Utah Jazz, l'exploit in Nba regala la scuola ai ragazzi più poveri

Utah Jazz, l'exploit in Nba regala la scuola ai ragazzi più poveri
Utah Jazz, l'exploit in Nba regala la scuola ai ragazzi più poveri
di Gianluca Cordella
Martedì 2 Febbraio 2021, 07:30
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Mancavano pochi giorni alla fine di dicembre. E mentre in tutto il mondo impazzava il countdown per la conclusione del funesto e odiato 2020, una parte di America leggeva i titoli di coda di uno dei film più belli e incompiuti dello sport Stars & Stripes. Era quello della famiglia Miller che usciva di scena dopo aver tenuto i Jazz ai vertici della Nba, ma senza mai vincere l’anello, per 35 anni. Con lo storico patron Larry passato a miglior vita ormai nel 2009, il compito ingrato di firmare il tramonto sportivo della famiglia è toccato a sua moglie Gail. Che, per la verità, ci ha pensato bene prima di farlo. Forse perché anche lei, come sempre quando c’è paura del nuovo che avanza, osservava con scetticismo Ryan Smith, 43 anni, fondatore del colosso hi-tech Qualtrics, uomo da classifica di Forbes insomma, e supertifoso dei Jazz nonché futuro proprietario. Ma a conti fatti, se ne sarà beata la signora Gail, quella firma è stata la cosa migliore che potesse fare per il futuro della franchigia. Perché Smith, in poco più di un mese, è riuscito nell’incredibile rilancio della squadra sia a livello sportivo che mediatico. E se le basi sul parquet erano per le verità solide già da un po’ di anni, l’immagine pubblica di Salt Lake si era offuscata proprio in tempo di pandemia per la scelleratezza di uno dei suoi uomini simbolo, Rudy Gobert, di fatto primo positivo e “untore” della Nba dopo la conferenza stampa in cui toccò tutti i microfoni dei giornalisti per dimostrare che sì, insomma, il Covid non era poi così pericoloso. 

UN MESE E MEZZO
Non sono passati ancora 50 giorni dall’insediamento di Smith che i Jazz sono clamorosamente la seconda miglior squadra della lega americana. Meglio dei Lakers di LeBron James o dei miliardari Nets di Steve Nash e dei nuovi Big Three. Undici vittorie consecutive a gennaio, prima dello stop contro Denver di due giorni fa che ha permesso ai Clippers di sorpassare in classifica. Una striscia che pesa ben oltre le ragioni di griglia playoff. Perché Smith è uno di quegli imprenditori filantropi, ben radicati nella propria comunità. E così, all’inizio della stagione, ha promesso ai suoi giocatori che per ogni successo in campo avrebbe pagato un ciclo completo di studi a un ragazzo figlio di genitori indigenti. Considerando che il contatore è partito in pre-season, sono già 18 i ragazzi che potranno sognare il college grazie a Mr Qualtrics. Un’iniziativa che ha fatto da benzina nella straordinaria partenza di Utah: la povertà, in fin dei conti, è bestia purtroppo nota a molti giocatori di basket. Che nello sport trovano riscatto e spesso ricchezza e che sovente non dimenticano. «Dopo ogni vittoria il mio pensiero va a uno di questi ragazzi che grazie a noi potrà studiare», ha detto dopo un successo Donovan Mitchell, altro uomo franchigia.

Superstar partita dal basso che ora si gode un contratto quinquennale da 195 milioni di dollari.

NON SOLO LIBRI
Dal canto suo Smith si era segnalato nel sociale già in tempi non sospetti. Già nel 2017, quando dei Jazz era “solo” un partner commerciale, lanciò la campagna “5 for the fight”: l’idea era semplice, come chiedere ai tifosi una donazione di 5 dollari (5 come i giocatori in campo) per il sostegno alla lotta contro il cancro. Quella campagna è diventata un logo che ha ornato le maglie dei Jazz negli anni e una crociata benefica intrapresa da tutta la Nba che, al momento, ha permesso di devolvere alla causa qualcosa come 26 milioni di dollari. Se in tutto questo l’untore Gobert mette da parte le stupide ingenuità da bulletto e gioca, come sta facendo, da candidato miglior difensore della Nba (13,8 rimbalzi e 2,7 stoppate di media a partita), ecco che Utah può sognare davvero qualcosa di importante. Dentro e fuori dal campo.

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