Bayern, quando la forza del collettivo vale più dei ricchi fenomeni

Bayern, quando la forza del collettivo vale più dei ricchi fenomeni
Bayern, quando la forza del collettivo vale più dei ricchi fenomeni
di Gianfranco Teotino
Lunedì 24 Agosto 2020, 07:30 - Ultimo agg. 18:08
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Ha vinto il collettivo, hanno perso i fenomeni. Neymar&Mbappé, i super-assi cui è già stata affidata per il prossimo decennio l’eredità di Messi&CR7, possono attendere. Non che il Bayern sia privo di campioni, anzi, ne sforna in continuazione, ultimo il terzino canadese Davies, un 2000 protagonista della finale, ma è soprattutto una poderosa macchina da calcio: un insieme di grandi giocatori, sempre connessi fra loro, atleticamente incontenibili, con un portiere sensazionale e un centravanti che segna con continuità. Non è un caso che abbia vinto tutte le partite di questa Champions e stravinto la Bundesliga. Un triplete – sì, perché è arrivata anche la Coppa di Germania – che resterà nella storia.

BELLEZZA
La partita è stata molta bella, come ci si aspettava. Più aggressivo il Bayern, baricentro altissimo, incessantemente in pressing ultra-offensivo, sempre pronto ad attaccare con non meno di sette-otto giocatori. Più attendista il Psg, ma pronto a ripartire a velocità supersonica a cercare i controlli in acrobazia di Neymar e Mbappé e le progressioni di Di Maria. Maggiore iniziativa dei campioni di Germania, ma iniziale equilibrio nella capacità di creare occasioni da gol: nel primo tempo un palo di Lewandowski e una prodigiosa parata di Neuer su Neymar, lanciato da Mbappé, che però poi, sull’unico errore della difesa tedesca in uscita, si è mangiato il gol più facile confermando di non essere al meglio dopo l’infortunio. Il derby tedesco delle panchine se l’è aggiudicato l’ex carneade Flick, che non ha avuto paura: decisiva la mossa di schierare Coman al posto di Perisic in una formazione tutta a trazione anteriore. Tuchel, signor vorrei ma non posso, si è confermato una volta di più limitato nel momento decisivo.

Intensità, precisione, smarcamenti, raddoppi di marcatura, ritmi altissimi: rispetto alle partite di Serie A è sembrato quasi un altro sport. D’altronde, per arrivare a questi livelli occorrono non solo squadre organizzate, ma giocatori di alto livello e una diffusa mentalità vincente. Tutte cose che presuppongono una struttura societaria solida, dirigenti lungimiranti e casse piene. Psg e Bayern dispongono di un fatturato di 660 milioni (la Juventus è ferma a 460 milioni) e monte ingaggi di 370 (Psg) e 335 (Bayern) milioni. Ma ci vuole anche coraggio e fiducia nei giovani: la finale l’ha risolta Coman, uno che la Juventus aveva pescato a parametro zero proprio nel vivaio del Psg, per fargli giocare solo 5 partite da titolare prima di lasciarlo al Bayern (che ha subito puntato su di lui) per realizzare la solita plusvalenza. Ecco perché per ora è già tanto se di italiano in campo c’è almeno l’arbitro. Orsato se l’è cavata bene: ha tenuto in pugno la partita e non ha concesso i due rigorini, uno per parte, che da noi avrebbero aperto discussioni a non finire. 
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