Il Covid in aumento in Florida,
ma l'NBA non si fermerà

Il Covid in aumento in Florida, ma l'NBA non si fermerà
Martedì 14 Luglio 2020, 15:22 - Ultimo agg. 16:13
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Sono passati 140 giorni. È questa la distanza temporale fra l'ultima partita della stagione regolare Nba - giocata a Oklahoma City prima dello stop per pandemia - e Utah-New Orleans e il derby di Los Angeles Clippers-Lakers che, il 30 luglio nella 'bollà di Disney World a Orlando, segneranno la ripresa del campionato delle superstar dei canestri. In un modo, va detto, che nessuno avrebbe mai immaginato se non fosse stato per il virus, con il grande luna park itinerante dell'iperbasket che si sposta e gioca nel parco divertimenti per antonomasia. È quasi un sogno, se non fosse che la Nba ripartirà fra perplessità e mugugni, e in uno Stato, la Florida, dove il numero di contagiati dal coronavirus continua a salire fino al record giornaliero di ieri, 15 mila in un giorno.

Però la decisione di riprendere è stata presa, e indietro non si torna, Anche se la situazione è molto peggiore, valgono le stesse regole di quarantena light dei maggiori campionati calcistici europei: se ci sono dei positivi, vengono isolati e messi in quarantena soltanto loro, mentre le squadre di appartenenza continuano ad allenarsi e, quando sarà, a giocare. Le regole, ha ribadito il 'commissioner' Adam Silver, sono ferree: «se a Disney World spunterà qualche giocatore positivo al Covid-19, prevediamo almeno due settimane di quarantena». Le 22 squadre Nba sono già tutte a Disney World, così come i team calcistici della Mls anche loro alle prese con il riavvio del campionato (e già con partite rinviate, come Dallas-Nashville per l'eccessivo numero di calciatori contagiati).

Per i cestisti i controlli sono continui. A preoccupare ulteriormente i medici dei vari team c'è il fatto che, per chi tornerà in campo dopo il virus (vedi Westbrook con Houston) sono sconosciuti gli effetti sulla capacità polmonare e la tenuta cardiaca. Il problema è stato fatto presente, però 'the show must go on', quindi si giocherà cercando di capire se davvero, alla fine, per il titolo si sfideranno Milwaukee Bucks e Los Angeles Clippers o Lakers: i pronostici non cambiano anche in mezzo alla pandemia, e l'unica certezza è che il campionato deve finire entro la data-limite del 12 ottobre. Le 22 squadre (Bucks, Raptors, Celtics, Heat, Pacers, Sixers, Nets, Magic, Wizards, Lakers, Clippers, Nuggets, Jazz, Thunder, Rockets, Mavs, Grizzlies, Blazers, Pelicans, Kings, Spurs e Suns) giocheranno ognuna 8 partite di regular season, così verrà superato il limite dei 70 match stagionali che è la condizione per avere la garanzia del pagamento dei diritti tv.

I playoff scatteranno una volta definite le 16 squadre partecipanti, con serie sempre al meglio delle 7 partite. Le partite inizieranno a partire dalle 13 ora di New York e proseguiranno per tutta la giornata fino all'ultima che comincerà alle 21 sempre di NY. Intanto si fanno i conti, e si calcola che solo di spese vive la 'bollà in Florida costerà più di 170 milioni di dollari, in cui sono incluse le spese di soggiorno delle squadre al Disney World, in tre diversi resort, sette campi da basket in cui le squadre si alleneranno, pasti, test coronavirus quotidiani, la sicurezza, l'assistenza medica, i trasporti, vitto e intrattenimento per oltre 1.500 persone. E nel totale non sono state calcolate le perdite di ogni franchigia per via della mancata vendita dei biglietti e anche del merchandising. Se è vero, come ha scritto qualcuno, che le perdite complessive avrebbero potuto raggiungere il totale di un miliardo di dollari, allora si capisce perché lo spettacolo deve andare avanti, coronavirus o meno
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