Non poteva che finire così, nell’anno che ha strappato via Kobe Bryant all’amore della sua famiglia e degli appassionati di basket. Nel modo più bello e più doloroso. Con i Lakers che tornano lì, in vetta alla Nba, dove erano arrivati l’ultima volta dieci anni fa, trascinanti dal Mamba. Con la gioia a metà di una festa surreale, nella bolla senza pubblico di Disneyworld (altra vera vincitrice: stagione portata a dama con zero contagi, mentre nel resto degli Stati Uniti il Covid dilagava e dilaga ancora) e con il cuore stretto dalla morsa dell’assenza: dei tifosi, delle famiglie, di Kobe. Più forte di tutto e di tutti è stato... il più forte, LeBron James. Il Prescelto, l’uomo che è arrivato a Los Angeles due anni fa con l’obiettivo di riportare i gialloviola nelle sfide nobili della Nba, l’amico e rivale di Bryant, di cui, da ieri, è ufficialmente l’erede. Mvp delle Finals fu Kobe dieci anni fa, contro i Celtics. Mvp è James di questa finale contro la battagliera Miami, che consegna ai Lakers il 17° anello della propria storia, lo stesso numero di quelli sfoggiati proprio dai verdi di Boston, gli antagonisti di sempre. Per LeBron si tratta del quarto trionfo Nba, sempre da miglior giocatore della sfida decisiva: è il primo a riuscirci con tre maglie diverse. Heat prima, Cavs poi, Lakers adesso. «Questo anello è per Kobe», urla commosso. Poi il dito verso il cielo.
SPETTACOLO DELUDENTE
La notte della verità, sul parquet, ha fornito la partita più brutta di questi playoff. Gli arrembanti Heat che, vincendo gara 5, avevano dato l’impressione di avere ancora molto da dire, sono rimasti schiacciati dalla condizione precaria delle proprie stelle reduci da infortuni (Adebayo e Dragic, rientrato domenica soprattutto come fattore emotivo) e da quella rotazione a soli 7 giocatori che ha sfiancato anche l’eroico Jimmy Butler.
LEGGI ANCHE--> La favola di Jimmy Butler, la stella venuta dalla strada
E così la partita è durata solo un tempo, seppellita da un 64-36 che ha regalato due quarti di garbage time, utili solo ai ragazzi di Spoelstra a ridurre il gap fino al 106-93 finale. Nel mezzo la prestazione solida di Anthony Davis, i lampi di genio di Rajon Rondo (che riesce nell’impresa di vincere l’anello sia con i Celtics che con i Lakers, prima di lui solo Clyde Lovellette negli Anni ‘60) e soprattutto la prestazione monumentale del Prescelto: 28 punti, 14 rimbalzi, 10 assist e 28ª tripla doppia della carriera ai playoff. Solo Magic Johnson, a quota 30, ha fatto meglio.
SCONTRI IN CITTÀ: 76 ARRESTI
Una macchina da soldi da 38 milioni a stagione (senza contare gli sponsor) che però non dimentica il suo ruolo sociale. Nella bolla ha sposato la battaglia per la parità delle colleghe della Wnba ed è stato in prima linea nello sciopero antirazzista, con annessi attacchi pubblici al presidente Trump. Peccato che a Los Angeles il ritorno alla vittoria sia stato macchiato da incidenti: 76 dei circa 1000 tifosi radunatisi davanti allo Staples Center sono stati arrestati e otto poliziotti sono rimasti feriti. Tornando a LeBron: continua a vincere nell’anno delle presidenziali. Era successo nel 2012 (secondo mandato di Obama), e nel 2016 (Obama lo accolse con Cleveland alla Casa Bianca prima di passare il testimone a Trump). Poi il grande strappo, condiviso con i Warriors, in aperta polemica con il presidente repubblicano. Per LeBron, il 2020 ha ancora qualcosa da dire.