Balotelli delude anche Brescia, Cellino lo licenzia con una lettera

Balotelli delude anche Brescia, Cellino lo licenzia con una lettera
​Balotelli delude anche Brescia, Cellino lo licenzia con una lettera
di Matteo Sorio
Domenica 7 Giugno 2020, 09:30
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È un cubo di Rubik. Avanti il prossimo. Chi? Boh. «Ad agosto compirà 30 anni, non 40…». Dice così, Diego Lopez, il 15esimo allenatore che ha provato a girare e rigirare Mario Balotelli senza trovare la combinazione. Qui Brescia: la storia (ri)cominciata 294 giorni fa è già finita. Il ritorno di Balo a casa – era l’agosto scorso, l’emozione di mamma Silvia, città in fregola – scolorisce nell’eterno ritorno dell’eterno dilemma: le occasioni perse. Già in trance agonistica fra novembre e febbraio (via Corini per Grosso, via Grosso per Corini, via Corini per Lopez), il Cellino che licenzia Balotelli per giusta causa apre un nuovo, forse stanco capitolo: immaginare la prossima fermata, di Balo e di quel treno dei desideri che all’incontrario va. 

FUTURO? 
Oggi: il Balotelli fuori forma, assenze agli allenamenti (gastroenterite, nella giustificazione medica), negligenze (così il Brescia) nel lavoro a casa in lockdown. Ieri: il Balotelli che rinunciava ai soldi del Flamengo per tornare all’ovile, quartiere Mompiano, stavolta è la volta buona. Ecco. Per immaginare un domani si possono ricordare i corteggiamenti di un’estate fa. Qui da noi, serie A, Parma e Verona. Molto più in là: le sirene cinesi, i già citati rossoneri del calcio carioca, le voci sul Toronto, sponda Major League Soccer, dove già emigrava felice Giovinco. Era, appunto, quasi dodici mesi orsono. Archiviava la Francia, Balotelli. E c’era ancora più di un club pronto a prendere in mano quel cubo. 

HABITAT 
Mentre Cellino spedisce la lettera di licenziamento (la prima proposta sarebbe stata la rescissione consensuale, tuttavia rifiutata) l’ultimo cenno di Balotelli ai 9 milioni di follower su Instagram, distante cinque giorni, è l’omaggio a George Floyd. Hashtag: «Say no to racism». Nell’universo di Balotelli c’è anche quella questione lì – ultima cartolina, il pallone scagliato verso alcuni tifosi del Verona, novembre scorso – conficcata in un percorso pieno di curve, dolori, gioie, aspettative sfibranti, sorrisi e fughe dal mondo. Col Brescia, ultimo e tormentato, cinque gol in 19 partite. Siamo al ribasso di un valore che ha vissuto apici (l’esordio in A a 17 anni, i tre scudetti con Mancini e Mou, il 2012 con Premier, finale europea e copertina di Time) e picchiate (le balotellate, gli ultimi cenni francesi). Fosse Italia o Inghilterra o Francia, e cioè Inter, Milan, Brescia, Man City, Liverpool, Nizza e Marsiglia, Balotelli è rimasto incastrato fra l’idea di una fiamma sprecata e quella di un talento sovrastimato. Oltreoceano? Sarebbe l’ennesima ma inedita prova su pista. «La scommessa Balotelli l’ho persa», così parlò Cellino. Il cubo di Rubik è sempre lì: finché qualcuno non si stuferà lasciandolo a impolverarsi su qualche mensola. 
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