo Patta, la progressione autoritaria di Marcell Jacobs, la curva pennellata da “Faustino” Desalu e, infine, il tuffo d’oro sulla linea del traguardo di Filippo Tortu. Il capolavoro della 4x100 per il quinto titolo olimpico di un’atletica azzurra che mai aveva spaventato così le superpotenze mondiali. Era il 6 agosto 2021, e mentre nello Stadio Olimpico di Tokyo risuonava “Notti magiche”, Tortu piangeva di gioia in mondovisione. «La bellezza di quell’impresa è difficilmente spiegabile. Credo, però, che la mia reazione abbia dato l’idea. Anche se quello non è stato il momento più importante delle mie Olimpiadi».
Prego?
«Il giorno decisivo è stato l’1 agosto, quando sono andato a sbattere sulla maggiore delusione della mia carriera, uscendo nella semifinale dei 100. Lì ho iniziato a pensare che avrei dovuto rifarmi con la staffetta».

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Cosa è successo in quei cinque giorni tra debacle e trionfo?
«Ero molto deluso, l’Olimpiade era il sogno della mia vita. Mi sono detto: o reagisco immediatamente o non avrò modo di cancellare questa botta. E così mi sono rimesso subito a testa bassa, con il doppio della motivazione».
Il 15 agosto cominciano gli Europei a Monaco: dobbiamo aspettarci la stessa reazione dalla 4x100 dopo la delusione ai Mondiali?
«A Eugene volevamo tutti fare di più e sapevamo di poterlo fare. Qualche ora dopo ci siamo ritrovati faccia a faccia e abbiamo detto: ora testa a Monaco, dobbiamo rifarci subito».
Jacobs è in dubbio, ma indipendentemente dalla sua presenza lei sembra destinato a tornare in quarta frazione…
«Ancora non lo so. Faccio quello che decide il “prof” Di Mulo. Se mi rivuole in quarta, torno lì».
Capitolo 200: digeriti i 3 millesimi che l’hanno lasciata fuori dalla finale iridata?
«No e mi ci vorrà ancora un bel po’. Anche se sono soddisfatto di com’è andata a Eugene, ho fatto il mio record personale, ho corso nella miglior versione di me stesso. Ma visto che non è stato abbastanza voglio fare di più».
A Monaco non ci saranno gli 8 che l’hanno preceduta a Eugene. Era stato il primo degli atleti europei come crono...
«Sì, ma mancavano altri europei che nel 2022 hanno corso più veloce di me. Saremo 4 o 5 a giocarci le tre medaglie. Poi nell’atletica alla fine conta molto la condizione con cui arrivi a un evento e non il tempo che magari hai fatto mesi prima».
È stato il primo azzurro a scendere sotto il record dei 10” di Mennea sui 100. E adesso, anche sui 200, ha davanti solo Mennea. Si sente il suo erede?
«Un bel complimento. Però credo sia più utile concentrarmi sul mio percorso e sui tempi che voglio raggiungere. Poi che batta il record di Mennea o di un altro campione cambia poco».
Lei continua a dire di sentirsi un centometrista, ma i risultati sui 200 dicono altro…
«Il Mondiale ha cambiato le carte in tavola. Da Eugene ho iniziato a sentirmi più un duecentometrista. I 200 più li corri e più capisci come vanno affrontati. Mi ci trovo bene. Questo non significa che non correrò più i 100. Anzi, l’obiettivo è arrivare ai grandi appuntamenti per essere competitivo su entrambe le distanze».
Il 2021 è stato l’anno dei trionfi azzurri. Ora, dall’Italia del calcio che manca i Mondiali a Tamberi e Jacobs alle prese con mille problemi, il vento buono si è un po’ fermato. È il fisiologico «vincere è difficile, confermarsi lo è di più»?
«Il boom dello scorso anno, oggettivamente, è difficile che possa ripetersi.

Però per l’atletica faccio un distinguo perché finora i risultati per me sono buoni. Il movimento continua a crescere e le medaglie di Eugene lo confermano. Poi è chiaro che se usiamo come paragone i 5 ori olimpici…».


In generale come si affrontano i periodi di flessione?
«Nello stesso modo dei periodi in cui ti va tutto bene. Quando riesci a trattare vittoria e sconfitta nello stesso modo, sei un pezzo avanti».
A Tokyo arrivava dal Covid e da un momento complicato. Da lì in poi hai dato la sensazione di una crescita costante.
«C’è stato un salto mentale importante. Quella delusione dell’1 agosto ha innescato una reazione a catena che è sfociata nei buoni risultati di quest’anno. Mi ha portato verso quell’equilibrio che mi permette di correre sereno».
Tra 100, 200 e staffetta, come cambia l’approccio?
«La 4x100 è emotiva: corri con i compagni e hai responsabilità nei loro confronti. Rispetto alle prove individuali c’è una tensione diversa. Mentre tra 100 e 200 il discorso è più che altro tecnico. I 100 sono istinto puro, i 200 sono più calcolati, devi saper gestire più variabili».
Domanda di fantascienza: un viaggiatore nel tempo torna indietro dal 2024 e le dice che ha vinto una medaglia ai Giochi di Parigi. In cosa?
«Spererei nei 200. Però anche riconfermare il podio della staffetta sarebbe eccezionale. Possiamo fare due?».
 

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