Due braccia destre si levano insieme dalle acque calde del Lago Balaton e toccano la pista d’arrivo della gara dei 10 mila metri femminili ai mondiali di nuoto a Budapest (e dintorni, nel caso: un’ora e mezza d’auto): le due mani di ragazza battono con forza, rabbia e speranza la piastra che determina l’ordine d’arrivo. Sono già passate da un niente la francese Aurélie Muller, che doppia l’oro del giorno prima dell’“enfant” Olivier, e la nuotatrice dell’Ecuador, Samntha Arevalo, seconda. Le ragazze che toccano insieme sono l’azzurra Arianna Bridi e l’ercolina brasiliana Ana Marcela Cunha: 2h05.17.2 il crono, uguale per entrambe, e nemmeno il photofinish riuscirà a separarle. Il bronzo è per due.
IL FILO DI ARIANNA
Arianna cominciò a nuotare a cinque anni, «mica al mare, sono di Trento»; al lago, piuttosto, o in piscina: «Che barba l’acqua!», la bambina si lamentava, e passò alla ginnastica artistica, ma era una lagna pure quella, «e avevo l’elasticità di un elefante». E allora torniamo al nuoto. Prime gare a Caldonazzo, lago appunto come il Balaton; età 11 anni. «Col nuoto non ci campi, e se vuoi vincere devi faticare parecchio» erano le prediche di papà Marino, che non c’è più. «Ma è meglio se torni a zappare la terra», le diceva guardando il podere di famiglia. E Arianna: «va bene, zappo, ma quando finisco vado a nuotare, perché diventerò campionessa». Papà Marino sorrideva: «Ora forse è lassù che piange di commozione anche lui». Quando se n’è andato per sempre, gennaio 2016, Arianna era in collegiale in Sudafrica: «Sono tornata d’urgenza e lui per andarsene ha aspettato per salutarmi l’ultima volta». Gli occhi chiari della Bridi luccicano ma non piange: «Già staranno piangendo a casa mia, mamma Maria Grazia, e forse mia sorella Camilla, salterà invece mia nipote Caterina che oggicompie quattro anni e le ho preso questo regalo» dice stringendo in mano la mascotte mondiale che le hanno dato sul podio, insieme con i fiori e la medaglia di bronzo che, parola di Arianna, «non è che mi piaccia tanto». La Bridi prometteva, «ma da fondista, con fisico che ho: non sono tipo da velocità» e ora, ventidue anni da compiere, sta mantenendo: per questo il bronzo mondiale è solo un inizio. Come il “baffo” di caporal maggiore dell’esercito.
A ROMA, A ROMA
Da qualche tempo Arianna si è trasferita in una caserma della Cecchignola; lì si allena anche Rachele Bruni, il tecnico federale è Fabrizio Antonelli. «Roma e Trento? Ma, non saprei: Roma l’ho vista poco, sempre ad allenarmi». E sempre con Rachele, l’argento di Rio: «Non c’è bisogno del led per dare i tempi d’allenamento - scherza ma non tanto Antonelli - il metronomo è Arianna, il tempo lo detta lei».
LEI E RACHELE
Sono due ragazze molto differenti, di carattere e di caratteristiche sportive. La Bruni ha uno sprint, una possibilità di cambio di velocità terrificante, la Bridi ama il finale lungo. La Bruni ha addosso la maledizione mondiale: ha vinto medaglie ovunque ma mai una di un mondiale. E’ arrabbiatissima, specie con se stessa: «Ho sbagliato e pagato in fondo»; «Ci credo che sia arrabbiata: io le sto dieci passi indietro, è la mia ispirazione, è la più brava ma a volte non ha fiducia nei suoi mezzi».
LA GARA
All’inizio le azzurre si sono fatte coinvolgere in mezzo al gruppo, dove se le suonavano di santa ragione: il fondo non è sport da signorine, si direbbe banalizzandola.